MICHELA ZANINI X VIRGINIA VALLE
Michela Zanini è un’artista, classe 1996, che nei suoi lavori riesce a coniugare l’amore per i materiali più tradizionali a tematiche contemporanee. Allieva di Vittorio Corsini all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 2017 ha fatto conoscere il suo lavoro grazie alle diverse mostre cui ha preso parte. L’ultima è stata proprio qui a Torino, all’Accademia Albertina, in occasione di Building a new world, Premio Nazionale delle Arti.
Abbiamo chiacchierato un po’ sul suo percorso di studi e sull’evoluzione della sua produzione. Questo è quello che ne è emerso.
V.V.: Il tuo percorso artistico è stato molto coerente, dopo un diploma al liceo artistico hai proseguito con 5 anni all’Accademia di Belle Arti di Brera, frequentando l’indirizzo di Scultura. Come hai vissuto questo percorso? Ritieni che l’accademia ti abbia aiutata nello sviluppo della
tua pratica?
M.Z.: Dopo il liceo la scelta di proseguire gli studi in accademia è stata immediata. Mi era molto chiaro che ciò che più amavo fare era il lavorare fisicamente la materia e quindi ho scelto di iscrivermi al corso di Scultura. L’accademia mi ha aiutata soprattutto nel comprendere che non vi è separazione tra il momento ideativo e quello esecutivo dell’opera, che solo immergendosi nel lavoro in studio e confrontandosi poi con l’esterno si può far crescere la propria ricerca artistica.
V.V.: Hai scelto l’Accademia di Brera come luogo dei tuoi studi, è una scelta che rifaresti?
M.Z.: Arrivata alla fine di questo percorso mi sento di dire che, nonostante Brera abbia sollevato molte mie insicurezze, è una scelta che rifarei perché è un ambiente che mi ha sempre permesso di vivere liberamente la mia creatività, senza impormi vincoli di alcun genere.
V.V.: Negli ultimi anni hai lavorato sui frattali, come nel tuo ultimo lavoro Frangisole o anche sulla proliferazione di creature infestanti e sgradevoli come le muffe e i batteri, riuscendo tuttavia a renderli preziosi, in lavori come Spore o Mucillagini.
Come mai hai deciso di approfondire questi temi? Ci racconti come si è sviluppata la tua ricerca artistica in questi ultimi anni e da dove sei partita?
M.Z.: Il tutto è nato da un interesse che ho sempre avuto nei confronti della geometria solida.
Cubi, parallelepipedi, piramidi, tornano ciclicamente nei miei lavori e anche quando cerco di prendere una nuova strada, questi elementi tornano a me seguendo nuove vie. Lavorando con i frattali mi sono progressivamente liberata di quella rigidità della forma che viene solitamente associata al mondo geometrico-matematico e il mio sguardo si è spostato verso la realtà naturale che ci circonda ma che noi non riusciamo a percepire, ovvero il microcosmo. Impreziosire e dare
dignità scultorea a ciò che solitamente non vediamo, o a cui non prestiamo attenzione, è per me un modo di riconsegnare alla natura quella materia che essa stessa ci dona.
V.V.: I materiali che utilizzi nella realizzazione delle tue opere sono i più classici: marmo, legno, granito… Come mai hai scelto di lavorare con materiali così tradizionali?
M.Z.: Mi sono avvicinata a questi materiali al primo anno di accademia, con una certa curiosità, forse appunto per il loro essere tradizionali e per lo stretto legame che mantengono con la natura da cui provengono. Il blocco di marmo cavato da una montagna, il tronco di un albero segato in un bosco. Affrontare direttamente questi materiali è la pratica che più mi fa sentire vicina alle mie opere.
V.V.: Pensi che questa scelta possa ancora avere un senso nel contesto artistico contemporaneo?
M.Z.: Non credo ci siano materiali con un senso o senza senso rispetto alla contemporaneità.
Materiali tradizionali e materiali di recente invenzione possono secondo me convivere nell’arte contemporanea e anzi molto spesso i lavori che mi colpiscono maggiormente sono quelli che vivono grazie a questa relazione tra nuovo e antico.
V.V.: Sappiamo che vivi a Crespiatica, un piccolo paese in provincia di Lodi, immerso nella natura. Questo ambiente ha o ha avuto delle influenze sul tuo lavoro?
M.Z.: Solo recentemente mi sono trovata a riflettere sul rapporto tra il luogo in cui vivo e il mio lavoro e mi sono resa conto che sì, spesso è la natura che vedo ogni giorno a dare vita a nuove idee e progetti o a farmi riflettere su quello che ho già fatto.
V.V.: Tra le mostre in cui hai esposto i tuoi lavori figurano Passion for the path of art a cura di Ilaria Bonacossa, presso la Cardi Gallery e Ecoismi: dell’acqua, della luce e del caso, a cura di Grazia Varisco e Ylbert Durishti al parco dell’Isola Borromeo, Cassano d’Adda. Due spazi espositivi agli antipodi. Dove credi che le tue opere siano state meglio valorizzate?
M.Z.: Sono state due mostre molto differenti, così come le opere che ho esposto, non mi sento quindi di dire dove siano state più o meno valorizzate. Le opere che ho esposto per Passion for the path of art erano due frammenti della mia ricerca personale che sono stati ospitati in un luogo istituzionale dell’arte, una galleria. E lì, durante l’evento, hanno avuto il loro tempo e il loro spazio per poter parlare al pubblico.
Fragisole, invece, l’opera che ho realizzato per Ecoismi: dell’acqua, della luce e del caso, è nata specificatamente per il Parco Isola Borromeo e lì ha vissuto per i mesi della mostra, interagendo con le persone e la natura del luogo. A una lunga fase progettuale è seguita la realizzazione e installazione nel parco, una meravigliosa esperienza in cui mi sono sentita realmente parte del progetto.
V.V.: Dal 20 al 26 luglio hai anche svolto una residenza presso lo spazio Non Riservato a Milano. Ci racconti qualcosa di questa esperienza e del progetto che hai sviluppato durante questa settimana?
M.Z.: Durante la residenza ho lavorato con Andrea Como all’interno di un ambito che interessa a entrambi, ovvero la modellazione digitale e la stampa 3D.
Arrivati da Non Riservato ci siamo subito proposti di lavorare sullo spazio in cui ci trovavamo e in particolare sulla luce che filtrava dalle vetrine e invadeva gli ambienti interni. Il risultato del nostro lavoro è stata una serie di bassorilievi creati con una stampante 3D a filamento. Partendo da alcune fotografie del luogo, tramite l’algoritmo di un software di modellazione digitale, abbiamo estrapolato i fasci luminosi e gli abbiamo dato un corpo nel reale. Il nostro obiettivo è stato quello di creare immagini tridimensionali istantanee in cui si percepisse la forte presenza fisica della luce e dei suoi spostamenti. Sono molto soddisfatta di questa esperienza e sono certa che non appena ci sarà la possibilità io e Andrea esporremo il progetto al pubblico.
V.V.: Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi nuovi lavori?
M.Z.: In questo momento sto riflettendo molto sul rapporto tra artificio e natura, inserendo nel mio lavoro materiali che non ho mai utilizzato, come ad esempio l’alluminio, e cercando di scardinare quelle che fino a ora sono state le mie modalità.