FRANCESCA ARRI
Nel mondo diventato oscuro,
voglio battere il tamburo che non è segno di morte.
Siddhārtha Gautama, da “Muro di casse” di Vanni Santoni
εὐδαιμονία: In greco arcaico designa la capacità di possedere un demone favorevole, uno spirito intermediario, che protegge e guida un mortale ad esprimere il suo potenziale e saper trasformare le difficoltà in vantaggio. Lo sforzo e il dolore diventano uno stimolante della vita, motore per realizzare se stessi e quindi, per diffondere positività verso gli altri, per condividere, per includere, per non isolarsi. Perché non godrai mai del mondo, se lo violenti.
Un anno fa mi sono addormentata. Mi sono messa a letto, ho spento la luce e …pum! ancora aspetto che suoni la sveglia.
Comincia così la mia visione, un’allucinazione forse collettiva, un incubo dove la libertà è una questione di salute e la salute è una questione di Stato.
L’ultima festa: la folla, il locale, la musica suonata dalla consolle, i drink, il sudore, l’after, l’hangover diventano vocaboli obsoleti, sostituiti da nuove parole come coprifuoco, lockdown, zona rossa, distanziamento sociale, isolamento…
I gesti quotidiani diventano proibiti, gli elicotteri inseguono la gente che corre sulla spiaggia per mandarla in tv alla gogna mediatica del popolino ignorante e spaventato, ipnotizzato dalla tv e dai proclami alla nazione del Premier pettinato. Il tutto a reti unificate e su tutti i social network esistenti perché – come in tutte le fantasie, i film – c’è bisogno di un eroe, il salvatore della patria. Fa tanto 1984 di Orwell per quanto è inquietantemente rassicurante.
Fare cultura era già da fuorilegge. Si chiudono le scuole che rimangono aperte solo per fare da servizio di babysitter ai ragazzi con disabilità che i genitori non riescono a sostenere per tutta la giornata, o ai figli dei lavoratori in ambito sanitario, impegnati sul fronte virus.
Sì c’è un virus, una malattia mortale e reale, che però viene anche usata come pretesto per giochi di potere che fanno regredire la civiltà. La libertà e la civiltà sono i segnali della cultura di un paese e se vengono meno, ci si impoverisce e si rende il popolo schiavo.
Il bisogno di libertà porta a scelte discutibili. La cattività non porta ad essere ragionevoli, ma a soddisfare un bisogno e a lenire un’angoscia, una paura, il timore di essere in trappola e l’impedimento ad essere se stessi. I lavoratori dello spettacolo, gli artisti, i musicisti e le maestranze ferme, senza lavoro, senza stipendio e privati della dignità di poter essere se stessi. Essere un artista è una scelta radicale, è parte del proprio codice genetico, e il trauma di non potere essere se stessi è talmente profondo da portare l’uomo a non riconoscersi e a perdersi.
L’unica salvezza: trasgredire. Nelle case, nei salotti, nelle camerette, dischi suonati dai cellulari con piccole casse bluetooth, consolle nascoste, impianti di recupero, incontri clandestini, piccoli gruppi di persone che per incontrarsi fuggono le regole per esser liberi di esprimersi e non restare soli.
La festa, la socialità, l’importanza di mantenere i rapporti reali per rimanere vivi e per non perdersi nella solitudine e nell’annullamento delle proprie energie, voglie e passioni.
Nel mio sogno incontro questi sognatori – camminatori delle visioni, ombre che come me, cercano un senso in questa illusione – e porgo loro delle domande, per capire cosa li spinga nella loro ricerca onirica e a voler trovare una realtà nella socialità rubata.
Francesca Arri: Qual era il tuo lavoro o il tuo ruolo nella società reale prima di cadere in questo sonno profondo?
Ombraα: Motivatore, organizzatore, dj ed imprenditore di me stesso.
OmbraΔ: Lavoro in una multinazionale ed ho continuato a lavorare fino ad ora. Sul piano artistico sono dj e producer sin da quando avevo 15 anni… puoi capire quanto mi manchi quella sensazione di donare una parte di me, un’emozione al pubblico e quanto mi manchi la socialità e il clubbing.
Ombraμ: Facevo il dj in varie organizzazioni e serate, organizzavo personalmente alcune feste, giravo molto l’Europa a caccia di nuovi club da scoprire e nuovi artisti da ascoltare. Fortunatamente ho anche un altro lavoro che mi ha permesso di continuare a rimanere a galla al contrario di tanti miei amici, anche non di questo settore.
Ombraσ: Io facevo performance dal vivo, dirigevo eventi dal vivo, li curavo e li organizzavo. Ero anche una clubber: facevo festa e le mie vacanze erano in giro per festival e per club di tutto il mondo. Mi è capitato anche di andarci per lavoro, unendo l’utile al dilettevole.
Ombraβ: Il Clubber. Viaggiavo per l’Europa cercando feste edonistiche, estreme, con musica techno industriale. Sono sempre stato influenzato dalla cultura post punk, mi definisco un pensatore libero, alla ricerca di una comunità alternativa, non avvezza alle regole dell’opinione pubblica.
