Artiste italiane e immagini in movimento. Identità, sguardi, sperimentazioni.

MARTA M. ACCIARO

Autrici: (a cura di) Lara Conte e Francesca Gallo

Titolo: Artiste italiane e immagini in movimento. Identità, sguardi, sperimentazioni.

Casa editrice: Mimesis

Pagine: 114

Prezzo: 11 euro



C’è la Storia, scritta dagli uomini, con i loro testi, le loro invenzioni e le loro opere.

E poi ci sono le storie con tutto il portato del non detto in centinaia di migliaia di anni.

“Artiste italiane e immagini in movimento. Identità, sguardi, sperimentazioni” ci racconta le vite e le esperienze di dieci artiste, per lo più militanti femministe, in ordine cronologico dagli anni ’60 fino ad oggi: Merz, Epremian, Fioroni, Foschi, Grisi, Maud, Marangoni, Gerosa, Bertol e Melilli.

Le loro opere, multidisciplinari, si intrecciano alla loro idea di donna, di femminilità, di ripetizione del gesto tipicamente femminile (il ricamo, il contare il tempo), di autocoscienza.

In un intreccio di interviste, punti di vista, testi critici, messe a fuoco, le autrici di questo libro (Boyer, Casero, Conte, Gallo, Lagonigro, Perna, Polato) tessono un magnifico lavoro di ricognizione esperienziale e lavorativa in un quotidiano politico e artistico di queste donne.

L’attenzione è particolarmente incentrata alla sperimentazione filmica e videoartistica. Si toccano appena le esperienze di Computer Art degli anni ’80 e ai plurilinguaggi degli anni ’00 del nuovo millennio.

Si inizia questo viaggio con Marisa Merz che dalla seconda metà degli anni ’60 “esplora lo spazio e il tempo” (p.13) in “una nuova temporalità del fare” (p.12). La Conta (16mm, b/n, 2’44’’) è un film in cui è centrale il contare come non solo misurazione del tempo, ma come “gesto primordiale” in cui “esplorare il tempo biologico dell’esistenza” (p.19). Importante per Merz è la testimonianza di se stessa nel ritrovarsi come madre, moglie e donna nello spazio domestico, tutti ruoli che esplora, fa propri e rimettere in moto nelle proprie opere.

Si continua con Pia Epremian De Silvestris, adesso psicanalista, che ha incentrato il suo lavoro artistico sul video e sulla body art. Il suo lavoro di psicanalista ha incanalato tutte le sue esperienze artistiche e le ha permesso di riflettere sul ruolo della cinepresa nel suo lavoro: “Nel fare film per me era molto importante che uscisse una specificità femminile e che i film non sembrassero fatti da una donna che imita l’uomo. Vedere il mondo attraverso la cinepresa è un modo maschile, la cinepresa è fallica, è un modo di vedere intrudendo l’altro. Ma a me piaceva quest’occhio e cercavo di far venir fuori il mio femminile” (p.29).

Giosetta Fioroni si è concentrata sulle donne e sulla riflessione femminista: “partendo dal sé, dal proprio vissuto, dalla propria infanzia […] ha condotto una continua riflessione sui problemi legati all’autenticità dell’immagine in cui le donne sono costrette a identificarsi ma faticano a riconoscersi”(p.33). Trini di lei scrive come dipinga “la donna che si riflette, ansiosa, e si rappresenta nel proprio desiderio di bellezza e fascino” (p.35)

Passando dall’esperienza filmica e poetica di Rosa Foschi, con i suoi altari e autoritratti fotografati, si arriva a Laura Grisi, l’artista che mi ha fatto commuovere di più. La sua produzione filmica è ristretta nel tempo (1968-‘72) ed è sempre affidata a un cameraman che la filma nelle sue azioni mentre agisce in prima persona nei film. Misura i venti, conta i granelli di sabbia “in un’azione che l’artista definisce infinita oltre il tempo” (p.57). le sue opere sono un assemblaggio tra film d’artista, performance e earthwork, in cui esegue gesti minimi e ripetuti continuamente.

Infine Maud Ceriotti Giaccari e le sue registrazioni, Marangoni e le sue farfalle di cera, Ida Gerosa e Daniel Bertol nella Computer Art italiana e i differenti approcci (pittorici e geometrici) come iniziatrici di un nuovo modo di intendere l’esperienza artistica. Martina Melilli, artista e regista multidisciplinare, con lavori dai titoli sorprendenti.

Queste donne vengono quasi sempre raccontate nella loro esperienza con l’accostamento al proprio compagno o ad artisti uomini con cui hanno condiviso il proprio cammino. Interessante è che la presenza maschile nella narrazione non turbi o risulti fuorviante nelle pratiche di queste donne artiste, che si approcciano al lavoro dei compagni e degli artisti uomini come spunto per non raccontare quel tipo di Storia.

Consiglio vivamente la lettura di questo libro, per fare il punto sulla pratica artistica femminile e femminista che continua a svolgersi e che sta dando la possibilità a centinaia di donne di raccontarsi in modi totalmente altri e in possibilità nuove nei medium e nelle qualità rispetto all’Arte corrente.