Summāq, o di modalità per curare lo sguardo

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Flavia Malusardi x Davood Madadpoor e Katharina Ehrl 

Il sumac (summāq in arabo) è una pianta diffusa nelle aree subtropicali e temperate, dai fiori rosso scuro e dal sapore acidulo. E’ utilizzata come spezia, tintura ma anche nella medicina tradizionale. In Italia non è facile trovarla, a Beirut condisce immancabilmente tutte le mie insalate. 

E’ una buona metafora per l’arte dei paesi SWANA (acronimo di South West Asia and North Africa – Asia sud occidentale e nord Africa) che, pur fiorendo nella regione, è ancora fortemente sottorappresentata nelle gallerie e negli spazi espositivi italiani e, salvo una manciata di recenti eccezioni, internazionali. 

Davood Madadpoor e Katharina Ehrl sono i fondatori e i curatori di Sumac Space, piattaforma digitale interamente dedicata all’arte contemporanea del “Medio Oriente”. Luogo dinamico di collaborazione, il nome di Sumac Space richiama il momento del convivio: si condividono buone idee, si cucinano progetti, si condisce con uno sguardo critico.  


courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio

Flavia Malusardi: Sumac è l’unica piattaforma dedicata alla presentazione di mostre e alla ricerca sul lavoro di artisti contemporanei del mondo arabo e limitrofo. Da cosa è nata questa esigenza?

Davood Madadpoor e Katharina Ehrl: Non sappiamo se siamo gli unici!  Sumac Space è una piattaforma non-profit di ricerca per artisti contemporanei del Medio Oriente. Fondata nel 2020, dopo aver considerato l’annosa mancanza di strategie, si occupa di portare in primo piano e comprendere meglio la molteplicità e la diversità delle pratiche artistiche locali all’interno di un’area geografica più ampia, soprattutto per quanto riguarda la generazione più attuale. Riteniamo importante, oggi più che mai, concentrarci su cosa significhi fare arte ed essere un artista in un contesto sociopolitico in evoluzione.

FM: I contenuti della piattaforma sono in inglese ma per me è comunque inevitabile collegare Sumac Space all’Italia. Entrambi infatti avete legame con questo Paese…

DM. Nel 2013, mi sono trasferito a Firenze dove ho ottenuto un BFA e un MA in Studi Curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti. Dal 2018 lavoro come coordinatore di progetti a Villa Romana.

Villa Romana si è imposta come un’interfaccia unica e dinamica, attiva nella produzione contemporanea e impegnata a portare avanti il dibattito e lo scambio artistico tra Germania, Italia e il bacino del Mediterraneo. Quindi in quest’arco di tempo, questo legame con l’area geografica mediterranea è cresciuto e ha preso forma.

KE. Qualche anno fa ho trascorso il mio semestre a Venezia con un focus sul patrimonio culturale (cultural heritage). Da allora, ho passato molto tempo in Italia e negli ultimi anni soprattutto a Firenze, quindi sono legata alla scena artistica della città. Attualmente mi alterno tra Germania e Italia.

FM: Sumac nasce online ma vi proponete di organizzare anche mostre fisiche, ‘in presenza’ diciamo. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le forme? Con la pandemia, abbiamo sperimentato nuove forme di fruizione dell’arte, cosa ne pensate a riguardo?

DM e KE: Nella nostra programmazione per quest’anno e per l’anno successivo, stiamo esaminando come ognuna di queste specificità (sia le mostre in formato digitale sia quelle in situ) possano contribuire all’arricchimento dell’esperienza e dell’aspetto discorsivo dell’arte e come possano integrarsi tra loro.

FM: Sumac è una piattaforma suddivisa in diverse sezioni, dove le mostre sono solo una parte del contenuto. La pagina Artists’ room simula una sorta di studio visit con l’artista, mentre Dialogues propone interviste tra critici, curatori e artisti. Quali sono i vostri obiettivi nel breve e poi nel lungo termine?

