LUCA RUBEGNI
Questo mese esco proprio al limite del tempo, l’ultimo giorno di Marzo, ultimo giorno del primo quarto di anno. L’arrivo della primavera ha portato come sempre notevoli cambiamenti e nuove prospettive ed il passaggio verso l’ora legale ha indubbiamente contribuito a sfasare la mia percezione della realtà: camminare per Parigi alle 8 di sera ed avere ancora la luce è un fenomeno sempre intrigante.
Resta di fatto che nell’est dell’Europa la guerra continua e sembra non voler cessare ed il dibattito pubblico e politico non trova mai una conclusione effettiva a questo problema. Di fatto le uniche azioni che si sono intraprese sono state sanzioni a livello economico, con congelamento di conti correnti dei quali noi comuni abitanti non ne conosciamo l’esistenza; e più nello specifico, concretamente, post su i social, bandiere dell’Ucraina proiettate sui monumenti e qualche piccolo corridoi umanitario. Alla fine il battessimo di coscienze c’è stato, l’anima si è salvata, lo spritz ce lo possiamo ancora bere e “sono grato di essere nato nel lato del mondo che in fondo in fondo è perfetto!” (cit.).
Inutile dire che negli ultimi giorni ci siamo quasi dimenticati anche del conflitto russo-ucraino, in quanto lo schiaffo a cinque dita di Will Smith dato a Chris Rock ha lavato via ogni altro argomento, ha puntato i riflettori e gli sguardi dell’Occidente lontano da qualsivoglia distrazione.
La critica qui si fa seria, poiché come da prassi oramai post-moderna, l’opinione pubblica, il quarto stato come lo si sarebbe definito nel XX° secolo, non si è potuto salvare dallo scindersi in due parti, ognuna delle quali giudicante l’azione svoltasi. Fra detrattori ed apologeti, tra salvatori del diritto di espressione qualora anche fisico e seminatori di maschilismo patriarcale post-egemone; fra chi afferma che uno schiaffo non abbia mai ucciso nessuno e chi invece dichiara causa anche alla maestra che vent’anni fa si era permessa di far notare alla classe che lo sproloquio volgare e blasfemo non è alquanto educato all’interno di un luogo pubblico; insomma, chiunque ha preso in mano la protesi multimediale chiamata telefono e ha dato libero sfogo ai propri pensieri, divenendo così, per brevi secondi, senatore romano investito dell’autorità di voto.
Se l’atto compiuto dal mio Man in Black preferito sia giustificabile o meno, non credo sia di nostro dominio e tantomeno giudizio. Le ragioni che si nascondono dietro le azioni di ogni individuo sono molteplici e complesse, spesso difficili da analizzare e comprendere. La follia, l’ira, la mancanza di ratio sono caratteri che risiedono intrinseci dentro l’essere umano e non sono domabili come sovente si ripete nelle televisioni.
Per prima cosa dovremmo farci gli affari nostri. È stato dato uno schiaffo, che si porga l’altra guancia. Solo così vedremo se veramente il carnefice è diabolico oppure debole, il demone si è impossessato di lui per un istante e lo ha portato lontano, verso il deserto della violenza. Qualche schiaffo l’ho ricevuto anch’io, non l’ho mai dato, l’unica forma di contatto fisico virulento è stata la lotta con mio fratello da bambini, poi nessuno di noi due si è mai permesso di alzare le mani. La violenza genera violenza, non porta risultati.
Ma non per questo abbiamo mai discriminato, giudicato, puntato il dito. “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”, diceva un tale tempo fa, chi è veramente puro nel cuore lo faccia. Odio chi entra nell’agorà ed urla al colpevole, alla condanna, come se fosse lecito indicare, farsi vedere nella massa che si agita. Siamo sempre stati buoni, leali, giusti, corretti, solidali, amichevoli, generosi?
Oppure ci siamo fatti i nostri interessi, abbiamo scavalcato persone, ferito sentimenti, siamo stati violenti, meschini, infami, avidi, sporchi, corrotti e miseri.
Mi dispiace, ma più avanza questa società e più mi sento scollegato dalla realtà, più trovo disgusto nell’ipocrisia che dilaga.
Siamo diventati dei maledetti moralisti, puritani del liberismo, socialisti del benessere. Siamo divenuti tutto ciò che un tempo odiavamo, i borghesi più borghesi.
« Les bourgeois c’est comme les cochons
Plus ça devient vieux plus ça devient…»