Ombraπ: Mi sono laureata in piena pandemia… diciamo che terminare gli studi e avere il primo approccio al mondo del lavoro a marzo 2020 non è stato semplice, specie perché le prospettive erano quelle di iniziare una carriera in ambito culturale, riversando lì le mie conoscenze accademiche da studentessa in economia.
La ciliegina sulla torta è stata l’essere una PR e una neo-DJ a cui avevano fissato la prima data ufficiale a fine marzo 2020… Insomma, mi sono sentita mozzare le gambe su tutti i fronti.
Ombraε: Il mio ruolo nella società prima del manifestarsi del virus era e continua ad essere lo stesso: promotore di eventi e irremovibile sostenitore di tutta la sub-cultura legata al mondo della musica elettronica, nello specifico di quella techno.
Ombraθ: Sono una studentessa, mi sono addormentata nel sonno profondo dello studio, mi sono immersa e ho svolto i miei doveri. Prima ero sempre una studentessa, ma studiavo molto meno e avevo una maggiore socialità
F.A.: Quando vi siete addormentati e siete entrati in questa realtà alternativa, qual è stata la vostra prima reazione? Vi siete adattati alle regole comportamentali o subito avete cercato un’ evasione?
Oα: Reazione doppia: mi sentivo nel proibizionismo e allo stesso tempo ero felice di vedere il mondo fermarsi per la prima volta nella mia vita.
OΔ: Inizialmente pensavo fosse la solita sceneggiata mediatica, prendevo in giro anche chi ci credeva troppo. Poi ho perso gusto e olfatto, quindi per sicurezza mi sono rinchiuso in casa fino alla scomparsa dei sintomi, senza però allarmarmi troppo per eventuali conseguenze dovute al virus.
Scomparsi i sintomi, per il compleanno della mia ragazza, abbiamo organizzato un festino di tre giorni in casa finito in litigio con vari amici.
Oμ: La prima ondata è stata inaspettata e un po’ spaventosa perché non si capiva bene cosa stesse succedendo, mentre da metà della seconda ho cercato di riprendermi un po’ della libertà che mi era stata sottratta.
Oσ: Da subito mi sono fatta trascinare nella visione e ne sono rimasta intrappolata, poi la festa mi ha travolto in un altro viaggio…
Oβ: Io inizialmente non credevo a tutta questa storia, pensavo che sarebbe durata un mese: un fuoco di paglia di cui tutti ci saremmo scordati, col passare del tempo, poi ho realizzato che questa condizione sarebbe durata per un tempo indefinito. Per quello che ho potuto, cercavo di rispettare le regole: uscivo solo per andare a fare la spesa, per le sigarette, qualche giro al parco e per procurarmi qualche busta di droga… Sono caduto subito in depressione, il senso di noia mi ha travolto e l’uso di droghe è diventato sempre più intenso vivendo in una piccola comunità domestica che è presto diventata un gruppo tossico dove sono nati forti litigi.
Oπ: Diciamo che il primissimo periodo ero molto presa con la stesura e la presentazione della tesi, per cui ero già un po’ rintanata nel mio guscio. Il primo mese ho limitato abbastanza le frequentazioni perché credevo fosse la cosa giusta da fare, dando il mio contributo nel cercare di bloccare l’effetto domino. Quel senso civico cui tanto ci si appellava, che si elemosinava, che si pretendeva in qualche modo lo sentivo. Verso la metà di aprile però ho ricominciato a frequentare i “soliti” giri da serata. Quelli con cui ero abituata a condividere la pista e i momenti catartici ad essa legati. L’aver ricominciato in qualche modo a vivere (in un determinato modo) non rinnega però quel primo periodo “silente”. Ciascuno di noi, nella propria vita, si trova in ogni momento dinanzi a dei trade-off, in un rapporto rischi-benefici costante, più o meno consapevolmente. Le valutazioni sono assolutamente soggettive, benché ci siano dei punti fermi, oggettivi, come in questo caso la malattia. Sicuramente posso dire che il “via libera” che in qualche modo mi sono data è stato reso possibile dal fatto che non avessi contatti con persone fragili e/o anziane, per cui mi sentivo abbastanza tranquilla, o comunque consapevole che i rischi riguardassero più che tutto me.
Oε: Inizialmente devo ammettere che ero restio e spaventato, per cui sono rimasto molto sulle mie. Col tempo mi sono più lasciato andare e da quest’estate ho messo i dischi e partecipato a qualche evento cittadino, senza strafare e pur sempre rispettando la situazione sanitaria precaria.
Oθ: Inizialmente sono stata contenta di intraprendere una nuova esperienza, di essere in una situazione nuova che non avevo mai vissuto. Uscivo con lo zainetto in spalla e la mascherina, mi sentivo un’eroina che girava in una città piena di zombie in una situazione apocalittica. Dopo un po’ la novità si è trasformata in quotidianità e le limitazioni hanno iniziato a stufarmi e ha iniziato a mancarmi la mia libertà. Da tempo non rispetto più le regole comportamentali.
F.A.: Cos’è per voi la festa? Parlatemene sia da dormienti – in questo sogno – che da svegli, nella realtà. Potreste vivere senza far festa?
