RACCOGLIERE SILENZI

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ARIANNA PACE X VIRGINIA VALLE

La ricerca di Arianna Pace (Pesaro, 1995), improntata allo studio e alla tutela del paesaggio, svolge una costante azione di sensibilizzazione verso le tematiche ambientali.

Nelle sue opere, tramite l’utilizzo di media diversi e l’accostamento di più elementi, ricrea micro-paesaggi attraverso i quali si può assistere alla contaminazione tra processi naturali e interventi antropici. 

Nelle righe che seguono potrete approfondire la sua ricerca e leggere delle future mostre in cui vedere i suoi lavori.


Arianna Pace, studio view – courtesy dell’artista

V.V.:    Quali sono le fasi che compongono il processo creativo alla base dei tuoi lavori? So che per te è fondamentale camminare, raccogliere elementi naturali, effettuare dei calchi sulle superfici che incontri…. 

A.P.: Camminando inizio a costruire il paesaggio! Mi piace l’utilizzo della parola “incontro” legata alla superficie, ma farei riferimento più in generale al luogo in cui mi trovo. È la fase del mio lavoro più profonda e più vera. Nel momento in cui attraverso lo spazio, mi ritrovo sospesa in esso, ma con i piedi saldi sul terreno. Cammino, raccolgo campioni di paesaggio ed è come se mi stessi soffermando sugli spazi bianchi tra le parole. Pause di silenzio. Raccolgo Silenzi! Che sappiamo essere densi di rumore. E allora lo ascolto, lascio che i dettagli rapiscano il mio sguardo, l’occhio si concentra e riprendendo a camminare si deconcentra. Gli oggetti naturali con i quali mi riempio le tasche e lo zaino, sono anch’essi sospesi, forse adesso c’è un silenzio diverso dietro di me. Il calco è importante! È il recuperare un contatto con il luogo, si certo, posso toccare quello che vedo, ma facendone il calco tengo con me quella sensazione, mi permetto di riviverla e farla rivivere in modo più sincero.

 V.V.:     La fotografia è un medium che ritorna spesso, sia all’interno di installazioni sia come elemento a se stante. Come ti rapporti con questo linguaggio?  

A.P.: È uno dei primi mezzi che utilizzo per registrare i luoghi. È un filtro, noi vediamo attraverso due occhi, la macchina fotografica utilizza un obiettivo. È una prima forma di sintesi. Nel momento dello scatto, il tempo si ferma. Il colore della luce, dell’aria, la scansione degli elementi mi suggeriscono l’inquadratura, ed è questa la funzione principale, fermarmi prima che il mio sguardo si sposti su altro. A volte sono sopraffatta da ciò che mi circonda, decido di assecondarmi, scatto, quasi ad ogni passo, ciò che osservo. Altre volte è il sentiero stesso, la fatica e le difficoltà che richiede, che mi costringe a non poter nemmeno tirare fuori la macchina fotografica. Le immagini che decido di utilizzare diventano documentazione, inserite all’interno dell’installazione finale. Altre le archivio, e faranno parte di alcuni “quaderni di viaggio” che ho in programma di realizzare.

V.V.:    Mediante alcune tue opere denunci lo sfruttamento di risorse naturali e la necessità di una maggiore tutela dell’ambiente. Mi vengono in mente per esempio opere come Landscape (2021) o Karren (2020). Come hai sviluppato questi lavori?

A.P.: Ogni lavoro nasce da qualcosa che mi incuriosisce, in modo positivo o negativo. Questo posso averlo vissuto direttamente, osservato, ascoltato o letto da qualche parte … Se mi ha particolarmente colpito decido di svilupparlo. Realizzo “Karren” dopo aver percorso la zona del Carso, un altopiano roccioso calcareo che si estende a cavallo tra Venezia Giulia, Slovenia e Croazia. Il paesaggio del Carso è profondamento solcato. I karren infatti sono tipiche forme derivate dalla dissoluzione ed erosione della roccia da parte delle acque meteoriche e da agenti chimico – biologici. Il rilievo esterno, parte visibile all’osservatore, dipende dalla mobilità dell’acqua sulla superficie ed è prevalentemente formato da scanalature, e da vaschette di corrosione. Sono considerati dei Geositi, beni naturali non rinnovabili, per questo ritengo siano una risorsa che va studiata e censita come componente del paesaggio da proteggere e salvaguardare. Anche il Paesaggio Geologico è memoria del territorio, solido e allo stesso tempo fragile se confrontato alle azioni dell’uomo moderno che è in grado di distruggere in poche ore quello che la natura ha costruito in milioni  di anni. Allo stesso modo in Landscape, pongo l’attenzione su una problematica di cui sentiamo parlare da anni: l’utilizzo dei pesticidi. Solitamente ci si concentra sui danni all’ambiente in generale e, sulle conseguenze che gli alimenti, una volta ingeriti, possono avere sull’uomo. Così sposto il mio sguardo. Cosa succede agli insetti? E più specificatamente cosa avviene nelle cellule neuronali delle formiche?…

Arianna Pace, Landscape, 2021 – courtesy dell’artista

V.V.: Anche l’utilizzo di sostanze organiche o di elementi sottoposti a una continua evoluzione è una costante all’interno dei tuoi lavori. 

