CENTRO DI GRAVITÀ TEMPORANEO IV

CARLO CORONA


Talvolta i progetti espositivi degli artist-run spaces nascono in luoghi peculiari della città, valorizzano strutture in disuso, oppure dismesse. È il caso di Edicola Radetzky, una piccola architettura dei primi anni del Novecento caratterizzata da uno scheletro in ferro e vetro e da un grande tetto a pagoda che si affaccia sulla Darsena di Milano. All’interno di Edicola Radetzky si trovano opere site specific di artisti invitati a collaborare che si ritrovano a riflettere anche sulla configurazione spaziale del sito, la cui programmazione degli eventi, da questo punto di vista, crea un particolare dialogo tra le opere esposte all’interno e l’ambiente circostante. Nella nutrita attività condotta fino a oggi, l’antica edicola si è di volta in volta trasformata in un micro paesaggio di una giungla, in una spiaggia, in una scultura espansa, in un punto di osservazione, in uno spazio di dialogo, in un contenitore di performance: tutte le forme che può assumere l’arte pubblica in un luogo intenso (1). Da luogo di vendita di quotidiani e riviste, l’Edicola Radetzky è stata per lungo tempo animata dalla forte carica sperimentale e di libertà, fino a divenire un luogo sullo sfondo di Milano, densamente popolato e che resiste alla mercificazione.

Ancora a Milano, nel quartiere Giambellino, in un ex negozio di vernici nel 2016 apre Il Colorificio. Presentandosi al pubblico come spazio indipendente, nasce dalla necessità di uno scambio senza limiti di teorie e pratiche artistico-sperimentali, e di partecipazione attiva alla promozione di artisti emergenti italiani e internazionali. È gestito da Michele Bertolino, Bernardo Follini, Giulia Gregnanin e Sebastiano Pala, i quali hanno programmato un’intensa attività espositiva e, soprattutto, hanno proposto un ventaglio variegato di tematiche che cercano di raccontare le istanze della contemporaneità. Penso al progetto “L’ano Solare” presentato nel 2019, un programma dedicato all’esplorazione delle costruzioni non-normative del corpo e della sessualità. L’obiettivo era di individuare strategie volte allo sviluppo di nuove agentività che insistano sulla costruzione di un’identità di un progetto il cui aspetto è rappresentare indagini «restringendo o dilatando il focus […] in quanto spazio progetto, in relazione al suo ruolo, ai suoi rischi e alla sua visione (2) ». Tuttavia la questione identitaria non verte sulla costruzione di un discorso generazionale, bensì sull’esplorazione di questioni rilevanti della società contemporanea, come ad esempio il digitale, che rispecchia un’indagine interdisciplinare sulla possibilità che possa emergere un trauma da iper-digitalizzazione (3) sia a livello individuale che collettivo. Tematiche come la costruzione di una soggettività, le immagini di trasformazione sessuale, l’espressione contemporanea e la tradizione cinematografica sono alcune delle ricerche a cui Il Colorificio dedica parte della sua attività espositiva. They are the sun è il titolo del primo capitolo de L’ano Solare, il focus ruotava intorno al linguaggio e su differenti modalità linguistiche atte alla riappropriazione del sé e alla rivendicazione della propria costruzione. Proprio in quanto alla costruzione, Il Colorificio è stato molto attento ad avere un’identità grafica peculiare, cercando un’immagine distintiva che potesse rispecchiare l’idea e l’evoluzione dello spazio: il colore, il biglietto da visita, l’insegna, diventano degli appeal riconoscibili dal pubblico.