Oα: È un modo di vedere le cose, il mondo e la vita. Per me la stessa esistenza deve essere un connubio di esaltazioni, scoperte e creazioni. L’uomo deve esplorare e imparare a salvaguardare il proprio ecosistema, godendo di momenti aggregativi, di danze rituali e di scambi energetici, che avvengono se abbattiamo i canoni della società che ci auto imponiamo, tra comportamento e diffidenza spontanea. La festa è quindi un aspetto di questa società, che deve abbattere certe barriere sociali… è immersiva, stimolante e ritualistica per chi la vive.
OΔ: Per me la festa è la libertà in ogni sfaccettatura: può partire da un momento all’altro in qualsiasi situazione. Da buon dj ti dirò che non c’è festa se non c’è musica, ma anche la cassa di un cellulare può bastare per farne partire una. Per me è una valvola di sfogo, un evasione dalla vita quotidiana in cui lo stress regna sovrano.La festa è per tutti: qualunque età, etnia… la festa è un concetto universale!
No, non posso vivere senza, o forse sì, ma non sarei sicuramente la persona che sono ora.
Oμ: Per me la festa è quel rito magico che ti fa sentire libero, un momento di sfogo dove tutto diventa più leggero: intorno a te ci sono solo energie positive che ti fanno diventare un tutt’uno con la musica e con le persone che ti circondano. È un momento di condivisione ed euforia che non vorresti finisse mai. Adesso se sei fortunato fai festa con qualche amico, ma si è persa tutta la magia, la folla, il sound system, i sorrisi. La festa per me è una cosa molto importante che penso non andrà mai via dalla mia anima.
Oσ: Per me è libertà, arte, condivisione, fuga, evasione, amore, un momento di grazia e gioia. Durante la storia dell’umanità la festa è stata centrale, evolutiva: i baccanali, ad esempio, erano riti religiosi importanti nella socialità in epoca romana. Lì la libertà sessuale, di eccedere, di appagarsi era un inno alla vita in onore del dio Bacco, signore di quello che oggi viene indicato come perdizione, ma che forse serve invece a ritrovarsi e a prendere contatto con la parte più primitiva di sé, animale (ma forse davvero umana). L’ultima cosa che ho fatto prima di addormentarmi è stata una festa, poi i primi 3 mesi di sonno chiusa in casa. Non ho visto nessuno, le persone erano schermi o voci al telefono, ballavo sola, vivevo sola. Poi sono uscita e la claustrofobia mi impedisce di tornare a casa. Dovrei tatuarmi il timbro del Berghain: “ricordati di tornare a casa!”. La festa è sempre stata e sempre sarà ragione di vita, fulcro centrale, spunto di crescita, ispirazione per il mio lavoro. Mi ha educata e formata: ho cominciato da bambina e ancora non sono tornata a casa.
Oβ: La festa è un incontro per gli outsider che non vengono valorizzati dalla società e che, nella notte, trovano il loro posto. Anzi… cominciano a brillare! Per me è un incontro edonistico dove si mescolano moda e musica, creando quasi una situazione teatrale dove nasce una metacomunicazione non fatta di parole ma di azioni attraverso la danza e il suo lato estetico. Uno show, un abbandono totale, una terapia psicologica fatta di fantasia dove il suono modella scenari immaginari tra danza e sentimenti. Un luogo dove tutto prende senso, dove ti senti a casa, dove si torna bambini e ci si può sentire al sicuro come al parco giochi.
Oπ: La festa per me è un momento catartico che in primis vivo come individuo. La magia della festa sta poi nella condivisione di quel momento con altre anime che nella vita di tutti i giorni vagano e che solennemente si ritrovano e danno un senso alla loro esistenza nella pista. La festa è armonia, crescita individuale e collettiva, condivisione, amore per sé, per gli altri, per tutto… libertà! È il modello di società perfetta, un dare/avere continuo che ti riempie. Certo è che molto è cambiato nell’ultimo anno. Nonostante gli sforzi a non abbattersi, per una come me che ama il clubbing, al momento mi sento privata della mia anima. Sono fortunata a essere circondata di persone amanti della musica, della pista, della festa, ma non è la stessa cosa.
Prima era vita, adesso è sopravvivenza. Resistiamo.
Oε: Per me la festa è un mondo parallelo, un posto dove aggregazione, libertà e condivisione vanno a pari passo. Ognuno in festa può esprimere se stesso senza aver timore dei pregiudizi che circondano le nostre vite alienate dentro la società. La festa diventa così una valvola di sfogo con cui curiamo la nostra spiritualità (umanità) ormai quasi del tutto sopita. Lotteremo per fare in modo che abbia sempre più un tema centrale nelle nostre vite!
Oθ: La festa è il mio momento, è il posto dove mi sento a mio agio e mi diverto sempre, dove riesco a liberare la testa e a non pensare a quello che mi sta frullando nel cervello e non riesce a darmi pace. La festa prima e dopo la pandemia non ha cambiato significato, è una parte di me che non ho assolutamente perso ma semmai limitata.
Fare festa è come andare in bicicletta… non ci si dimentica mai come si fa!
