UOMO E NATURA – CONVIVENZA E SOPRAVVIVENZA

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LUCA PETTI X LIDIA FLAMIA

Luca Petti (Benevento, 1990) vive e lavora a Milano. Dopo la laurea magistrale in Arti Visive indirizzo Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera (Milano), dal 2018 è docente di Tecniche della scultura presso l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia. 

La sua ricerca si struttura a partire dall’osservazione del mondo animale e vegetale su cui si inserisce una riflessione sulle dinamiche che caratterizzano il contemporaneo.

Tra le mostre principali si segnalano “Nature is our gardener. Relazioni Simbiotiche”, mostra personale a cura di Letizia Mari (2019), Galleria Marrocco; nel 2017 il progetto collettivo PLLLLA PLLLLA (maybe plants platform), presso La Cattedrale Studio, Milano; la partecipazione a CONTEXTO nel 2016, un progetto di Casa Testori, a cura di Marta Cereda, Davide Dall’Ombra e Giuseppe Frangi, presso Edolo, e nello stesso anno la partecipazione agli ACADEMY AWARDS, un progetto curato e sviluppato da ViaFarini, Fabrica del Vapore, Milano. Dal 2013 presso Arte Sella (Trento) è presente l’opera permanente “Transizioni”. 

Luca Petti, Transizioni (installation view) Materiali legno e ferro, misure ambientali,2013, crediti fotografici Giacomo Bianchi - courtesy of the artists
Luca Petti, Transizioni (installation view) Materiali legno e ferro, misure ambientali,2013, crediti fotografici Giacomo Bianchi – courtesy of the artists

Lidia Flamia: Parliamo un po’ della tua formazione e del tuo percorso artistico. Ti sei laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, in Arti Visive dipartimento Scultura. Nel 2013 hai esposto ad Arte Sella, successivamente nel 2016 hai vinto un bando per la residenza agli Academy Awards di ViaFarini a Milano, inoltre hai partecipato nel Settembre del 2018 alla Biennale di Architettura di Venezia nel padiglione della Lituania. Raccontaci l’esperienza più incisiva. 

Luca Petti: L’esperienza più incisiva di certo è stata quella meno recente, mi riferisco ad Arte Sella. Il periodo di residenza passato in valle Malga Costa e l’installazione dell’opera Transizioni è stata precoce e impegnativa. Nel 2013 avevo 23 anni, il lavoro che avevo progettato aveva diametri che si sviluppavano tra i 2,50 e i 5 metri. Come dicevo poc’anzi, il percorso di installazione è stato accompagnato da una residenza di due settimane che ho avuto il piacere di condividere con l’artista tedesco Roger Rigorth con il quale si è attivato un fertile scambio. In quell’occasione ho avuto la fortuna inaspettata di avere al mio fianco figure professionali che mi assistevano e collaboravano con me al montaggio dell’opera; non è stato facile capire come coordinare un team di lavoro: è stata un’esperienza formativa a tutto tondo. 

L.F.: Nella tua prima personale Nature is our gardener. Relazioni simbiotiche, a cura di Letizia Mari, presso la Galleria Marrocco a Napoli, hai realizzato Symbiotic Relationships –  un’esposizione costellata da isole di argilla crepata da cui emergono ibride coppie di sculture minimaliste – sculture di spinosa aggressività formale e cromatica, che sollevano il confronto dialogico tra Uomo e Natura. Raccontaci il tuo approccio site-specific. 

L.P.: L’idea delle isole di creta si è sviluppata a partire principalmente da due osservazioni. Fin dai primi dialoghi con Letizia Mari, ho sempre espresso la mia volontà di creare un’installazione contigua, che si sviluppasse attraverso l’insieme delle parti piuttosto che tramite il singolo pezzo. L’ambiente scaturito, si riferisce all’immaginario desertico della Death Valley Californiana, la creta ha continuato a disidratarsi e modificarsi per tutta la durata dell’esposizione. In secondo luogo, ho dovuto confrontarmi fin dai primi sopralluoghi con la complessità del pavimento della Galleria Marrocco: un maiolicato geometrico settecentesco di colore blu e giallo. Le mie sculture così sottili, avrebbero rischiato di perdere la loro potenza, inghiottite dal disegno del pavimento. Le isole di creta creavano un forte contrasto con le maioliche del palazzo partenopeo, valorizzando allo stesso tempo tutti gli elementi, lo spazio e le sculture. Non ho mai pensato di esporre singolarmente Symbiotic realtionships, poiché si prestano a mostrarsi come campo di relazioni; per questo motivo, la loro esposizione in accordo con la curatrice, è stata pensata nell’insieme, come la manifestazione di un habitat, per niente statico, ma piuttosto dinamico. 

Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS I, acciaio extramirror floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide - courtesy of the artists
Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS I, acciaio extramirror floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide – courtesy of the artists
Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS - serie, metallo floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide - courtesy of the artists
Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS – serie, metallo floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide – courtesy of the artists
Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS - serie, metallo floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide - courtesy of the artists
Luca Petti, SYMBIOTIC RELATIONSHIPS – serie, metallo floccato con polvere di tessuto colorato, 2019, photo credits Sara Davide – courtesy of the artists

L.F.: La sintesi formale trae origine da uno studio approfondito sul mondo vegetale ed animale? 

