RITORNO AL PRIMORDIO

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EMANUELE RESCE X LIDIA FLAMIA

Emanuele Resce, classe 1987. Dopo aver conseguito il diploma al Liceo Artistico di Benevento nel 2006, si trasferisce in Germania, prima a Monaco poi a Saarbruken. Dal 2019 è co-fondatore dello spazio OMUAMUA a Milano, dove attualmente vive e lavora. 

veduta installazione Time Indicators 2019 Aliano (MT) - Emanuele Resce - courtesy of the artist
veduta installazione Time Indicators 2019 Aliano (MT) – courtesy of the artist

Lidia Flamia: Attualmente vivi a Milano. Dal 2019 sei Co-fondatore di OMUAMUA – un workspace condiviso – luogo di ricerca, confronto e dialogo tra artisti diversi. 1I/’Oumuamua è  anche il primo asteroide interstellare conosciuto la cui denominazione significa “messaggero da  un lontano passato”… In qualità di artista quale messaggio intendi comunicare attraverso le tue opere?  

Emanuele Resce: Prima di Oumuamua, l’esistenza di asteroidi interstellari era solo un’ipotesi. A tre anni dalla sua scoperta rimane tutt’ora oggetto di stupore e grande attenzione da parte di diversi centri di ricerca e università nel mondo, nonché delle più disparate teorie. Secondo Il professore  dell’Università di Harvard Avi Loeb, potrebbe addirittura trattarsi di un artefatto alieno. In uno spazio di 270 mq destinato totalmente al lavoro di più di 10 artisti, l’aspetto comunitario di ricerca artistica e archiviazione di informazioni tende necessariamente a rafforzarsi e può diventare per certi aspetti un generatore di prospettive per l’arte contemporanea nonché un catalizzatore nella pratica individuale di ciascuno. È bella l’idea che questo studio-labirinto, come un asteroide che arriva dalle profondità del cosmo fluttuando senza orbita e senza direzione, possa assumere, in termini attuali, la funzione che avevano alcuni dei luoghi sacri di antiche civiltà. Mi viene da pensare ad esempio al labirinto della cosiddetta ‘Piramide del Diavolo’ di Oxkintok, in Messico,  dove gli iniziati Maya, incontrando e controllando in questi percorsi il loro “diavolo” interiore, sarebbero stati pronti per la piena integrazione spirituale che li avrebbe condotti a viaggi inter dimensionali ed extraterrestri. Trasformando un’ipotesi in realtà, Oumuamua ne ha aperte molte altre; le stesse che i mezzi e i linguaggi della sperimentazione propongono indagando quella parte della realtà che senza l’arte sarebbe insondabile, come un occhio che guarda oltre la materia e può profetizzare delle domande per il futuro, o rivelare risposte del passato che non abbiamo ancora colto. Non so se l’asteroide e il workspace viaggino in dimensioni diverse o se hanno la stessa provenienza. Non sappiamo cosa Omuamua come spazio diventerà, come non conosciamo la provenienza né la direzione dell’asteroide. Oumuamua è un messaggero da un tempo e uno spazio molto lontani, ma siamo totalmente inconsapevoli dei contenuti di questo messaggio. Per rispondere alla tua domanda, io come artista mi sento un po’ allo stesso modo. 

L.F.: In Geometria della terra sacra (2016) – un cono nero opaco emerge dal suolo come un’apparizione, emanando un’energia geometricamente oscura, tale da rendere la lama una proiezione di realtà. La polvere di ferro circostante sembra evocare la forza invisibile della terra, la cui origine è sconosciuta. L’opera rompe la visione materiale dell’oggetto e consente di  riflettere sull’impermanenza e sulla realtà invisibile che determina il mondo fenomenico e di cui non siamo a conoscenza. Si tratta forse dell’opera più rappresentativa della tua ricerca… 