F.A.: Che ruolo ha la musica nella socialità? Grandi momenti di crisi come la caduta del Muro di Berlino e la crisi economica del periodo Tatcher in Inghilterra hanno portato alla nascita del movimento rave, dell’Acid House, della Club Culture. Secondo voi, se osservate l’illusione che stiamo abitando in questi tempi, a cosa ci sta portando? Cosa si muove nell’ambito della ricerca musicale contemporanea e nel suo sviluppo attraverso il fenomeno sociale del party?
Oα: Penso che la musica sia una delle poche creazioni dell’umanità genuine in tutto per tutto. Nasciamo con una psicologia innata che ci fa diffidare del prossimo, meglio detta come “sopravvivenza animale”, ma nonostante i primi istinti naturali che insorgono in noi, l’umanità ha voglia e desiderio di aggregarsi, di non diffidare, di scoprire nuove anime con cui scambiare energia, dialogo ed esperienze. Questo fenomeno sociale si sviluppa in un contesto evoluzionistico: la globalità deve diventare più matura, smettere di competere e iniziare pian piano a cooperare. I parties, inserendosi nella nostra quotidianità, ci stanno spingendo pian piano a dimenticare certi istinti animali, per abbracciare un nuovo credo globale, che prima o poi ci farà sentire un’unica grossa collettività!
OΔ: La musica è stata compagna di socialità fin dai tempi dei tempi: è sempre stata sinonimo di aggregazione, scambio di emozioni ed idee. La musica è ovunque, in ogni ambito sociale: in chiesa, in radio, nei party, al cinema, in casa… è una compagna fedele che ti sa aiutare quando ne hai più bisogno, e in cambio non ti chiede nulla. Secondo me questo periodo, anche se brutto, ci sta portando ad evolverci musicalmente. Ho molti amici che non avendo più la vita di prima si sono dedicati alla musica. Io personalmente ho smesso (non del tutto) di comprare dischi per problemi economici, ma d’altro canto mi sono dedicato di più alla produzione e all’acquisto di sintetizzatori e altre macchinette.
Oμ: Beh la techno di per sé è un ritmo che non ti fa stare fermo: è qualcosa che ti muove da dentro, è essa stessa la socialità ed è per questo che adesso che ci è stata tolta cerchiamo in tutti i modi di riprendercela.
Oσ: Il ruolo della musica e del suono è importantissimo: accompagna – oltre alla festa – i riti, la contemplazione, la socialità (come la solitudine). I generi musicali dividono gruppi di persone in classi, ma nella festa è diverso: lì la musica unisce, il ritmo tribale della cassa è così primitivo che crea un rituale sabba, una collettività che si completa solo nel momento della festa e che altrimenti non ci sarebbe.
Oβ: Per me la musica nella festa crea una socialità diversa. La musica suonata bene è isolante e per comunicare devi urlare, cosa non piacevole. Non trovo importante scambiare due chiacchiere, a parte nei bagni dove – tra qualche riga e qualche effusione romantica – si ha uno scambio su cosa sta succedendo e ci si conosce un po’ di più. Insomma, per me non è importante parlare, ma lavorare con il suono; dargli una storia, sfruttarlo come una maniera per uscire dalla realtà, staccarsi dal mondo, diventare parte del suono correndo insieme ai bpm crudi, veloci e freddi ma anche sexy, ipnotici e profondi. Si ritorna a una propria parte animale, come se il club fosse una Giungla.
Oπ: La musica elettronica, in particolare la techno, è prima di tutto politica. È nata come manifestazione di subculture ben specifiche, come forma di espressione di un malcontento, di un’incomprensione cronica agli occhi della società, e lo senti! È un inno alla libertà, all’anticonformismo e riguarda soprattutto le minoranze. Storicamente è “sempre” stato così… pensiamo alla disco New Yorkese, passando per la House di Chicago, senza dimenticare la Techno degli stessi anni 80 di Detroit. Techno che, nel vecchio continente, ha trovato patria a Berlino, esplodendo definitivamente con la caduta del muro. Lasciando da parte la techno mainstream, o memando la “business techno”, la sensazione che si percepiva era quella di una fase di stallo per certi aspetti. Certo è che se ne può sempre trarre spunto: dalla sofferenza e dal malcontento molto spesso riesci a trarre stimoli, a reinventarti in modi in cui diversamente non faresti. Al giorno d’oggi forse l’unica realtà sociale in cui si vive un determinato tipo di lotta è quella di Tbilisi. Il contesto non può ovviamente (e giustamente) essere paragonato a nessuno di quelli citati in precedenza. Senza voler usare una bilancia per misurarne in qualche modo la complessità o la profondità – sia chiaro – ma è la scena (giusto perché a noi del settore piace usare questa parola) in cui è evidente e palpabile una interconnessione esistente e persistente tra attivismo politico ed espressione musicale/culturale.
Oε: La musica è un mantra, genera emozioni forti. Come ho anticipato prima, secondo me la musica dovrebbe essere messa sempre più al centro della nostra esistenza. Essendo un metodo di espressione, giustamente ognuno avrà i propri gusti in merito e citare solamente i party, escludendo concerti, teatri ed esibizioni di altre forme mi sembra riduttivo. Analizzando il “party” in sé posso dirvi di essermi capovolto dentro questa realtà, ma penso che in Italia ancora non siamo al passo coi tempi (europei). Guardando sotto una chiave politica o industriale, qua sono più i club che chiudono che le nuove realtà che investono su nuovi spazi che permettano questo movimento.
