PLEASE DON’T TELL #3

FEDERICA FIUMELLI

Istruzioni per l’uso: Scegliete un manuale o un libro di storia dell’arte, lasciatelo cadere su un piano. Esso si aprirà come fato vuole. Osservate l’immagine. Ecco ora sedetevi e iniziate a immaginare quello che osservate. Preferibilmente da consumarsi con un drink ghiacciato.


Francesco Hayez, La Meditazione, 1850

Questa volta sei in ritardo. Ma il libro si è aperto lo stesso. Mi è caduto sul piede. Quando senti dolore ti accorgi di essere vivo. Verità.

Ma come sempre tendiamo a perderci in quell’attimo. 

Stavamo dicendo che il libro si è aperto, e anche questa volta mi chiederai perché.

Beh fatale. Oggi voglio essere spregiudicata e incredibilmente forte.

Ordino un Americano.

Il bitter e il vermouth rosso mi fissano. Anche la fettina di arancia come amabile decoro si ancora lì a fissarmi. Non mi sono mai piaciuti insieme quei tre. Ma che diamine sto parlando con il mio drink.

Un passo per volta.

Mando giù il primo sorso, strizzo gli occhi e mi lascio convincere dal sapore.

Questa volta si tratta di Hayez.

No Dio santo, non il bacio, altrimenti avrei ordinato una Pina Colada.

Il libro che ci è caduto sul piede destandoci dal torpore domenicale si è aperto a noi su “La Meditazione” di Francesco Hayez del 1850, giusto una decina di anni prima dall’ipotetica variazione del Milano Torino tramutatasi nel nostro Americano.

In realtà “La Meditazione” avrebbe dovuto chiamarsi “L’Italia del 1848”- un’allegoria dipinta dell’Italia afflitta dai moti risorgimentali – un’Italia frammentata, divisa, quasi persa, non distante, a dispetto del tempo, da quella di oggi.

Rappresentante e protagonista egregio del melodramma italiano Hayez non poteva non mostrare nel suo manifesto Romantico l’esangue bellezza messa in contrappunto da un’oscurità tosta da glissare.

Ma il drappo latteo che avvolge e mostra il corpo nudo e allo stesso tempo peccaminoso e immacolato – trafigge quell’abisso.

La donna in trono quasi ci sfida con il suo sguardo a mezz’asta.

Ma “La Meditazione” è sangue, lotta, disperazione, illogica resistenza, sapere, fede, speranza, sessualità, seduzione, sconvolgente bellezza, possessione, morte e rinascita.

E Hayez ci regala tutto questo in un concentrato di tela, come una fettina di arancia pronta a lottare per la sua legittimità.

“La Meditazione” non ci sta a bordo bicchiere, ma con estrema audacia ci allatta e ci prende per mano. Sentiamo la stretta con la stessa veemenza con la quale la donna sorregge la croce pronta a risorgere.

Hayez ha preso in prestito la grazia e il velluto dalla Velata di Raffaello e ci ha regalato un’immagine di una contemporaneità assoluta, l’ha bagnata, tocciata, battezzata in un lago di vermouth rosso – per renderla così spregiudicatamente amara. 

Perché amaro è chi lotta con tenacia. 

Oggi, come donna e come essere umano voglio essere rappresentata da questa Italia, da questa Meditazione, lontana da ogni stereotipo logoro e battuto, tra brutti dibattiti televisivi o articoli stampati.

Tutti ci parlano di bellezza, ma mai di autenticità. 

La pittura di Hayez nel suo essere così teatrale ci sa trafiggere di verità, di inedita tensione sentimentale. Ci educa alla cruda maestosa emozione.

Forse è un inganno, ma lo accettiamo perché la seduzione di quel temperamento, anche se iperbolico ci arresta. Uno dei sensi profondi dell’essere pittura.

“La Meditazione” è pittura, ma anche corpo, invitante al tal punto che per empatia ci entriamo dentro metaforicamente con lo sguardo, come esploratori edulcorati – come nella celebre scena in bianco e nero del film drammatico “Parla con Lei” di Pedro Almodóvar – abbiamo bisogno di sentire.

Sentire un orgasmo. Sentire la morte. Curioso come di fatto i francesi lo chiamino “petite mort”.

“La Meditazione” è l’intenso, intensamente sentito.

Allora nel jukebox della mente partono questi versi di un altro italiano melodrammatico, siamo nel 1976 con Riccardo Cocciante:

Perché Margherita è dolce, perché Margherita è vera

Perché Margherita ama, e lo fa una notte intera

Perché Margherita è un sogno, perché Margherita è il sale

Perché Margherita è il vento e non sa che può far male

Perché Margherita è tutto

Versi di una sensualità commista a tragedia, come Hayez ha dipinto anche in un’altra donna, nell’ ”Accusa segreta” del 1848 dove una vendetta d’amore tra intrighi e tradimenti si consuma nelle trasparenze del velo nero al sapore di liquirizia e latte. Contrasti di sapori e contrasti tonali riflessi dall’incarnato di porcellana e la severità dei tessuti.

Ma il jukebox non si arresta e questa volta si ferma ad oggi, all’ultimo brano di Rappresentante di Lista, “Alieno”:

Sono più forte del piacere

Sono l’amore

Sono più forte dell’amore

Sono il dolore

Sono più forte del piacere

Sono l’amore

Sono più forte del dolore

Sono la Meditazione, eternamente posseduta dal dramma. 

Ma non ditelo in giro, che convincendomi del sapore di un Americano vi ho parlato di Francesco Hayez.

Raffaello Sanzio, La Velata, 1515
Gif dal film “Parla con lei”, Pedro Almodòvar , 2002
Francesco Hayez, Accusa Segreta, 1848
Francesco Hayez, Accusa Segreta, 1848 – dettaglio