La rubrica nasce con il fine di fare il punto della situazione sulle accademie italiane, raccontando le esperienze di giovani artisti che hanno avuto l’occasione di partecipare al progetto Erasmus. Inutile specificarlo, ogni commento è frutto della personale esperienza della persona interessata e non implica assolutamente un giudizio di valore.
GIONATA GIRARDI X FRANCESCA DISCONZI
Inauguriamo con Gionata Girardi, giovane artista italiano che iscritto all’Accademia Albertina di Torino ha avuto modo di vivere un anno all’estero frequentando la Minerva Academy di Groningen, nei Paesi Bassi.
Francesca Disconzi: Se penso al tuo lavoro, mi viene subito in mente “A Sound on the Water”. Puoi raccontarmi in cosa consiste?
Gionata Girardi: A Sound on the Water è un lavoro che nasce nel 2017, come esperimento all’Accademia Albertina di Torino, basato sulla cimatica; sostanzialmente mostra come le onde sonore influenzino alcuni materiali (sabbia, acqua, ecc) creando schemi, geometrie quasi perfette. Ho quindi fatto un primo lavoro costituito da 6 fotoincisioni con 6 differenti geometrie alle quali corrispondevano 6 differenti frequenze. Il processo consisteva nel piazzare su uno speaker piccole quantità d’acqua (il liquido contenuto in un tappo di bottiglia). La cassa vibrando muoveva il liquido e creava schemi visibili grazie al riflesso del flash anulare della macchina fotografica.
Ho continuato a sperimentare il processo che si è tradotto nel 2019 in una piccola mostra composta da stampe, serigrafie, foto e da un’installazione che mostrava dal vivo il processo. Mostrare il fenomeno mi ha fatto capire che c’è un reale coinvolgimento del pubblico, così l’installazione è diventata una parte fondamentale del lavoro finale.
F.D.: Nel 2020 sei passato alla serie “Freq_insta.live” che, a mio avviso, è un’evoluzione di “Sound on the Water”. Sbaglio?
G.G.: Sound of Water è un’esperienza che ritengo conclusa, tuttavia è rimasto vivo in me l’interesse per la cimatica. La mia intenzione, come accennavo prima, è lavorare in un’ottica installativa piuttosto che di creazione di immagini.
Il lavoro “Freq_insta.live” nasce dalla collaborazione con Domantas Grigiantis (conosciuto alla Minerva Academy di Groningen) che si occupa di installazioni audio-visive e videoart e che ha curato i suoni del progetto. Il lavoro consiste in 4 parallelepipedi d’acqua che sono a loro volta influenzati da 4 composizioni di frequenze. Domantas è partito guardando quello che succedeva nell’acqua per comporre le frequenze e non da un suono prestabilito. Volevamo creare una composizione dinamica ma minimale: l’ordine formale è un’ossessione per entrambi, perciò credo sia un lavoro fortemente estetico. L’abbiamo esposto in Accademia prima dell’emergenza Covid.
F.D.: …E pensi che questo lavoro possa avere un’ulteriore evoluzione?
G.G.: La collaborazione con Domantas Grigantis non sono sicuro possa proseguire, dal momento che a breve tornerò in Italia. Sicuramente mi ha messo nell’ottica di immaginare collaborazioni future, soprattutto con sound designer (ho già in mente alcune cose…) In ogni caso, a causa del Covid ci sono stati dei rallentamenti e dei cambi di programma: per esempio, avevo in mente un’installazione site specific da presentare in Accademia utilizzando dei box molto grossi riempiti d’acqua.
F.D.: Quanto conta nei tuoi lavori l’ibridazione con la musica elettronica? Come sei arrivato a questa sintesi?
G.G.: La musica elettronica influenza indubbiamente i miei lavori, anche indirettamente, non solo con le frequenze che seleziono, ma con la sua estetica. La musica è una parte molto importante della mia vita. In futuro vorrei creare un legame sempre più forte tra la musica e la mia pratica artistica. Mi piacerebbe approfondire il discorso anche in una logica performativa, coreografica o legata clubbing. Come ti dicevo, i lavori precedenti sono basati più sulle frequenze e un’evoluzione potrebbe essere quella di soffermarsi su delle vere e proprie tracce di musica elettronica. Ho sperimentato il tal senso collaborando con River Side (un collettivo di musica elettronica di Torino), dando vita, sempre sfruttando il fenomeno della cimatica, ad una loro traccia deep – teckhouse.
F.D.: In ogni caso, è la serialità la costante del tuo lavoro.
G.G.: Sì, è sempre stato così. Quando sono in un laboratorio di stampa, la cosa che mi affascina di più non è guardare l’immagine finale, per me il lavoro assume un significato più profondo quando ho tutte le copie insieme. Più che l’oggetto finale, insomma, mi affascina la tecnica in sé, ciò che rappresenta quel processo. Oltretutto, vengo da una formazione in grafica d’arte, quindi è naturale che il tema della riproducibilità sia centrale nel mio lavoro. Al momento, ad esempio, sto lavorando su grandi composizioni formate da una singola immagine, una singola forma ripetuta più volte, con la quale gioco. Ho sempre avuto questa sorta di ossessione, di attenzione formale e ricerca di coerenza geometrica.
F.D.: Parliamo invece della tua esperienza all’estero. Hai studiato per un anno alla Minerva Academy a Groningen. A me sembra di vedere una grandissima evoluzione nel tuo lavoro.
