LEGAMI SOTTILI

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FRANCESCA MIGONE X VIRGINIA VALLE

Francesca Migone (Genova, 1989), dopo essersi formata all’Accademia di Belle Arti di Genova dove ha conseguito una laurea specialistica in Decorazione, ha proseguito gli studi con un percorso di progettazione di superfici del tessuto all’Accademia di Belle Arti di Bologna, estendendo così il suo interesse allo studio e alla pratica della tessitura. Oggi lavora tra Genova e Milano. 

La sua ricerca artistica è rivolta prevalentemente alle varie dinamiche che si legano alla trasformazione di un luogo e della sua identità. Gli spazi vengono da lei indagati mediante ricostruzioni di oggetti appartenenti a uno specifico contesto o a ricordi personali che la legano all’ambiente.  I suoi lavori, talvolta sono creazioni leggere ed effimere che riprendono posto nel paesaggio che le aveva ispirate confondendosi in esso, altre volte si trasformano in grandi oggetti scultorei tridimensionali, anche grazie alla lavorazione tessile e all’utilizzo di filo metallico.  In questo modo l’artista, attraverso un processo di avvicinamento e studio del paesaggio, racconta modi diversi di abitare lo spazio e ne affronta le problematiche sociali e ambientali. 


V.V.: La tua produzione ha come oggetto di indagine principale il tessuto, indagato a partire dalla sua composizione fino alle diverse tecniche di lavorazione. Dal 2017 con oggetti, spazio, manipolazioni fino a oggi con Impalpabile nel paesaggio (tuttora in corso). Come nasce l’interesse per questo materiale?

F.M.: Il tessuto è entrato a far parte della mia ricerca praticamente fin dal principio. I miei primi studi artistici nascono nell’ambito del fashion design. Mi affascinava e mi affascina tuttora come questo materiale e il suo utilizzo, nell’abbigliamento e non solo, permetta di comunicare un contesto. La stessa manipolazione tessile e le infinite tecniche che esistono sono frutto anche del rapporto tra persone e ambiente. Trovo estremamente interessante come queste lavorazioni, che seguono precisi passaggi, possano essere trasformate e utilizzate insieme a materiali differenti da quelli tradizionali.

V.V.: Genova è la città in cui sei nata e che spesso diventa soggetto delle tue opere o ne ispira la creazione. Qual è il tuo rapporto con la città? 

F.M.: Genova è una città che mi ha sempre affascinato e sento spesso il desiderio di raccontarla attraverso i miei lavori. La stessa conformazione del territorio genovese fa sì che diverse realtà si trovino vicine tra loro, spesso sovrapposte e stratificate; è una complessità non immediatamente percepibile, ma che spesso ricerco anche al di fuori di questa città, quando decido di avviare un nuovo progetto. Non saprei se tale interesse nasca dall’aver vissuto in questi luoghi, o se sia arrivato successivamente. Credo però che sia ora una parte fondamentale di quello che è il mio sguardo su ciò che mi circonda.

V.V.: Molte tue opere riflettono inoltre sulla trasformazione dei luoghi mostrando le stratificazioni temporali che li caratterizzano. Come scegli gli elementi della tua indagine? 

F.M.: Spesso i miei lavori nascono dall’esplorazione di luoghi e spazi. Questo a volte avviene in maniera spontanea o casuale, altre invece scelgo di indagarne alcuni per un interesse particolare, o per semplice curiosità.

Cerco situazioni ibride, dove elementi di natura differente convivono tra di loro, entrando in una relazione che racconta la complessità di un luogo o di una realtà.

Nella realizzazione di un lavoro, è poi importante per me trovare quegli elementi che, per quanto semplici, nella loro essenzialità permettono di attivare una riflessione che riguarda profondamente l’ambiente nel quale si trovano.

V.V.: Pensando a opere come scorci (2020) e osservare un luogo vicino (2020), gli elementi che raccogli e rielabori tramite un processo di mimesi, anziché essere decontestualizzati ed esposti in un nuovo ambiente (come nella residenza in ViaFarini), vengono reintrodotti nel contesto originario. Come sviluppi questo diverso approccio?