Oθ: La musica è importante per le relazioni sociali, senza musica si crea il silenzio o si sentono voci che non si vogliono sentire. La musica unisce le persone, crea una sintonia e un senso di unione e comunità, a tal punto da rendere sopportabili persone che nella vita reale non riusciresti a frequentare. Il periodo che stiamo vivendo ha causato un forte distanziamento sociale, sono sempre più frequenti le feste private o segrete dove ovviamente dj famosi non sono invitati a partecipare. I sopravvissuti della nuova era continuano segretamente a frequentare piccole feste dove suonano dj sconosciuti, i partecipanti si accorgono di come suona realmente un dj e iniziano ad ascoltare una selezione più ricercata. La nuova musica contemporanea è diventata quella locale, essendosi interrotte molte relazioni i gusti musicali delle persone si stanno diversificando e ciò porterà sicuramente alla nascita di qualcosa di nuovo.
F.A.: Due vocaboli che si sentono spesso: Riot, che significa sommossa, rivolta, tumulto e Resilienza, cioè la capacità di un individuo di assorbire un urto, di resistere a un momento di difficoltà. Quanto di questi due concetti appartiene alla festa e come?
Oα: Il mondo della night life vive sospeso su un filo e si fa carico di molte lotte ed ingiustizie sociali. Da sempre questo mondo si è espanso tra legalità ed illegalità, empatizzando con svariate lotte. La stessa festa è un tumulto di rivolta, soprattutto contro una società distaccata e poco empatica nei confronti delle nuove leve.
OΔ: La festa è uno strumento pacifico ed è giusto usarla come protesta. Basti pensare ai primi rave party o alle Taz: non c’era solo la festa, ma c’era un significato. Si parla di rinascita di luoghi decaduti e abbandonati senza più energia che di colpo, grazie alla festa, si trasformavano e riprendevano vita.
Oμ: Entrambe sono parole che caratterizzano la festa se la intendiamo non solo come un momento di divertimento, ma anche come un movimento culturale. Il suono della techno è stata ed è utilizzata per assorbire tanti momenti bui della nostra vita, per darci quelle ore di spensieratezza interiore, ma è anche stata portavoce di tante proteste in svariati ambiti.
Oσ: Per me la festa è l’unica cosa che ci può salvare, sia in un senso che in un altro. Serve a resistere e a sopportare tutto questo, ma anche ad uscirne come moto di rivolta, come grande tumulto pacifico. Così è stato per il Bassiani a Tiblisi: dopo il suo sgombero, la gente ha occupato la città ballando come in un’enorme rave a cielo aperto per giorni, per le strade e davanti al parlamento. In Francia è accaduta la medesima cosa nelle strade delle città più importanti. Credo sia indicativo di un bisogno, di una necessità.
Oπ: Benché della parola resilienza ci sia stato, soprattutto di recente, un ab-uso, entrambi i termini sono riconducibili alla mia percezione di festa, per le motivazioni di cui sopra.
Oε: Riot in quanto la festa è un motto di rivolta, che ci rende anticonformisti e alternativi agli occhi della grande massa. Lontani dai classici stereotipi di questa società, veniamo considerati come delle zecche dalla maggior parte dei governi mondiali perché hanno paura di perdere il controllo delle nostre menti e dei nostri cuori. Continueremo a rivoltarci per distaccarci dal male e per sentirci davvero liberi… fuck the system!
Oθ: La festa ti libera dai pensieri, è una distrazione ed è uno sfogo, quando ci sei dentro sei a casa, non sei solo, fai parte di qualcosa.
La festa è libera, non è a pagamento, è la riunione di tanti amici di amici che vogliono la stessa cosa, non solo fare festa, ma anche qualcosa di più importante.
F.A: Nel primo lockdown che cosa ascoltavate e che nuove proposte musicali sono uscite? Voi avete prodotto qualcosa? Si percepisce un cambio di passo?
Oα: La musica non ha smesso di confluire da ogni substrato culturale. Il primo cambio di passo si è potuto percepire con la campagna “Black lives matter” a sostegno delle culture nere e di quei fatti scandalosi che tutti conosciamo; nei confronti di queste minoranze si è creato un movimento globale a sostegno della musica prodotta da artisti ed artiste di colore. Un movimento del genere non si era mai visto! Inoltre, si sta smuovendo molto il mondo artistico femminile, anche in Italia. Ad esempio, la webTv Mondonero sta curando una serie di podcast dal nome “Pink Noises”, incentrata sul mondo artistico femminile italiano. L’arte, la cultura e la musica sono in crisi da molto tempo, in mezzo a bolle speculative globali che non si riescono a sgonfiare. Il passo cambierà d’ora in avanti: il futuro è della scena locale underground e il commerciale o si migliorerà, o pian piano sparirà!
OΔ: Nel primo lockdown mi sono molto tranquillizzato come ascolto musicale. Dalla techno sono passato all’elettronica, forse perché la prima la associavo al clubbing, mentre con l’elettronica in casa mi sentivo più a mio agio. Non è stato affatto male cambiare e scoprire nuovi orizzonti. A parer mio, i miei set sono qualitativamente migliorati. Si mi sono dedicato parecchio alla produzione musicale , con il mio socio abbiamo prodotto otto tracce in un anno, cosa impensabile in passato.