Nel fermento della scena milanese, Fanta Space nasce nel singolare ex magazzino sotto la rete ferroviaria di Milano. Nel 2015 si propone come project space con l’obiettivo di dare voce a una generazione di artisti inizialmente italiani, conosciuti e coinvolti per varie connessioni che vivevano in città. Quest’aspetto ha dato un preciso imprinting allo spazio, che nel frattempo è diventato una galleria; infatti, nel 2018 Fanta è passato dall’essere uno spazio no profit a un profit, cioè al tradizionale concetto di galleria, ma più leggera e sperimentale, che continua a perseguire il suo obiettivo di approfondire il discorso artistico intrapreso precedentemente e di aprirlo a nuovi dialoghi, esplorando una gran varietà di visioni e media artistici. Con il suo unico volume industriale e con un alto soffitto a volta, Fanta è un luogo che produce ricerca, pubblicazioni, incontri, performance, interessandosi di pratiche che indagano e interrogano la contemporaneità e i sistemi che la regolano nella loro coerenza e nelle varie teorie etiche contemporanee.

A Milano, il progetto di Instudio è diverso rispetto dagli spazi analizzati finora la cui ricerca propone un’indagine analitica ed estetica indirizzata agli spazi di lavoro, materiali e immateriali, teorici e pratici, degli artisti in Italia. Instudio è costruito come un archivio di video, nasce dal desiderio di documentare gli ambienti, spesso sconosciuti, che circondano gli artisti al lavoro. Attraverso le immagini filmate e le parole degli stessi artisti, il progetto traduce in documenti visuali l’esperienza privata della visita agli studi, filtrata attraverso la sensibilità e il punto di vista dei loro proprietari (4). A oggi il progetto conta gli studio visit di: Alice Visentin, Johatah Manno, Giulia Cenci, Alessandro Di Pietro, Renato Leotta, Sissi, Cripta747, Alice Ronchi, Luca De Leva, Andrea Kvas, Fabrizio Prevedello, Luigi Presicce, Sara Enrico, Manuela Cerutti, Alis/Filliol ed infine Francesca Ferreri.

Continuando troviamo Yellow, uno spazio no profit di uno scenario vibrante per la pittura (5). L’attività espositiva si concentra sulla pittura contemporanea, oggetto di ricerca e sperimentazione grazie al coinvolgimento di artisti italiani e internazionali che divengono protagonisti di una riflessione approfondita. Scopro che adesso Yellow ha adottato una natura nomadica.


Note:

  1.  Cft. Lucia Tozzi, Edicola Radetzky. Il racconto di sei anni di arte pubblica sulla Darsena, in «Zero», 2 novembre 2020, https://zero.eu/it/persone/edicola-radetzky/ (ultima consultazione 27 luglio 2021)
  2. Marco Arrigoni, Il Colorificio. Il nuovo spazio a Milano, in «ATP DIARY», 2 aprile 2017, http://atpdiary.com/il-colorificio-nuovo-spazio-a-milano/ (ultima consultazione 27 luglio 2021)
  3.  «Ci chiediamo quale sia l’impatto delle tecnologie digitali sulla funzione culturale, sociale ed educativa del museo quale spazio storicamente definito da qualità organiche e materiche. Se i canali digitali diventassero la modalità principale – o persino esclusiva – di engagement con l’istituzione, andremo forse incontro ad un appiattimento della fruizione delle opere d’arte, che vengono trasformate indiscriminatamente in digital content? Quali sono le “buone pratiche” di lavoro nella sfera digitale per valorizzare questo territorio come un campo d’azione non gerarchico, non secondario e nemmeno derivato dalla dimensione fisica analogica, ma piuttosto imprescindibile e ad essa strettamente complementare?». Si veda: Flash Art, Digital PTSD. La pratica artistica e il suo impatto sul trauma digitale, trad. it. Stella Bottai, in «Flash Art», 3 maggio 2021, https://flash—art.it/article/digital-ptsd/?fbclid=IwAR0xpKgB0bqk124I5D_-vg7Fwr2kSEsUxmVzXtx7gfCZaTAhlTLUSoF6ixM (ultima consultazione 27 luglio 2021).
  4. Cfr. Instudio, Info, «Instudio», s.a., http://www.in-studio.net/info (ultima consultazione 28 luglio 2021).
  5. Yellow, About, «Yellow», s.a., https://yellowyellow.org/ (ultima consultazione 28 luglio 2021).