(DE)COSTRUIRE IL LINGUAGGIO: NUOVE GEOGRAFIE IDENTITARIE

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TERESA GARGIULO X VIRGINIA VALLE

Teresa Gargiulo (Vico Equense, 1996) sviluppa la sua pratica artistica prevalentemente attraverso la scrittura, il disegno, la documentazione fotografica e la scultura; concentrando la sua attenzione sulle tematiche legate al linguaggio, alla geografia e al potere evocativo della parola. “Una sperimentazione linguistica che pone l’accento sulle possibilità di trasformazione della lingua, intesa come un materiale plasmabile da cui partire per arrivare a una forma altra” come afferma lei stessa. 

Vincitrice del premio JaguarArt nel 2020, ha partecipato quest’anno alla sua prima personale Come disegnare un’isola alla galleria Tiziana Di Caro a Napoli. 


V.V.: Nel tuo lavoro il linguaggio diventa un materiale plasmabile, un mezzo per la continua costruzione e decostruzione del reale. Il significante prende spesso il sopravvento sul significato ed è così che vediamo segni e grafemi che si aggregano a formare isole fittizie come quella di Ruenmp: how to build it (2020) o particolari geografie come in senza titolo (viaggio in Italia) (2020). Come nasce questo interesse?

T.G.: L’interesse per la lingua e il linguaggio è in realtà sempre stato molto presente nella mia vita ed è cresciuto e maturato durante gli studi al liceo linguistico: allora mi incuriosiva molto la possibilità di costruire un discorso in un’altra lingua o di perdermi nei suoni di quelle che ancora non conoscevo bene fino a farmi trascinare in questi immaginari lontani che sembravano irraggiungibili e che mi spingevano a fingere un accento che non avevo solo per poterne far parte. Mi interessavano anche le traduzioni, soprattutto per il dover operare una trattativa che a volte si concludeva in una perdita e di questo processo mi affascinava l’immaginare dove andassero le parole che non superavano il passaggio da una lingua all’altra – mi dicevo che restavano sospese per qualsiasi necessità futura.

Nel momento in cui mi sono avvicinata all’arte è stato naturale che il linguaggio diventasse centrale anche nella mia ricerca, in un crescendo che è passato da poche e selezionate parole affiancate alla materia fino ad arrivare ai lavori più recenti in cui è protagonista.

Quello che mi interessa è sia la sua struttura compositiva, cioè com’è fatta e costruita una lingua, sia il suo potere evocativo, ovvero la capacità di operare una traduzione dal concreto all’astratto permettendo alle parole scritte di evocare determinate immagini mentali.

In questo senso il linguaggio diventa una materia plasmabile perché mi permette di assemblare insieme le sue componenti sia per stravolgerne il significato finale attraverso accostamenti inusuali, sia per ottenere al contrario un risultato nitido tramite accostamenti calcolati e utili a veicolare un determinato messaggio. 

Teresa Gargiulo, Ruenmp: how to build it | 2020 | stampa su carta, gessetto, pp trasparente | cm 13×20
Photo © Danilo Donzelli, courtesy l’artista e Galleria Tiziana Di Caro
Teresa Gargiulo, senza titolo (viaggio in Italia) | 2020 | stampa su carta comune | cm 128×89.3
Photo courtesy: l’artista

V.V.: Anche occhio e non quello che vi riposa (2020-in progress) e La ménagère (2020) hanno come focus principale il linguaggio. In questo caso ti sei resa tu stessa autrice di alcuni testi che vanno a costituire le opere. Mi racconti meglio questi lavori e il ruolo che ricopre in questo caso il linguaggio?

T.G.: Sia “occhio e non quello che vi riposa” che “La ménagère” sono due libri d’artista in cui però il linguaggio svolge un ruolo differente.

“La ménagère” prende avvio dalla scoperta di un testo del XIV secolo dal titolo “Le Ménagier de Paris”, un trattato scritto da un borghese parigino su richiesta della sua giovane sposa in cui lui le insegna come essere una brava donna, una brava moglie e una brava padrona di casa; dopo aver letto di questo trattato in diversi saggi sono riuscita a recuperarne una copia in francese e, studiandolo attentamente, mi sono resa conto che altro non era che un manuale di economia domestica, diviso per ambienti, in cui questo marito descriveva minuziosamente alla moglie come si sarebbe dovuta comportare e cosa avrebbe dovuto fare in diverse occasioni.

Da qui parte il mio lavoro: sul modello di quello stesso manuale, ho scritto un testo che potesse essere una guida comportamentale per gli uomini, sia in casa che fuori casa, sfruttando il punto di vista privilegiato di una donna che sa effettivamente di cosa parla.

