MIRIAM MONTANI X VIRGINIA VALLE
Miriam Montani nasce nel 1986 a Cascia (PG), città in cui dal 2008 collabora all’esposizione annuale LuciSorgenti insieme a Franco Troiani. Dopo la prima laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, nel 2016, a cui ne seguirà un’altra in Arti Visive, fonda il progetto collettivo SciameProject, tuttora attivo e in continua evoluzione. Parallelamente al suo impegno per la promozione dell’arte contemporanea, porta avanti la sua ricerca che, come lei stessa afferma “nasce da un’esigenza di alleggerimento e di smaterializzazione di immagini e forme, da una lettura delle cose attraverso la loro assenza, la trasparenza e l’invisibile.”
Virginia Valle: Molti tuoi lavori sono caratterizzati dall’utilizzo di materiali volatili come polvere, pigmento e cenere veicolati da supporti che manifestano altrettanta leggerezza e fugacità. Da dove deriva l’esigenza di ricorrere a questo linguaggio artistico?
Miriam Montani: Mi interessa l’essenza volatile di questi materiali polverosi e non, in loro è insita la trasformazione continua, l’instabilità, l’impermanenza appunto.
V.V.: Tra i tuoi lavori più recenti troviamo la serie Corpo lieve del 2019 realizzata per ProgettoBorca, Dolomiti Contemporanee; iniziativa con cui collabori periodicamente dal 2017. In queste opere le ceneri degli alberi sradicati a causa della Tempesta Vaia nella zona a cavallo tra Triveneto e Lombardia, sono state utilizzate con la tecnica dello spolvero su grandi fogli di carta cotone per ritracciare le forme di questi corpi vegetali, ora purtroppo assenti. Quanto è importante per te relazionarti con il paesaggio?
M.M.: Ho iniziato a frequentare la residenza di ProgettoBorca (Dolomiti Contemporanee) nel 2015, con il ripristino di una macchina da scrivere Olivetti e l’inizio del “Diario Immaginario”, ma tutti si ricordano del 2017, probabilmente perché è l’anno in cui ho realizzato l’installazione ambientale nel grande dormitorio.
Ma veniamo a noi, per Corpo Lieve, ho recuperato le ceneri di Tempesta Vaia presso la Centrale a Biomasse Sicet di Ospitale di Cadore. L’intento era quello di smaterializzare questi corpi vegetali sradicati, rappresentandoli con la loro stessa materia, quella più sottile.
Spesso lavoro con materiali specifici di un territorio (paesaggio e habitat) e determinate realtà che lo caratterizzano. Probabilmente per una sorta di restituzione spontanea di un luogo che mi trovo a vivere per breve o lungo periodo.
Curiosità: approfitto per raccontarti ciò che generalmente non racconto mai. Spesso i materiali che recupero subiscono dei grandi spostamenti e spesso con i mezzi pubblici (dovrò fare un lavoro anche su questo!?). Le ceneri di Vaia le ho recuperate a Ospitale di Cadore. Da Ospitale le ho portate a Borca; da Borca le ho portate a Venezia; da Venezia all’Umbria; dall’Umbria a Milano; da Milano ne ho portate un po’ a Borca e in un secondo momento di nuovo in Umbria. Ora si trovano un po’ a Milano e un po’ in Umbria. Tutto è in movimento.
V.V.: Sempre al 2019 risale la serie Radicamenti in cui radici e tuberi, estratti da luoghi che hai visitato o in cui hai vissuto, vengono ridisegnati attraverso una traccia di polvere su tappeti di petali di rosa, ponendo così in primo piano ciò che normalmente resta celato della pianta e attivando, allo stesso tempo, anche una riflessione sul nostro continuo radicamento e sradicamento dai luoghi che abitiamo e in cui ci muoviamo. Come si collocano questi lavori all’interno della tua ricerca artistica?
M.M.: Ecco, in tutto quello che hai utilizzato per descrivere Radicamenti si colloca un aspetto della mia ricerca artistica. L’aspetto che indaga la dimensione dell’invisibile; del sotterraneo (buio, oscurità, nutrimento); del volatile, e di nuovo l’impermanente. Ma anche un’idea di Traccia, un’impronta che emerge “A fior di Pelle” come direbbe Jean-Luc Nancy e che rivela l’immagine.
Riflettevo proprio qualche giorno fa su questo lavoro. Si inserisce in un’idea di natura che, come vuole la sua etimologia greco-latina, è nascente (ciò che sta per nascere) e quindi sfuggevole all’occhio, inafferrabile e non contenibile. Qualcosa che non è ancora qui e che non si manifesterà “mai” perché sempre alla soglia del suo generarsi. Con questa visione l’idea di sradicamento-spostamento, riguardo alle radici prese in diversi luoghi, acquisisce un altro aspetto, più profondo e meno antropocentrico.
