PRESA MULTIPLA + OSSERVATORIO FUTURA
Mash-up – Brano 3
Brano consigliato per la lettura – al volume più alto che puoi o dentro le cuffie:
Subsonica – Il cielo su Torino
Tutto quello che racconteremo non sarà Una Giovinezza Inventata come quella di Lalla Romano che vaga per la città, gira per salotti aristocratici e vive in un collegio in collina. Parleremo dei due volti di Torino, uno rigoroso e regale e uno esoterico, mistico, folle, veicolato dalla sua controcultura, e come dice Cesare Pavese – morto suicida all’Hotel Roma, accanto Porta Nuova – a Torino c’è il Diavolo sulle Colline.
“Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante, non d’Italia ma del mondo”
G. De Chirico
Questa citazione ci riporta alle scene di Profondo Rosso di Dario Argento girate in piazza CNL e a Villa Scott. Torino è al centro del triangolo della magia bianca e della magia nera e qui ha vissuto Gustavo Rol, che amava intrattenere i suoi ospiti con incontri soprannaturali, nella sua casa in Via Silvio Pellico, 31.
La follia, vivere al di sopra dell’intelligibile impregnano la città, si racconta che Nietzsche sia impazzito in Piazza San Carlo, abbracciando e sussurrando tra i singhiozzi all’orecchio di un cavallo maltrattato. Un catalizzatore di follia, intesa come pura liberazione, è stato il Lungo Po Murazzi degli anni ‘60, culla della controcultura. In quegli anni, le commistioni tra la musica elettronica e l’arte hanno creato progettualità pazzesche, all’avanguardia; con i laser, i giochi di specchi, le pedane mobili, gli interventi di Bruno Munari, Pistoletto, Gilardi.
I torinesi hanno questa memoria condivisa di cos’erano i Murazzi, tramandata alla generazione nata dopo gli anni ’90, che non ha vissuto il boom dell’underground. Il lungo Po Murazzi viene descritto come un luogo dove succedeva di tutto: performance estreme, musica sporca, principalmente elettronica Techno – perché Torino è sempre stata la città della Techno. E poi accoltellamenti, risse, droga ed eroina, una grossissima piaga. La generazione Y\Z è cresciuta con questo mito, cercando di emulare le generazioni precedenti o ai Murazzi o in altri locali di Torino, che però pian piano sono andati sempre un po’ spegnendosi, ce ne sono stati sempre meno e sempre meno real, meno underground. Torino si è di nuovo trasformata in un dormitorio.
Torino si è spenta quando hanno chiuso i Murazzi, momento in cui la movida si è spostata, nei quartieri di Santa Giulia e San Salvario, implementato dalla gentrificazione. Si è creata una visione della vita notturna massificata, non aveva più un’impronta underground con rimandi alla musica elettronica. La gente si è trasferita nei cocktail bar, divisa per quartiere, non esiste più la tipologia di aggregazione che si poteva trovare ai Murazzi dove si potevano trovare nuove sinergie con persone molto differenti le une con le altre.
Il punto di vista che si vuole esporre è che i club hanno un’esternalità positiva sul territorio (è di pochissimi giorni fa la notizia che a Berlino i club sono ora riconosciuti come istituzioni culturali).
A partire da questo, si può pensare ad un cambiamento nel concetto stesso di underground? Considerando che è stato inglobato dalla cultura del clubbing fuoriuscendo dalla sua sfera deregolamentata, assumendo oggi una struttura ufficiale. Se pensiamo ai festival di musica elettronica, come il K-Festival o proprio il C2C, che hanno preso quei codici e sono diventati delle istituzioni enormi, con dei brand che investono in queste realtà che non provengono dall’ambito musicale.
È una nostalgia verso qualcosa che non si potrà ripetere nello stesso formato e quindi ancora una volta il margine che prova ad arrivare al centro, oppure potrà essere qualcosa di distaccato. Comunque anche molti spazi no-profit dell’arte, tutti gli spazi indipendenti in qualche modo rientrano e seguono le dinamiche degli spazi del centro, degli spazi ufficiali. E a volte volendo approcciarsi e avvicinarsi al centro perdono la loro stessa facoltà di essere marginali, ci si chiede se questa “chiamata alle armi” dell’underground che si ricostituisce non stia subendo la nostalgia ossia volersi approcciare a ciò che è stato nel passato, ma senza raggiungere lo stesso risultato. Si parla di un nuovo underground?
Collegati alla scena underground ci sono molti problemi di natura logistica, come la sicurezza e altre regole che limitano un evento legato al club, tutte le, dovute e giuste, dinamiche gestionali che limitano le possibili idee e progetti da realizzare. Per la nostra generazione c’è questa voglia di progettare in modo diverso. Ci si chiede se c’è una vera e propria intenzione di ritornare ad una purezza degli intenti e, dopo questo periodo di esplosione del digitale, quanto desiderio ci sia nel ricreare delle situazioni di associazionismo vero e proprio, luoghi di aggregazione, di confronto e sostegno reciproco.
A Torino, per quel che riguarda l’arte contemporanea c’è Artissima, una delle fiere più importanti nel panorama nazionale, una serie di eventi collaterali come The Others, Nesxt, e la scena musicale è particolarmente attiva, c’è Club to Club, Movement, Kappa Future Festival e una scena collaterale, che riesce a dare una proposta ugualmente alta.
Questi ambienti di sperimentazione, legati all’arte contemporanea e alla musica, si muovono paralleli, in direzioni molto simili, perché in realtà vicini, ma allo stesso tempo si incrociano raramente. Manca una memoria della scena underground, un archivio, che possa essere un punto per questo incontro, per focalizzare la ricerca culturale in modo più ampio, a partire dalle ricerche musicali che hanno da sempre un legame molto forte con la componente visiva.
Da qui vi poniamo una serie di domande: perché le mostre devono essere sempre silenziose?
Riguarda in primis la sacralità e la sacralizzazione della mostra in sé, quindi proprio la secolarizzazione che ha portato allo spostamento dalla chiesa alla galleria e ai musei. Perché non posso toccare le opere d’arte? Perché devono essere silenziose?
La musica elettronica e l’arte sono ancora oggi due baluardi nella nostra sottocultura.
Sono cambiati gli anni, ma non il gusto, “I ragazzi di Torino sognano Tokyo e vanno a Berlino”.
Citazioni
Una Giovinezza Inventata, 1979 Lalla Romano
Il Diavolo sulle colline, 1948, Cesare Pavese
Profondo Rosso,1974, Dario Argento
I ragazzi di Torino sognano Tokyo e vanno a Berlino, 1986, Vincenzo Badolisani