In questo contesto quindi il linguaggio diventa il vero protagonista del lavoro, strumento espressivo che permette di scardinare una delle narrazioni del potere e di porre l’accento su dinamiche che devono essere quotidianamente rimesse in discussione: appropriandomi di uno strumento tipicamente maschile quale può essere la stesura di un manuale di comportamento, ho sviluppato una diversa narrazione della contemporaneità.

Questo capovolgimento della prospettiva inizia già dal titolo, per cui ho usato la declinazione al femminile della parola francese “ménagier”; inoltre è stampato in copertina in modo da essere perfettamente allineato al titolo originale presente in sovraccoperta (che riprende la prima di copertina della prima edizione a stampa del volume). La scelta non è casuale in quanto la traduzione cambia anche il senso delle parole: al maschile infatti è riportato come “buon uomo” o “governante”, mentre al femminile come “casalinga” o “domestica”: ancora una narrativa del potere che vorrebbe le donne al servizio degli uomini e impiegate in lavori domestici.

Il linguaggio assume poi un ruolo totalmente diverso in “occhio e non quello che vi riposa” perché in questo caso il testo serve da raccordo alle due parti illustrate: i disegni ad esso antecedenti riportano infatti la carta da parati della mia stanza a Vilnius, mentre quelli successivi riportano alcune parti (ingrandite e decontestualizzate) degli alberi che vedevo dalla finestra. Attraverso la parola ho cercato quindi di mettere in relazione e far emergere una serie di dicotomie (soggetto-oggetto, vedere-essere visti/e, interno-esterno) che sto indagando in questa ricerca di cui il libro costituisce il primo capitolo e a cui fanno seguito una serie di sculture e una documentazione video.

Teresa Gargiulo, occhio e non quello che vi riposa | 2020 | stampa a getto d’inchiostro su carta 300gr, elastico, busta in pp trasparente | cm 13×20 – Photo courtesy: l’artista
Teresa Gargiulo, occhio e non quello che vi riposa | 2021 | pastelli e matita su carta Modigliani 260gr | cm 33×48 ciascuno, senza cornice (con cornice: cm 37×52 ciascuno)
Photo courtesy: l’artista
Teresa Gargiulo, La ménagère (libro d’artista) | 2020 | stampa su carta 90gr, 100gr | cm 13×18
Photo courtesy: l’artista

V.V.: Nell’opera grafemi per le mani, fonemi per le orecchie (2019-2020) ti sei focalizzata sul suono, sull’espressione sonora del grafema: il fonema, dimostrando come attraverso la lingua tutti noi veniamo profondamente influenzati e di come cambi la nostra visione del mondo e addirittura la capacità di pensare. Come si compone quest’opera?

T.G.: “grafemi per le mani, fonemi per le orecchie” è un progetto a cui ho iniziato a lavorare dopo che mi è stata fatta notare la differenza che esisteva tra la me che parlava in inglese e quella che invece parlava in italiano; utilizzando questa considerazione strettamente personale come punto di partenza, sono arrivata ad una che invece può valere a livello universale: la lingua influenza profondamente noi come persone, il nostro modo di rapportarci agli altri e alle altre e la nostra capacità di pensare.

Per questo ho portato avanti una ricerca proprio sulla lingua e sulla sua struttura facendo poi emergere i fonemi, ovvero le minime unità espressive che permettono l’articolazione sonora delle parole.

Il lavoro si presenta nella duplice natura di libro d’artista e installazione a parete.

Il libro si compone di due parti: una in italiano e una in inglese, ciascuna capovolta rispetto all’altra, e raccoglie tutti i fonemi di entrambe le lingue (uno per pagina) accompagnati da una parola che ne permetta la fruizione.

L’installazione invece di compone di 180 fogli che seguono lo stesso schema (un fonema e la rispettiva parola per singola pagina) e che rendono il lavoro un grande alfabeto in cui la resa grafica di un suono si sostituisce alla lettera finita. Avere le pagine una di seguito all’altra, con alcune ripetizioni e un passaggio immediato da una lingua ad un’altra invita alla lettura e crea anche, in chi guarda e legge, una sensazione di spaesamento, un cortocircuito che evidenzia sia quelle modifiche comportamentali che avvengono inconsciamente quando si parla una lingua diversa dalla propria, sia quella variazione di percezione che le altre persone hanno di noi quando interagiamo in una lingua che non è la nostra.