L.P.: L’incontro-scontro continuo tra il mondo vegetale e animale è uno dei punti fondamentali della mia ricerca. La mia pratica si sviluppa attraverso l’analisi di questi due universi paralleli, allo scopo di rintracciare le coordinate primarie, le forme che accomunano questi mondi, in un’intersezione continua tra forme di vita. È sorprendente pensare come alcune piante ed animali appartenenti allo stesso territorio si sviluppino secondo geometrie simili, che vengono applicate a funzioni diverse. Un esempio è quello del boa del Madagascar e della pianta pachypodium, entrambi endemici della regione. 

L.F.: Quando l’artista mira a produrre un’opera, deve affrontare un materiale. Esistono tanti materiali che stimolano in maniera diversa la nostra sensibilità – perché la scelta di creare Symbiotic Relationships utilizzando il metallo floccato con polvere di tessuto colorato? 

L.P.: La polvere di tessuto è un materiale molto particolare, poiché ha un sua precisa consistenza. Attraverso il processo di floccatura, viene spezzata la severità del metallo con cui sono forgiate queste sculture di natura aggressiva. La superficie ottenuta simula quella di piante e animali. La polvere di tessuto possiede una gamma cromatica che restituisce una sensazione di morbidezza che contrasta con l’aggressività della forma. I colori densi si differenziano dal pigmento poichè il pelo conferisce struttura e profondità. Le cromie del gruppo scultoreo sono state scelte dopo uno studio sui colori di avvertimento utilizzati da entrambi i mondi – vegetale e animale – per compiere determinate azioni durante il ciclo di vita: attacco, difesa, riproduzione. 

L.F.: Invece nella serie New Solution hai sperimentato le proprietà chimiche e atomiche del solfato di rame… Come descrivi il piacere provato in questa sperimentazione? 

L.P.: Il piacere che scaturisce dal compimento di questo tipo di lavoro è sempre accompagnato dalla lotta. È da anni che sperimento con il solfato di rame ed è sempre difficile gestire il materiale. Devo ammettere che in questo caso specifico, non sono completamente padrone delle scelte che compie la materia, ma questa tensione continua è quello che mi sprona a ricercare ed ottenere risultati sempre nuovi; è un materiale a cui sono particolarmente legato fin dall’infanzia, per il suo uso come antisettico nelle coltivazioni. 

L.F.: Uomo e Natura: convivenza e sopravvivenza. La tua ricerca artistica si orienta verso un discorso di sensibilizzazione ambientale, estremamente attuale. 

L.P.: Gli studi che compio pongono in evidenza alcune tematiche e controversie. Attraverso questa esaltazione, questa aggressività, queste forme per un certo verso taglienti, cerco di ribaltare la logica, portare al centro ciò che fin ora è stato marginale, come in Nature is our gardener o come nella scultura LPS. Quest’ultimo lavoro del 2014, ragionava sul rapporto tra uomo e natura attraverso il limulo, un fossile vivente che è attualmente vampirizzato e sfruttato dall’uomo per il suo sangue di colore blu, utilizzato in campo medico per testare la sterilità delle protesi. 

Luca Petti, LPS (installation view details), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014, crediti fotogrfici Mattia Pastore - courtesy of the artists
Luca Petti, LPS (installation view details), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014, crediti fotogrfici Mattia Pastore – courtesy of the artists
Luca Petti, LPS (installation view Front), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014, crediti fotogrfici Mattia Pastore - courtesy of the artists
Luca Petti, LPS (installation view Front), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014, crediti fotogrfici Mattia Pastore – courtesy of the artists
Luca Petti, LPS (installation view lateral), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014 crediti fotografici Mattia Pastore - courtesy of the artists
Luca Petti, LPS (installation view lateral), acciaio armonico e materiale tassiodermico, 200 cm x 10 cm x 20 cm, 2014 crediti fotografici Mattia Pastore – courtesy of the artists

L.F.: La Natura giunge all’espressione e arriva a manifestarsi nell’opera d’arte. È come se fosse la Natura a volere l’opera che si vuole nel creatore, come se il desiderio della Natura si riversasse nel desiderio di fare. 

L.P.: Il concetto che vuoi esprimere è molto poetico ed interessante, ma il mio lavoro nasce dalla ricerca, dallo studio, dalla costanza, e soprattutto dall’osservazione. Quello che realizzo in fin dei conti, pone in evidenza ciò che è già dato, ciò che costruisce la nostra quotidianità. L’obiettivo è quello di portare alla luce relazioni, immagini, forme che costituiscono la vita che ci circonda. 

L.F.: Se dovessi scegliere un luogo in cui realizzare un’opera site-specific, quale sarebbe? 

L.P.: Non c’è un luogo prediletto per una possibile installazione, mi piace sperimentare e confrontarmi con luoghi sempre diversi, che hanno le loro complessità. Questo di certo mi sprona a creare connubi alternativi. 

L.F.: Progetti futuri? 

L.P.: Sicuramente quest’anno ha messo tutti a dura prova, tra progetti annullati o posticipati e ritmi di lavoro diversi. Il 2020 per me si chiuderà con la partecipazione a dicembre ad Art Verona insieme alla Galleria Marrocco.