E.R.: Non saprei dirti quale dei miei lavori sia più o meno rappresentativo nella mia ricerca, ma di certo Geometria della terra sacra ha aperto una porta per attraversare la barriera del sistema percettivo che avevo prima di realizzarla. Tutto quello che vediamo, sentiamo e tocchiamo è determinato da qualcosa di impercettibile che forse attraverso il ritmo della scultura è possibile intuire. Perseguendo in una continua indagine materica e di pensiero, a volte è come se si attivassero delle antenne che collegano l’intuizione alla nostra immaginazione. Deve essere successo qualcosa di simile in quest’opera e, come in altri miei lavori, anche in questo caso non ho ancora raggiunto la piena consapevolezza del suo significato. Nell’opera, l’aspetto nascosto che determina la realtà manifesta è rappresentato da un cono nero. Solo recentemente, ho scoperto nelle ricerche di Michael Tellinger che questa figura geometrica può avere la funzione di laser del  suono e, oltre che nella biologia umana, viene anche usata nel settore militare. Secondo il ricercatore sudafricano i coni sono stati utilizzati nel passato in tutto il mondo. Si racconta che lo scultore statunitense Ed Leedskalnin abbia fatto levitare delle pietre nel suo giardino con i coni. Nei bassorilievi assiri sono rappresentati esseri-uccelli che tengono in mano dei coni. In Egitto sono stati trovati dei coni vicino a strumenti a forma di magnetron. Sui coni realizzati dagli antichi sumeri, invece, ci sono delle scritte le cui traduzione indica che sono stati utilizzati durante la  costruzione dei templi. I coni sono anche il mezzo con cui le libellule volano, lungo le ali ci sono migliaia di piccoli coni che creano un campo torsionale. Le nostre iridi sono dei coni. L’antenna più potente del mondo creata da Henrik Holter nel 2017 è formata da una serie di coni su una piastra metallica. 

''Geometria della terra sacra'' 2016 pala, polvere di ferro e acrilico su argilla sintetica - Emanuele Resce - courtesy of the artist
”Geometria della terra sacra” 2016 pala, polvere di ferro e acrilico su argilla sintetica – courtesy of the artist

L.F.: Si dice che le idee germinano nella società per essere poi espresse successivamente da pensatori ed artisti, ma quali modalità può attuare un artista per esprimersi nel momento storico in cui stiamo vivendo?  

E.R.: Credo che nell’epoca in cui viviamo, pensare all’arte nei termini di ciò che è stato finora non può che dare risultati sterili, da salotto. Come artisti, e non solo, dobbiamo riuscire a sfondare le barriere e i contesti nei quali siamo abituati a pensare all’arte. Si tratta di trasferire le energie  primigenie, telluriche e psichiche intrinseche alla creazione dal nostro studio al mondo fuori, sostituendo i materiali e gli strumenti per la produzione di opere con qualcosa d’altro. Non parlo di un’arte pubblicamente impegnata, bensì di un sistema socioeconomico stravolto dalle forze sovversive proventi dalle leggi metafisiche e corporali dell’arte. A volte una mostra può lasciarti addosso una carica di energia che continua a vibrare nel tempo pur provenendo da un’opera di dimensioni ridotte, ma, se non siamo in grado di trasportare quell’esperienza al di fuori, non  potremo realmente sfruttare quella carica trasformativa. 

L.F.: A Marzo 2020 hai partecipato a Sciame Mobile Project, una residenza web veicolata sul  canale Instagram @sciame_project. Raccontaci la tua opera digitale.  

E.R.: In questa occasione ho creato un monolite virtuale, attualmente visibile sulla pagina @sciame_project. I post erano semplici screenshot dell’archivio degli ultimi sei mesi di stories (in tutto 138) pubblicate sul mio profilo Instagram personale, accompagnati da alcuni dei video derivati dagli algoritmi di intelligenza artificiale applicati da Instagram sul mio profilo. Al centro di questa piattaforma compaiono quattro caratteri di una scrittura pre-sanscrita, la stessa situata alla base della “Piramide con l’occhio”, un misterioso artefatto ritrovato in Ecuador nel 1984 risalente al 4.000 a.C. circa, la cui traduzione, secondo Kurt Schildman, presidente dell’Associazione Linguistica Tedesca, è “IL SOLE DEL CREATORE GIUNGE”. Le didascalie dei post erano composte da alcuni estratti dei romanzi di due noti autori del ‘Realismo magico’ Donald Wandrei e Jaques Bergier, che sembrano accompagnare in modo parallelo il tipo di grammatica che si genera dalla combinazioni di questi linguaggi. Questa residenza mi ha dato la possibilità di lavorare su questo social network caratterizzato da un forte ruolo dell’immagine, che, soprattutto attraverso le Instagram stories, si riprende il primato nella vita culturale degli individui, così come da una  giovanissima, quasi embrionale, intelligenza artificiale che entra nel quotidiano delle persone. Ne è risultata una piattaforma monolitica che sembra interrogarci sulla possibilità che queste popolarissime e diffusissime entità virtuali celino qualcosa di estremamente sconosciuto. 

residenza IG sciameproject ph - Emanuele Resce - courtesy of the artists
residenza IG sciameproject ph – courtesy of the artists