Oμ: Nel primo lockdown ho continuato ad ascoltare e selezionare musica come se non fosse cambiato nulla. In compenso abbiamo avuto più tempo da dedicare allo studio e siamo riusciti a comporre 8 tracce che adesso inizieremo a mandare a qualche etichetta.
Oσ: Io ho prodotto due video performance. La prima sfruttando la compulsività del gesto dello scrivere su una tastiera, usando la piattaforma Zoom e i suoi difetti per produrre suono e la seconda sull’ipnosi, usandola come distrazione da quella effettiva data dall’uso ossessivo dei social media. Riguardo a cosa ascoltassi, vedevo solo video di vecchie feste, ne pubblicavo uno al giorno. Sulla produzione non saprei dire, vedo grandi lanci i su location da sogno per dj set vuoti: molto belli…ma tristissimi.
Oπ: Di ascolto musicale ne ho sempre fatto abbastanza, ricercando artisti, sonorità particolari e in grado di trasmettermi quel “qualcosa”. Di certo, ritrovandosi a (dover) passare più tempo in casa/studio, sta venendo fuori un bel po’ di roba, ma non dimentichiamo che quantità e qualità sono due cose ben differenti. Se da un lato le maggiori produzioni possono dar spazio e possibilità agli artisti di potersi esprimere e agli ascoltatori strumenti in più, dall’altro lato non è semplice scovare delle chicche in questa carrellata di uscite. Anche perché le produzioni sono forzate dal momento storico dell’avere una gran quantità di tempo a disposizione… e si sente! Di produzioni musicali non ne ho fatte e penso non ne farò, almeno nel breve-medio termine. Non reputo di averne le competenze e comunque il mio obiettivo, per il momento, è imparare a mixare a dovere. La passione c’è, per fortuna, e la voglia di fare è tanta, nonostante tutto… Il resto si vedrà!
Oε: Nel primo lockdown ho iniziato sempre più a tuffarmi nella techno trance acid contemporanea, ritornata a risplendere con il nuovo affollato seguito di producer e dj. Al momento non mi sono cimentato nella produzione: ogni cosa a suo tempo! Assolutamente si si respira aria nuova e c’è una grande fusione di generi.
Oθ: Quando sono a casa o in macchina ascolto musica cantata perché canticchiare mi mette allegria. Ascolto vari artisti e le canzoni mi piacciono se mi rispecchia il testo o se mi emoziona. La sera quando incontro gli amici di nascosto ascolto musica techno.
Nel lockdown ho prodotto tantissimo, sfruttando il tempo al massimo: ho studiato e concluso tutti gli esami universitari, ho fatto giardinaggio, ho letto libri, cucinato, preso un gatto.
C’è un grande cambio di passo perché non potendo spendere il mio tempo altrove mi sono creata tantissimi nuovi hobby.
F.A.: Cosa avete fatto nel primo lockdown? Dove eravate? Con chi lo avete passato? Cosa avete fatto per riuscire ad incontrarvi? Quanto la voglia di musica e la scelta di un certo tipo di ricerca ha influito nelle persone che avete incontrato?
Oα: Ero a Torino e ho continuato la mia vita abituale, incontrando amicizie e conoscenze in casa mia o altrui e in gite naturalistiche, tra campagne e montagne. Non penso di essere un rischio, non avendo contatti con famigliari cagionevoli e non potendoli vedere in queste situazioni. Non vedo perché dovrei limitare la mia libertà per una mal gestione del tutto.
OΔ: In questo periodo comunque non ci siamo fatti scappare l’occasione di fare qualche party “illegale” a casa di amici o in posti veramente impensabili per il passato. In queste situazioni diciamo che mi sono seriamente divertito a selezionare qualcosa di diverso dalla mia raccolta di dischi, dischi sperimentali o i classici lati b mai usati. Mi è piaciuto ed è anche piaciuto agli invitati. Altre volte invece mi sono trovato in situazioni diverse in cui essendo in pochi, ognuno voleva mettere la sua musica, litigandosi la console.
Comunque tutto questo per me è stato utile: ho conosciuto in ambienti intimi persone fantastiche che magari in passato salutavo e basta. Ad esempio, alcune di queste sono diventate mie vere amiche: persone sui cui posso contare, con altre invece ho chiuso i rapporti o comunque ho messo dei paletti.
Voglia di musica ? Tantissima!
Oμ: Ho fatto ben poco, riuscivo giusto ad incontrare un mio amico qualche volta a settimana.
Oσ: Io ero reclusa nel primo lockdown, non posso essere utile in questa risposta.
Oπ: Durante il primo lockdown facevamo per lo più feste in casa e poi, verso primavera/estate, quando il tempo lo permetteva, si faceva festa all’aperto. Niente di esagerato tuttavia, si parla di numeri abbastanza bassi che si aggiravano sulle 50 unità. Era più un ritrovo tra amanti e cultori di una se lezione musicale di nicchia. Sostanzialmente ci si è ritrovati in modo naturale e spontaneo con le stesse persone con cui si faceva serata pre-lockdown.