DM e KE: Al centro della nostra programmazione e del nostro approccio editoriale c’è il desiderio di accogliere e mettere in evidenza voci diverse. Crediamo nel ruolo insostituibile degli artisti nel re-immaginare e modellare i nostri tempi e miriamo a fornire uno spazio pubblico per la loro ricerca e le loro diverse forme espressive.

Aspiriamo a costruire una consapevolezza di ciò che significa praticare l’arte in una posizione geografica e storica tradizionalmente ritenuta periferica rispetto al modernismo euro-americano. È importante riflettere sull’arte contemporanea mediorientale per ciò che realmente rappresenta, osservarla dall’interno e capirne le mille sfaccettature e le sinergie, indipendentemente dal mainstream eurocentrico. La piattaforma non funziona soltanto come uno spazio interregionale, mira anche ad accrescere e potenziare la visibilità delle pratiche artistiche mediorientali a livello internazionale.

courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio
courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio
courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio
courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio

FM: Quale credi sia stato, nel tempo passato dall’apertura di Sumac, il suo impatto sul pubblico? E sul pubblico italiano nello specifico?

DM e KE: Non solo abbiamo ricevuto un feedback molto positivo per quanto riguarda Sumac come piattaforma in sé, ma soprattutto per quanto riguarda il suo contenuto, che non si limita solo a suggerire e promuovere mostre, ma offre anche molto di più attraverso le Artists’ Rooms e i Dialogues.

Non è facile entrare in certi circuiti e promuovere progetti in Italia. Tuttavia, siamo soddisfatti della nostra rete. Attualmente collaboriamo con un gruppo di studiosi italiani per una mappatura di singoli e collettivi la cui ricerca si è concentrata sull’area SWANA (South-West Asian & North Africa Region).

FM: SWANA è spesso oggetto di fraintendimenti, razzismo, ignoranza. La stessa denominazione è molto dibattuta e ha implicazioni profondamente politiche. Cosa vuol dire per voi essere un curatore di mostre legate a questo territorio e come selezionate i progetti proposti da altri curatori?

DM e KE: In generale, direi che essere un curatore non è un compito facile vista la gamma di responsabilità coinvolte. Ma se ci si concentra su questa determinata area è ancora più difficile. Quando si parla di Medio Oriente, questa complessità diventa più evidente. Si deve avere una comprensione completa di ogni singola regione, sia locale che internazionale, ed evitare una presentazione stereotipata e occidentalizzata.

In risposta alla seconda parte della tua domanda, siamo aperti a ricevere suggerimenti e occasionalmente invitiamo curatori ospiti.

FM: Quali sono le sfide maggiori poste da Sumac? Penso ad esempio alla sostenibilità del progetto, dalla curatela alla scrittura di articoli di approfondimento…

DM: I finanziamenti in primo luogo. Questo è un problema reale con conseguenze su chi lavora sì con tanta passione ma non può farlo per tanto tempo senza ricevere un compenso adeguato.

FM: Avete un nuovo progetto in arrivo per metà marzo. Sarà una mostra ma non solo… ci dai qualche anticipazione?

DM e KE: DM e KE: Sì. La buona notizia è che Sumac inaugurerà la mostra The Tellers (Mohamed Abdelkarim, Ali Eslami, Maha Maamoun, Basim Magdy, Islam Shabana) a Villa Romana il 18 marzo e condurrà anche, in questa occasione, un simposio di un giorno (Il 19 marzo dalle ore 11.00 alle ore 19.00) con accademici internazionali–Rafaella Baccolini (Università di Bologna, Campus di Forlì), Nat Muller (curatore indipendente, scrittore e accademico) e Santiago Zabala (Professore di ricerca in filosofia all’Università Pompeu Fabra di Barcellona, Spagna). Siamo felici di accogliere artisti e accademici, insieme per questo evento. Presto il programma sarà disponibile sui siti web di Villa Romana e Sumac Space.

courtesy Ela Bialkowska /OKNOstudio