AP: Si! Quasi sempre ci sono degli elementi organici o inorganici, sono quei campioni di paesaggio, quegli spazi di silenzio di cui parlavo prima dei quali mi approprio. Rimangono in studio, li fermi, in potenza di diventare altro… non tutto quello che raccolgo utilizzo, anzi di solito è proprio una piccola percentuale. Siamo in continuo mutamento, ogni istante non è mai uguale al precedente, così anche l’opera si trasforma. Nell’incontro con l’osservatore, e in sé stessa, il fatto di inserire la materia organica al suo interno mi permette di investigare le interazioni che gli organismi hanno con l’ambiente in cui vivono, ma anche l’ambiente stesso.

Prelievo di materia organica dal paesaggio – courtesy dell’artista

V.V.: Nella tua produzione si vede il tentativo di ricreare degli ambienti naturali attraverso l’accostamento di varie componenti.  Dalle immagini di campioni di roccia ingranditi e chiusi in lastre di plexiglass di Sections (2020) alle installazioni della serie Karren#1 o Landscape.

A.P.: Collegandomi alla domanda precedente, mi interessano gli eventi che sono coinvolti nella persistenza e nella trasformazione delle forme di vita. La correlazione tra essi è totale, penso al concetto di gestalt: ciò che percepiamo non è una somma di elementi, ma una sintesi della realtà. Nel percepire il mondo esterno, insomma, noi non cogliamo delle semplici somme di stimoli sensoriali, ma percepiamo l’insieme. L’accostamento di varie componenti è questo: è andare nella specificità ed analizzare le cose per restituirne la complessità.

Arianna Pace, veduta dell’installazione, Section 2020 – courtesy dell’artista
Arianna Pace, Veduta dell’installazione Karren, 2020 – courtesy dell’artista
Arianna Pace, Veduta dell’installazione Karren, 2020 – courtesy dell’artista

V.V.: Hai degli autori o dei riferimenti che ispirano la tua ricerca? 

A.P.: Sono davvero tanti e diversificati, mi piacciono quelle letture che sono un po’ al limite, che vogliono parlare di una cosa ma ne dicono un’altra: “Il Monte Analogo” (Daumal), “La palude definitiva” (G. Manganelli), “Il giardino del Pelio” (P. Bellasi), o che si concentrano sul come vediamo: “Palomar” (I. Calvino), “Il sistema periodico” (P.Levi), “Scritto di Notte” (E.Sottsass). Mi piace la letteratura che indaga il nostro rapporto con “l’ambiente”, quella che parla dei viaggi, di montagna, di boschi, del camminare, delle piccole cose, della natura, del paesaggio; penso a Cognetti, a Jules Michelet, a Thoreau, a M. Rigoni Stern, a P. D’angelo, F.Careri e G. Marchianò. O quelle letture più specifiche che hanno un aspetto scientifico: “ecologia del paesaggio” (C. Ferrari – G. Pezzi), “Ambienti animali e umani” (J.v. Uexküll), “Primavera silenziosa” (Rachel Carson) solo per citarne alcuni …

V.V.:     Ci sono mostre in programma nel prossimo futuro dove possiamo vedere il tuo lavoro? 

A.P.: Sto lavorando ad alcuni progetti: farò parte della seconda edizione di “wherewherewhere” progetto dell’artista Alessio Barchitta, seguire pagina instagram per aggiornamenti 😉 Nel museo della città di Villa (Lozio) ci sarà un mio “archivio del paesaggio”, mi piace chiamarlo così, nato durante la residenza Falia* curata da Alice Vangelisti. Nell’alto piano del Monte Ginezzo, Cortona ho installato un’opera realizzata durante la residenza Loam. Ho in programma un progetto site specific in un laghetto della mia zona (Pesaro), che si concretizzerà in un video, parte di questo verrà “esposto” sulla pagina instagram di Sammagallery. Per il nuovo anno stiamo lavorando ad un progetto a quattro mani con Bernardo Tirabosco che verrà esposto a Sottofondo Studio, (Arezzo) curato da Bianca Basile. Essendo arrivata tra i 10 finalisti di Rea Art fair 2021, sempre con l’anno nuovo ci sarà una mostra curata dal team.

Arianna Pace, studio view -courtesy dell’artista