UNA CORTECCIA LINFATICA

  • Categoria dell'articolo:Ibridazioni

PARTE I

BASTIONE X OSSERVATORIO FUTURA, PROGETTO FOTOGRAFICO DI GIANMARIA DELLAROSSA

Credits Gianmaria Dellarossa, 2020
Credits Gianmaria Dellarossa, 2020

Nel 2017 il Bastione San Maurizio, luogo peculiare e fortemente connotato sotto la responsabilità della Soprintendenza del Ministero dei beni culturali, è stato trasformato in laboratorio-spazio espositivo da un collettivo di giovani artisti (Giulia Rebonato, Lisa Redetti, Emanuele Marullo, Jacopo Mandich, Francesca Bicego, Giulia Baldussi, Marco Mattana, Michele Rava, Silvia Cioni, Gianmaria Dellarossa, Donato Mariano, Cecilia Ceccherini, Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Mara Jvonne Raja, Adele Zunino). 

Ufficialmente in disuso dal 2011, si tratta di un edificio settecentesco di forma poligonale situato all’interno dei giardini della Cavallerizza Reale che, nel corso degli anni, è stato oggetto di numerosi tentativi di riqualificazione. 

Il Bastione San Maurizio ha così riaperto i suoi spazi con un precedente lavoro laboratoriale e di ristrutturazione da parte degli artisti, e con la mostra di apertura “Apotema” si è reso manifesto l’obiettivo del progetto: “come il segmento dell’apotema, così l’arte diviene quella sottile ma solida concreta linea che unisce personalità diverse nel vibrante atto creativo”. 

Fin dai suoi esordi il collettivo si è sempre rivolto verso azioni che aprissero una dimensione partecipata dell’arte, vissuta nelle sue più ampie declinazioni e sfumature. Nel corso degli anni si sono così sviluppate varie collaborazioni e operazioni improntate su dialoghi in continuo divenire e in confronto tra lo spazio, gli artisti (interni ed esterni) e il pubblico coinvolto.

Il progetto del gruppo “Bastione” nasce allora dalla necessità umana, viscerale e primordiale, di ritagliare e fondare uno spazio all’interno del quale creazione artistica e libertà individuale possano fuoriuscire dal tradizionali circuiti del sistema dell’arte. Esso è dimostrazione pratica di come sia possibile riqualificare un luogo in maniera naturale e spontanea e in una logica dualistica di “libertà-disciplina”.

Credits Gianmaria Dellarossa, 2020
Credits Gianmaria Dellarossa, 2020

Nel novembre del 2019 tuttavia, a causa di contingenze esterne seguite da un incendio presso alcuni siti della Cavallerizza Reale, gli artisti sono stati obbligati a lasciare lo spazio.

Dopo circa un anno, fra nomadismo e riorganizzazione, il Bastione ha formulato il suo statuto – mantenendo il nome del precedente edificio – e in seguito al lockdown, ha attivato un nuovo luogo. Villa Rey è infatti lo storico complesso situato sulla collina torinese nel quale il collettivo ha trasposto le proprie intenzioni accompagnate da una creatività e una coscienza rinnovate.

L’8 ottobre 2020 gli artisti hanno avuto la possibilità su concessione dei Musei Reali e del comune di Torino di rientrare nel Bastione San Maurizio e recuperare alcuni materiali in precedenza non recuperati. 

Credits Gianmaria Dellarossa, 2020
Credits Gianmaria Dellarossa, 2020

Osservatorio Futura ha voluto raccontare questo momento con un reportage a cura di Dario Fanelli e la continuazione del progetto fotografico di Gianmaria Dellarossa. In accompagnamento un testo redatto da Eleonora Fascetta che racconta l’esperienza del Bastione con uno sguardo interno ma al tempo stesso tangenziale.

TESTO DI ELEONORA FASCETTA, PROGETTO FOGRAFICO DI DARIO FANELLI

Una corteccia linfatica. Se pensiamo a un tronco, alla solidità delle sue ramificazioni nel suolo oscuro e al sistema linfatico umano, alla sua funzione viscerale di purificazione dalle tossine e protezione dell’organismo, si determina un ibrido inserito nella natura ancestrale quanto nella cultura materiale. È in questa dimensione multiforme di orizzontalità e verticalità, di stanziamento e movimento, di ricircolo e trasformazione che può collocarsi l’esperienza del collettivo Bastione. Il lavoro di cura e riqualificazione svolto presso lo storico edificio del Bastione San Maurizio ha fin da subito messo in luce lo spirito degli artisti, spinti dalla necessità di rigenerare un luogo che fosse rappresentazione fisica di una comune esigenza.

Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020

L’occupazione è stata dichiarazione di affermazione, volontà di porre un segno autodeterminante che non si dissolvesse nel silenzio. Lo stato di abbandono e precarietà del luogo, percepito come riflesso di un sentimento, è stato per gli artisti stimolo di racconto e raccordo fra luoghi e persone, possibilità di cambiare la stessa prospettiva del fare arte. 

L’identificazione con il Bastione San Maurizio ha determinato nel collettivo una metodologia che si distacca dall’indipendenza autoriale e dall’esposizione conforme al sistema artistico strutturato e gerarchico. Aprendosi così a una pluralità di linguaggi, la processualità creativa è diventata linfa vitale di una condivisione che ha azionato lo spazio in ogni sua forma.

La mostra inaugurale Apotema (2017) non si è delineata secondo una selezione di lavori ma come una grande installazione sviluppata a partire dalle fondamenta stesse del baluardo pentagonale. Ogni opera site-specific è stata pensata in connessione con gli spazi e la loro totalità diventava gioco e alterazione del percorso, senza né inizio né fine. Dall’oscurità cava e sotterranea ai colori degli archi, lo scorrere dei passi era ora il flusso del tempo ora il riflusso dei racconti vissuti.

La labirintica installazione ha sottolineato, quindi, l’intento del progetto, lasciando una traccia stratificata di azioni che non si esauriscono nell’evento singolo ma che sono sintesi di una storia e l’inizio di un’altra. 

La dimensione domestica è un altro elemento rilevante nella restituzione del lavoro e nella comprensione dello spazio. Questo, scomposto nelle declinazioni di comodità-scomodità, cura-distruzione, solitudine-convivialità, è prima di tutto una dimensione di vita e dialogo.

Al fine di condividere un luogo-palestra di confronto, il Bastione ha lanciato nel 2019 AFFITTASI, un progetto che si basava sull’idea contraddittoria di “affittare” gratuitamente spazi dell’edificio occupato. “H” era la formula del tempo speso in ore all’interno del luogo da parte dei contributi esterni, in un’ottica di continuo scambio laboratoriale e di partecipazione, mentre “H72” riguardava il collettivo stesso. Queste ore coincidevano alla durata di tre giorni trascorsi dentro il Bastione San Maurizio, in cui gli artisti si dedicavano alla riorganizzazione del luogo in favore di future mostre ed eventi. 

Numerose sono state le collaborazioni avviate sia con realtà attive nella città di Torino sia con artisti internazionali. La multidisciplinarietà era il fil rouge tra gli eventi, passando da mostre, come K_Night del collettivo Mrzb e DISCARNATE: The Flesh Failures dell’artista americana Qualiatik in collaborazione con Paynomindtous, a documentari e performance sonore come in Gang of Ducks x Cripta 747. La musica, vibrante e aggregante, ha permesso di convogliare all’interno e all’esterno dello spazio diverse personalità, accomunate dalla curiosità e dalla sensibilità di scompaginare un’esistenza alle volte coercitiva. Tra luce e oblio, proiezioni e gesti, battiti e boati, il gioco di timbriche permetteva a voci diverse di unirsi nel ritmo concentrico di una condivisa espressività.  

La collaborazione è sempre stata ricercata anche con realtà fuori Torino, ne è un esempio il progetto di residenza artistica “Land Land Land” promosso da MOMUC, Museo della Ceramica di Mondovì. Rapportandosi per la prima volta con il medium della ceramica, gli artisti sono stati invitati a riformulare il tessuto urbano della città, vivo o abbandonato, con piccoli interventi per far riscoprire ai cittadini i luoghi della loro quotidianità e innescare così una partecipazione nel ricordo o nella scoperta. 

È proprio nei tessuti mnemonici che ora si custodisce l’esperienza del Bastione San Maurizio, la cui attività, ormai conclusa, prova a rinascere in altri luoghi.

Il Bastione, infatti, non ha perso il suo nome distintivo e, immaginandosi come una grande installazione di corpi che si trasforma nel tempo e nello spazio, assume una rinnovata forma itinerante e reificata. Dopo tre anni, il collettivo ha infatti formulato il suo statuto e con il desiderio di portare avanti il progetto, si è ristabilito nel nuovo spazio di Villa Rey presso la collina torinese, i cui ambienti fortemente distintivi stimolano a una molteplicità di interventi.

La corteccia ha così espanso le sue ramificazioni ancora salde e l’intricato reticolo rimane un flusso che attira e confluisce nel sentimento di una collettività che oggi ha bisogno più che mai di respirare.    

Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020
Credits Dario Fanelli, 2020