Oε: Nel primo lockdown ancora non lavoravo e ci incontravamo con i miei vicini, prettamente per ascoltare e mixare musica, per fare sport o grandi passeggiate. Per incontrarsi con gli amici di Torino ce ne siamo inventate di ogni e come sempre è stato parecchio divertente! Sinceramente mi trovo a mio agio anche con persone che non hanno le mie stesse guide musicali: per me non è un filtro così potente da incidere sulla scelta delle persone con cui passare il mio tempo.
Oθ: Inizialmente durante il primo lockdown mi sono reclusa per 2 settimane, stando a casa con il mio compagno. Siamo stati produttivi, abbiamo studiato argomenti di nostro interesse, praticato diversi hobby e cucinato molte cose, infine siamo caduti in tentazione con un videogioco ed è diventata la nostra vita (lo abbiamo finito in una settimana).
Dopo due settimane ho iniziato ad uscire, perché sono una persona poco paziente. Ho preso l’auto e ho guidato, nessuno mi ha mai fermata o chiesto niente, nemmeno durante il coprifuoco.
Ho incontrato diversi sopravvissuti durante la pandemia, il loro gusto musicale non mi ha influenzata perché quelle persone erano già parte della mia famiglia e della festa solo per il fatto che la pensassero come me.
F.A.: Ci sono stati momenti di crisi? Perché e come li avete affrontati? Quanto la tua arte o la sua privazione ha influito?
Oα: La mia mente ed anima è in crisi da quando ha compreso e concepito la natura di questo mondo e del suo sistema. Semplicemente, in questo periodo la voglia di cambiamento è ancor maggiore, sperando in un mondo più vero ed etico. La mancanza di potersi esprimere sicuramente mi ha messo in difficoltà, ma dentro di me, sperando in cambiamenti sostanziali, è nata la voglia di evolversi, per esprimersi ancor meglio appena si potrà farlo!
OΔ: Anche se non lo do a vedere, ho avuto moltissimi momenti di crisi per la privazione di essere me stesso. In alcuni momenti ho pensato di essere depresso per tutto ciò che avevo perso, ora che mi sto ribellando sto molto meglio.
Oμ: Il primo lockdown è passato abbastanza in fretta perché era la “novità” mista a paure e incertezze, la vera crisi c’è stata nel secondo, quando già sai quello che succederà e le privazioni che subirai. La musica in questo caso mi ha aiutato a ritrovare quei momenti di spensieratezza e tranquillità, anche se non è paragonabile al suonare davanti a tanta gente.
Oσ: La privazione di poter fare la mia arte dal vivo hanno creato il mio momento di crisi.
Oπ: Penso di poter dire che i momenti di crisi hanno riguardato ognuno di noi, in maniera diversa, ma nessuno è stato esente. Forse questa condivisione di un malessere generale è quello che mantiene in un certo senso un labile strato di terreno sotto i piedi. Penso sia fondamentale, prima del supporto delle persone a noi care e vicine, la propria forza d’animo. È facile perdersi e lasciarsi prendere dallo sconforto. Alcune persone fortunatamente riescono col proprio lavoro interiore a motivarsi, a non lasciarsi scoraggiare dalle avversità e ad appigliarsi a una passione (per me è sempre stata la techno la mia ancora di salvezza) a un obiettivo, a una qualsivoglia prospettiva futura. Altri sfortunatamente non sono riusciti a farlo ed e proprio a loro che vorrei dire di non mollare. Se sentite di non farcela più, parlatene! Non c’è nulla di male nel chiedere aiuto, nel confrontarsi con un amico o con un professionista. Amatevi!
Oε: Sicuramente ci sono stati degli alti e bassi. Devo ammettere comunque che la continua ricerca e la passione per la musica techno e i miei giradischi mi hanno davvero aiutato a superare il primo periodo distopico della pandemia. Ora aspettiamo solo di tornare alla normalità il prima possibile per non abituarci troppo a questo disastro economico, culturale, politico ed emotivo che continua senza più una fine certa.
Oθ: Molti momenti di crisi che ho avuto durante questa pandemia si sono verificati perché ero stanca di vedere sempre le stesse persone, e io amo parlare tanto e informarmi. Ci sono stati dei periodi di monotonia e periodi divertenti, alti e bassi. Per affrontare momenti di crisi più importanti solitamente scappo lontano, prendo l’auto e cambio casa per qualche giorno, cambio l’aria. Non so ancora definire quale sia il mio tipo di arte, ma sono sicura che non ne verrò mai privata. Considerando un qualsiasi hobby, è certo che mi ha aiutata a distrarmi dal pensiero che mi affliggeva, ma sicuramente non quanto una festa.
F.A.: Visto che parliamo di un mondo onirico, immaginario, prodotto dalla mente, quanto le droghe e le alterazioni chimiche aiutano nel superarlo o nell’addentrarvisi in modo più profondo? Aiutano a perdersi o servono per ritrovare una realtà perduta? Quanto l’impedimento di essere un animale sociale e di realizzare le proprie attitudini artistiche influisce nella ricerca della distrazione chimica e perché? C’è festa senza droga?