V.V.: Hai di recente partecipato a una residenza in Viafarini da cui sono nati i lavori Inversioni di Volo I e Habitat I. Ci puoi raccontare qualcosa di questa esperienza e del lavoro che hai portato avanti?
M.M.: Sono stata diversi mesi in residenza a Viafarini. I primi lavori eseguiti sono stati proprio “Radicamenti” e “Corpo Lieve” (realizzato tra Milano e Borca di Cadore), ma dopo diverso tempo che soggiornavo a Milano, ho iniziato a sentire il bisogno di “affrontare” la città. Così il tre gennaio 2020, ho iniziato a lavorare a “Inversioni di Volo I”. Sono uscita dallo studio e munita di spatola e mascherina (quando ancora non veniva utilizzata abitualmente), ho iniziato a raccogliere le Polveri Sottili, raschiando le superfici della città, la sua pelle. Successivamente ho iniziato anche a raccogliere degli elementi dalle strade, parchi ecc…
Il tentativo di “Inversioni di Volo I” è stato quello di invertire simbolicamente il “peso della città”, ciò che è una giacenza è diventato volatile, e il volatile è diventato una giacenza.
Habitat I e II, invece, sono stati realizzati in “smart working” giacché mi trovavo in casa con pochi materiali con cui lavorare: un barattolo con polveri sottili, fogli di carta cotone, una macchina fotografica e poche altre cose.
V.V.: Dal 2008 hai lavorato come artista e curatrice all’esposizione annuale d’arte contemporanea LuciSorgenti ideata da Franco Troiani presso i musei civici di Cascia, la tua città natale. Com’è nata questa collaborazione?
M.M.: Nell’ormai lontano 2007, al mio ritorno in Umbria dal primo periodo in cui ho vissuto a Venezia, l’artista Franco Troiani mi è venuto a trovare nello studio di allora. Da lì mi ha invitato a partecipare a una mostra collettiva e poco dopo mi ha proposto di collaborare al progetto espositivo che abbiamo nominato LuciSorgenti. Ero giovane e Franco mi ha lasciato tantissimo spazio nel progetto, che per molto tempo è stato la mia casa.
V.V.: Che cos’è SciameProject? Puoi parlarci di come è nato e di come si sta evolvendo?
M.M.: Il progetto nasce proprio dall’esposizione annuale d’arte contemporanea LuciSorgenti, la cui X edizione è stata interrotta a causa del terremoto che ha colpito il centro Italia.
SciameProject, fondato da me nel 2016, è una pagina web, una raccolta di pensiero e opere di oltre centoquaranta partecipanti tra artisti, curatori, scrittori, operatori culturali e voci sul territorio.
Impermanenza, Memoria, Abitare, Disabitare, Radicamento, Sradicamento e Motus sono le tematiche affrontate, scandagliate dal terremoto come causa ed effetto.
SciameProject si pone come contributo immateriale per far rigermogliare la materia ceduta, in un momento in cui ci troviamo nel punto di scegliere se disabitare la terra o radicarci ancora con tutte le forze sensibili.
Nel 2019 Sciame “sbarca” a Milano con una presentazione in Viafarini (Fabbrica del Vapore) e poco dopo al Museo Macro di Roma. A seguito di questi eventi, con gli artisti Athanasios Alèxo e Vincenzo Zancana, abbiamo dato inizio alla residenza web “Sciame Mobile Residence” che si veicola tramite Instagram. È terminata proprio il 26 settembre la prima esposizione della residenza sul territorio di origine di Sciame.
V.V.: Attualmente stai lavorando a qualche nuovo progetto? Ci puoi anticipare qualcosa?
M.M.: Il lavoro si genera spesso nel suo farsi, non voglio commettere di nuovo il divertente errore di ritrovare delle cose scritte, su interviste o simili, su lavori completamente trasformati a seguito del processo di realizzazione.
Sicuramente porterò avanti il lavoro con le Polveri Sottili e altri materiali legati a Milano, compresa una seconda parte di Inversioni di Volo I (fermo per via della quarantena e la mia partenza per l’Umbria). Porterò avanti anche un lavoro con le madreperle fermo da un po’.
Inoltre è in cantiere un progetto lento sulle acque dei Monti Sibillini, a cui tengo molto, realizzato in collaborazione con lo scalatore Fabio Carloni.
Vorrei tornare a lavorare anche la terra cruda e la terracotta, ma vi avviso, potrebbero non essere lavori di leggerezza. Saranno comunque legati ad un’idea di sotterraneo e a una dimensione mutante.