L.F.: L’uso dell’Intelligenza Artificiale associata al monolito ha richiamato alla mente 2001: Odissea nello spazio – il celebre film diretto da Stanley Kubrick, nel quale si racconta il passaggio dallo stato animale a quello umano. A determinare ciò che gli antropologi definiscono “ominazione” è un’apparizione misteriosa: Il monolito. Simbolo dell’intelligenza tout-court, con la sua superficie levigata, riflettente e la geometria delle sue proporzioni (1x4x9, ovvero i quadrati dei primi tre numeri 1,2,3) rappresenta l’ingresso della ragione nel mondo – è uno specchio che permette all’uomo di vedere se stesso, la propria immagine, e quindi di auto affermarsi narcisisticamente. Allo stesso tempo presenta una forma sepolcrale, lapidaria. È il monolito stesso a suggerirci, in chiave ciclica, il tema arcaico e universale della morte-rinascita…  

E.R.: Kubrick svela attraverso il Cinema uno dei tanti misteri della materia, il monolite appare solido ma è un abisso, una porta nello spazio vuoto a cui non saremo mai in grado di dare risposta. 

L.F.: Nella tua ricerca artistica ricorrono intensi rimandi Nietzschiani – l’opera Zarathustra desorder (2019) ne è un esempio.  

E.R.: Zarathustra desorder è un’opera site-specific concepita nel 2019 per una delle sale di Palazzo Angelini (Buonalbergo, Benevento) come continuazione percettiva e materiale della discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, a pochi chilometri dalla sede espositiva. L’opera esprimeva il caos  abissale causato dalla “Morte di Dio” (espressione derivata dal libro di Nietzsche “Così parlò  Zaratustra”). La scultura era realizzata in pelle di vitello e anche i disegni in digitale si basavano sulle immagini reali di questo animale che, secondo la mitologia, avrebbe segnato l’origine del  Sannio (la regione storico-geografica del meridione in cui è situata la discarica) e che era anche considerato sacro dallo stesso Zarathustra. A un mese esatto dalla fine della mostra, il 3 giugno 2019 questa discarica è stata messa sotto sequestro su richiesta della Procura della Repubblica di  Benevento. Non so esattamente quanto possa trattarsi di una semplice coincidenza, credo però che possa risultare un esempio abbastanza pratico di come, attraverso l’arte, un inconscio emancipato che affronta l’abisso della scomparsa di riferimenti ‘religiosi’ (quello espresso dal pensiero del filosofo tedesco) possa avere un impatto reale e una carica sovvertitrice nella società.

Zarathustra Desorder 2019 acciaio, led, plastica, pelle di vitello - Emanuele Resce - courtesy of the artist
Zarathustra Desorder 2019 acciaio, led, plastica, pelle di vitello – courtesy of the artist

L.F.: Le energie primitive attraversano la dimensione spazio-tempo irrompendo nel contemporaneo nell’opera Untitled Time Indicators (2019) – in cui il ruolo dei rifiuti industriali, che avvolgono i megaliti, è sovvertito, elevato a oggetto di culto. Raccontaci l’evento che ha unito Land Art e musica Techno nell’entroterra campano, la tua terra di origine.  

E.R.: Si trattava di un cratere di 100 mq di area realizzato con uno scavatore nei campi dell’Irpinia nel periodo successivo alla mietitura, periodo in cui ampie distese di terreno sono permeate dalla cosiddetta “restoccia” (la parte della pianta che rimane sul terreno). All’interno del cratere era stata creata una sorta di boiler room con musica Techno a volume altissimo. Lo spazio, attivato dal movimento delle decine di persone invitate a prendere parte all’evento, diventava un altare senza tempo, un luogo in cui le forme archetipiche trascritte in materiali contemporanei creavano un  cortocircuito tra futuro e passato, dando la percezione di allontanarsi da uno spazio temporale noto. In realtà è stato un piccolo esperimento, più che riuscito, per un progetto che abbiamo intenzione di espandere (pandemie permettendo). 

L.F.: Stai lavorando ad un progetto futuro? Vuoi svelarci di cosa si tratta? 

E.R.: Attraverso la ricerca artistica mi sono spesso ritrovato in territori inaspettati, in cui il confine tra il mondo reale e quello magico sembrava sparire. Negli ultimi tempi in particolare mi sto imbattendo in alcuni approfondimenti e scoperte, soprattutto nel campo archeologico, che stanno  cambiando completamente le mie idee riguardo al sistema culturale contemporaneo. Sto riscoprendo delle forti interconnessioni tra le misteriose origini del genere umano e la politica e l’economia attuali. Credo di collegare i miei prossimi progetti di produzione, e probabilmente anche curatoriali e di residenza, a questa esperienza.

Time Indicators, 2019 - Emanuele Resce - courtesy of the artist
Time Indicators, 2019 – courtesy of the artist
Totally Other 2020. alluminio, silicone,smalto acciaio, pietra, denti - Emanuele Resce - courtesy of the artist
Totally Other 2020. alluminio, silicone,smalto acciaio, pietra, denti – courtesy of the artist