F.M.: Questi due lavori hanno preso forma dalla necessità stessa di creare un contatto con il luogo dal quale sono nati. Sono ricerche che sono state concepite in momenti e per ragioni molto differenti, legate però dall’esigenza di voler raccontare e mostrare un luogo.

Volevo che questi lavori fossero leggeri, rispettosi dello spazio, senza manipolazioni elaborate e senza imporre la mia presenza in modo molto marcato. Desideravo che fosse qualcosa di più aperto, anche nei confronti di chi si trovava in quel momento a fruire del mio lavoro.

I materiali scelti sono stati recuperati dai luoghi d’indagine. La mia intenzione era che fossero un invito ad esplorare maggiormente certi spazi, ma anche ad osservare con attenzione, per cogliere le storie che questi ambienti raccontano attraverso i più piccoli dettagli.

Francesca Migone, Scorci, 2020, esposto a Sciame Mobile Residency curato da Davide Silvioli – courtesy l’artista


V.V.: La tessitura diventa anche il mezzo con il quale dai forma a ricordi e ricostruisci percorsi e luoghi della tua memoria. Mi vengono in mente lavori come Ripercorrere (2020) o Percorrere la città (2020). Ci racconti qualcosa di questi lavori?

F.M.: Sono progetti che ho sviluppato durante un periodo vissuto a Milano, esplorando la città. In particolare Percorrere la città nasce dal desiderio di avvicinarmi e seguire il percorso di alcuni corsi d’acqua presenti a Milano. Andare a cercare dove questi affioravano mi ha portata in zone inaspettate, dove altrimenti non sarei stata. Da questa esperienza personale di osservazione e documentazione ho sviluppato la forma delle opere, attraverso colori, materiali ed impressioni. Anche in questo caso ho cercato un’estetica ibrida, concependo oggetti che raccontassero una mia memoria personale e che sembrassero anche provenire dalla città stessa.

Nel caso di Ripercorrere, ho voluto tentare di definire una mappa del mio percorso in città, riducendolo ad una scarna essenzialità. La tessitura mi permette in questo caso di lavorare, attraverso il nodo e l’annodare, su un’immagine che diventa anche tridimensionale.

Francesca Migone, Ripercorrere, 2020, foto di Mattia Meirana, esposto a VIR Open Studio – courtesy l’artista
Francesca Migone, Percorrere la città, 2020, foto di Mattia Meirana, esposto a VIR Open Studio – courtesy l’artista
Francesca Migone, Percorrere la città, 2020, foto di Mattia Meirana, esposto a VIR Open Studio (dettaglio) – courtesy l’artista
Francesca Migone, Percorrere la città, 2020, foto di Mattia Meirana, esposto a VIR Open Studio – courtesy l’artista

V.V.: Come comunicano gli elementi naturali e artificiali all’interno delle tue opere?

F.M.: Credo che la relazione tra questi due elementi avvenga proprio nel cercare di raccontare situazioni ibride, dove diversi elementi coesistono tra loro ed è la loro coesistenza a generare complessità. Non si tratta solo di scegliere che materiali utilizzare, a seconda del progetto, o delle forme che un’opera prenderà. È anche il tentativo di trovare un equilibrio tra il creare qualcosa e lasciare sempre una parte di indefinito ed imprevedibilità all’opera. Questo aspetto è per me fondamentale in tutti i miei lavori.

Francesca Migone, Tessitura diagenetica, 2019, foto di Mattia Meirana, esposto alla Biennale di Monza – courtesy l’artista

V.V.: Hai delle mostre in corso o in programma nelle quali possiamo vedere i tuoi lavori? 

F.M.: L’occasione più prossima sarà il 2 aprile, nel nostro studio Tretre a Milano. In occasione della Milano Art Week abbiamo organizzato una giornata di open studio. Sarà un momento molto rilassato per conoscersi, chiacchierare e vedere i nostri nuovi lavori!