Teresa Gargiulo, grafemi per le mani, fonemi per le orecchie | 2020 | stampa su carta 100gr | 180 fogli, cm 13.5×20 ciascuno (dimensioni totali: cm 280×204)
Photo © Danilo Donzelli, courtesy l’artista e Galleria Tiziana Di Caro
Teresa Gargiulo, grafemi per le mani, fonemi per le orecchie (libro d’artista) | 2019 | stampa su carta 100gr | cm 12×18
Photo © Danilo Donzelli, courtesy l’artista e Galleria Tiziana Di Caro

V.V.: Un’altra riflessione che si ritrova spesso nelle tue opere è quella sul modo in cui percepiamo le immagini, sulla soggettività della visione. Come si concretizza questa ricerca nella tua produzione?

T.G.: Questa riflessione trova concretezza in un’estetica decisamente minimale e nitida, fatta di pochi segni precisi che catturano lo sguardo di chi guarda; in questo modo lo scambio di informazioni tra il lavoro e lo spettatore/la spettatrice avviene senza interferenze: così l’attenzione è rivolta al significato, che permette a chi guarda di conoscere nuove prospettive o riconoscerne di già conosciute.

V.V.: L’opera che mi ha più colpita scorrendo il tuo portfolio è stata senza titolo (come costruire un mammut) (2020) in cui indaghi il concetto di sistema come risultato di una molteplicità di parti connesse e interagenti tra loro e applichi questa macrostruttura alla parola e alla corrispondenza tra significanti e significati. Ho trovato particolarmente interessante questa trasposizione dal linguaggio all’immagine. Com’è nato questo lavoro e quali pensi possano esserne gli sviluppi?

T.G.: Il lavoro nasce in seguito alla costruzione-decostruzione-ricostruzione del modellino effettivo: in un primo momento ero curiosa di vedere come si montassero i pezzi e quale fosse l’aspetto finale del tutto. Dopo aver capito questo l’ho smontato per tracciare i contorni di ciascun pezzo e l’ho rimontato: l’insieme funzionava di nuovo. In quel periodo poi mi ero avvicinata alla semiotica quindi l’operazione di traduzione mi è sembrata efficace: i pezzi stilizzati del modellino riportano ciascuno informazioni essenziali per l’assemblaggio, la comunicazione e la comprensione finale dell’insieme allo stesso modo in cui un segno riporta insieme significato/significante per formare elementi di senso.

I pezzi incastrati insieme si comportano come una parola formata da lettere assemblate insieme e, riletto con una certa distanza, il lavoro può essere la trascrizione di un alfabeto che va a comporre un testo finale: il disegno di un mammut ripreso da uno studio dell’Ottocento sugli animali preistorici.

Considerando ciascun pezzo come una lettera, il testo finale può variare di volta in volta permettendo al lavoro di essere un continuo divenire: l’installazione finale è infatti modulabile e ogni volta ammette insieme più o meno pezzi risolti sempre nel disegno-testo del mammut.

Teresa Gargiulo, senza titolo (come costruire un mammut) | 2020 | stampa su carta cotone 220gr | cm 13×18 ciascuno, senza cornice (con cornice cm 15×20 ciascuno, dimensioni totali: variabili in quanto il lavoro è modulabile)
Photo courtesy: l’artista

V.V.: Qual è invece l’opera che ti sta più a cuore? Se ne puoi scegliere una.

T.G.: Ruenmp è sicuramente il progetto a cui ad oggi tengo di più!

Soprattutto perché mi ha permesso di affrontare il linguaggio in modo pratico visto che ho studiato ed elaborato una lingua specifica per la geografia che ho costruito, che diventa in questo modo pretesto per la sua esistenza e palcoscenico dove il parlarla viene messo in atto. Così questa lingua diventa una materia viva per la comunicazione e lo scambio e attraverso il kit (pensato appositamente per costruire l’isola) chiunque può diventarne abitante, veicolando attraverso le parole tutta una serie di valori che sono propri alla società di Ruenmp: il kit (ovvero il lavoro “Ruenmp: how to build it”) infatti è dotato di una cartolina, un gessetto, una mappa, un poster e un vocabolario sotto forma di codice QR. Attivandolo si possono leggere tutte le parole che compongono questo linguaggio, parole che non hanno traduzione né significato e che proprio in questa dimensione, quella del gioco e della costruzione di un’isola fittizia, possono assumere qualsiasi altro significato.

V.V.: Hai dei progetti in cantiere per il prossimo futuro? 

T.G.: Nel prossimo futuro vorrei sicuramente completare i restanti capitoli di “occhio e non quello che vi riposa” realizzando quindi le sculture e i video, ma anche sviluppare praticamente altri lavori per cui sto iniziando a fare ricerca ora.