G.G.: L’esperienza a Groningen è stata un’epifania, sono davvero contento di averla fatta perché mi ha aperto gli occhi sia sui miei reali interessi e sul mio lavoro, sia sulle possibilità che offre il mondo dell’arte. A Torino sembra non ci sia posto, che essere un artista sia quasi un’utopia. Qua in Olanda ho notato che è considerato un lavoro come un altro, senza presunzione.
Ho realizzato tante delle cose che avevo da anni appuntate sul “quaderno delle idee”. Ho potuto farlo principalmente perché ho avuto carta bianca ed estrema libertà: ho avuto modo di sperimentare, approfondire i miei interessi. In Accademia a Torino non avevo lo spazio fisico, avevo meno tempo e anche meno motivazione. Spesso capita di non essere incoraggiati andare fuori dalle righe, di fare quel “salto nel buio”. Forse il problema è che non siamo poi così aperti e soprattutto ancora troppo legati al concetto “esame-voto” che ti mangia un sacco di tempo e ti toglie energia espressiva.
F.D.: Una domanda banale: quali sono le principali differenze tra l’Accademia Albertina e la Minerva Academy?
G.G.: (Sospira) ….Da dove iniziare? Per prima cosa lì i professori sono tutti artisti ancora attivi nel mondo dell’arte. In secondo luogo, non ci sono indirizzi di studio: succede che entri in Accademia, hai dei corsi obbligatori per sperimentare diverse tecniche e poi sei libero di fare ciò che vuoi. Ad esempio: vuoi fare performance? ok, fai solo quello. Non devi per forza dare altri esami che non hanno a che fare con la tua indagine personale. Hai a disposizione workshop, corsi specifici, ma la responsabilità del tuo fare artistico è tutta sulle tue spalle. Così hai anche la possibilità di ibridare le tecniche, ma ciò che rimane fondamentale è sempre il focus sulla tua ricerca, sul tuo linguaggio.
Per quanto riguarda i crediti universitari, anche qua ne hai 60 come in Italia. La differenza sta nel fatto che mentre da noi hai una serie di esami obbligatori e hai un certo piano di studi, alla Minerva Academy hai solo un paio di esami a semestre. L’esame più importante si chiama “studio class room”, ti dà 16 crediti ed è basato sulla tua pratica artistica. Consiste nel mostrare i tuoi lavori con una sorta di mostra personale. Gli altri esami sono denominati “off-course” (io ne ho fatto uno sulla performance, ad esempio). Ci sono poi dei mini corsi, detti “professional practice”, che servono a farti toccare con mano cosa avviene nel mondo dell’arte, ad aiutarti a sviluppare nel concreto il tuo lavoro, il tuo “business”, ad esempio organizzando una tua mostra personale dal nulla facendo un piano spese, creando contatti… Nel secondo semestre la prova consiste nell’organizzazione di una tua mostra pubblica nella città, vieni valutato in base a tutti gli aspetti collegati: la scelta della location, allocazione del budget, comunicazione, promozione… Nella mia esperienza d’Accademia in Italia, ho trovato che fosse molto più difficile ragionare in un’ottica di evento espositivo e ciò ti demoralizza: a volte non credi nemmeno che esporrai, che forse non te lo meriti. Durante la mia esperienza a Torino spesso mi è sembrato di fare le cose unicamente per compiacere il professore. Qua a Groningen ho imparato a fare pubbliche relazioni principalmente perché ho più fiducia nel mio lavoro e lo so raccontare. È fondamentale parlare sempre del tuo lavoro, spiegarlo, approfondirlo, rispondere a domande. Alla fine, è proprio il mondo dell’arte che te lo richiede. Insomma si ha uno scambio continuo di idee, sia con gli altri studenti che con i professori. Fai conto che io sono arrivato in Accademia dopo aver frequentato il liceo classico, dovevo capire un sacco di cose, che però ho iniziato a capire solo ora, a posteriori. Alla Minerva Academy, per una serie di ragioni, capisci subito se fare l’artista fa per te o no: se non hai nulla da comunicare non vai avanti, non puoi “salvarti” unicamente studiando o prendendo bei voti.
F.D.: … E cosa possiamo “insegnare”? Un plus lo avremo anche noi, dai…
G.G: A livello teorico siamo impareggiabili.
Credo che il livello d’insegnamento in Italia sia ottimo fin dal liceo e questo è fondamentale, perché ti serve da ispirazione nella pratica artistica. Secondo me sei avvantaggiato se dall’Italia ti sposti all’estero: in fin dei conti, la pratica la impari più velocemente, ma le conoscenze teoriche vanno consolidate negli anni.
F.D.: Cosa porterai a Torino e cosa lascerai a Groningen? Insomma, come pensi possa ulteriormente evolvere il tuo lavoro?
Sicuramente continuerò a lavorare con gli stessi ritmi di Groningern, ormai sono entrato nel giusto flow! Se poi potessi dare il mio contributo per un cambiamento positivo alla Accademia di Torino, lo farei volentieri.
Gionata Girardi è un artista italiano nato nel 1994 a Chieri (TO). Ora vive e lavora a Torino dove si è laureato con lode all’Accademia Albertina in grafica d’arte. Il suo focus è soprattutto legato alla stampa d’arte ma con la costante sperimentazione di nuove tecniche e linguaggi sempre attente al contemporaneo, spaziando dall’incisione classica, alla fotografia fino all’installazione audio-visiva. La sua ricerca artistica è caratterizzata da un’evidente attenzione alla serialità esplorando le differenti declinazioni del tema della ripetizione e dalla riproducibilità tecnica dell’opera. La sua prima esposizione pubblica risale al 2017 e da allora i suoi lavori sono approdati in vari e differenti contesti espositivi anche internazionali.
Portoflio dell’artista: www.gionatagirardi.com