Oα: La mia principale droga è la musica, senza non potrei stare. Ogni mattina, la prima cosa che faccio è mettere il pezzo sonoro che rispecchia l’emotività del momento. Molti e molte in questo periodo, pur di sopportare ed estraniarsi, han fatto più uso di alcol e droga. Però per me, le droghe di per sé sono un modo per evadere dai canoni naturali. Avete presente la pubblicità del Chinotto? “Esci fuori dal coro!” Questo è uno dei miei credo. Secondo voi, una persona che dorme tutte le notti rispettando i bisogni fisiologici e non spingendo il proprio corpo oltre qualche limite naturale, sta uscendo fuori dal coro? Non credo proprio! Aggregarsi, viversi, estraniarsi, esaltarsi, sono tutti aspetti che ti portano a far uso di una cosa o di un altra cosa o, per chi ne ha la capacità, di entrare in un mood mentale che ti porti a vivere un certo momento con la giusta enfasi. Viviamo in un mondo di dipendenze dove i nostri corpi si abituano a ricevere determinate sostanze auto prodotte a livello celebrale o non auto prodotte.
OΔ: Mi sono sempre drogato e l’ho fatto sempre con la testa, ho visto però molte persone farlo in modo distruttivo e non costruttivo. In questo periodo ho avuto però dei momenti in cui da fatto ragionavo sulla situazione attuale e questo mi portava ad incastri mentali preoccupanti, da cui è difficile uscire. Il periodo comunque è una merda e ti porta a drogarti in casa con gli amici anche senza motivo, perché non ci sono altri sfoghi. Facciamo qualcosa di diverso, andiamo al cinema? chiuso. Una cenetta al ristorante? chiuso. Una mostra ? chiuso. Insomma… hai capito! Si può fare festa senza droga, l’ho già fatto, ma per divertirti devi essere con le persone giuste.
Oα: Le droghe fanno parte della festa, ma si può fare festa anche senza di esse. Aiutano ad elevarti ad uno stato superiore, ampliano le tue percezioni; sono degli acceleratori per quello che vuoi fare quella sera, ti aiutano a perderti, come ti aiutano a essere più lucido… Sicuramente non ci fossero state ora non starei rispondendo a queste domande!
Oσ: Le droghe danno, le droghe tolgono, ci si perde quel tanto che basta per star bene e poi scappa tutto di mano… per me non è il momento giusto per affrontate la vita senza droga, figurati la festa! comunque ci sto provando, per lo meno a tornare abbastanza lucida da essere presente e non vittima di illusioni. Prima di addormentarmi ero pulitissima, un giglio, addentrarmi nell’incubo in profondità mi ha fatto perdere le redini di nuovo. Ora bisogna riprendere la guida del carro, sperando magari che suoni pura la sveglia, prima o poi….
Oπ: Non starò qui a dire che le droghe non hanno alcuna influenza, anzi! Nello scrivere la mia tesi mi sono imbattuta in articoli accademici di stampo sociale che trattavano proprio il rapporto tra alcune tipologie di droghe e il clubbing. Pensiamo all’MD: quel clima festoso, armonioso, di condivisione e amore che c’è dentro un club, non ci sarebbe se i frequentatori fossero pieni di alcol. Sia chiaro, non sto dicendo “ragazzi drogatevi” ma allo stesso tempo non possiamo far finta che la droga non esista. Penso che un uso responsabile e consapevole sia doveroso, partendo dal principio che le sostanze non debbano essere usate né come forma di evasione dalla realtà (perché fidatevi, poi arrivano ben altre bastonate!) né in forma ludica: la droga non è divertente. Le droghe, prima di tutto, sono delle sostanze introspettive che, se assunte consapevolmente e – mi ripeto – in modo responsabile, amplificano e fanno vivere a trecentosessanta gradi quello stato di estasi che già si ha in pista. Aiutano a vedere le sfumature, i contorni, le sfaccettature, a godere appieno quel magico rito della festa. Sono un amplificatore. Ci può essere festa senza droga, ma (forse) non sarebbe la stessa cosa.
Oε: Penso che le sostanze generino effetti soggettivi in ognuno di noi. Sicuramente credo che possano aiutare nell’apertura mentale di chi le assume. L’esperienza con le droghe te la fai sulla tua pelle, ma con dieci anni di palestra alle spalle, consiglio sempre e vivamente l’utilizzo nelle dosi giuste, senza strafare. In ogni caso c’è e ci deve essere festa anche senza droga!
Oθ: Fumo cannabis costantemente e sono una persona psicologicamente sana; sono felice e ho avuto l’influenza due volte nella mia vita, per me non è una droga ed è un’erba dal potere straordinario. Le droghe vere e proprie le utilizzo durante le feste per divertimento, ma vado anche a feste senza droga, mentre senza alcol non riuscirei a fare una festa. Durante la pandemia ho visto amici reclusi buttare il loro tempo e denaro in droga mentre io ho deciso di essere produttiva. Per me solo la cannabis è in grado di farti ritrovare la realtà perduta ed aiutarti a risolvere i tuoi problemi… non si parla di distrazione chimica.
Tutti i disegni sono di Francesca Arri.