DANILO SCIORILLI X FEDERICO PALUMBO
La figura dell’artista è tra le più narrate – nonché speculate – della storia. Ernst Kris e Otto Kurz ci dedicano un saggio dal valore imprescindibile, La leggenda dell’artista. Qui, i due studiosi, analizzano le biografie degli artisti evidenziando tutti i vari racconti che avvalorerebbero il loro talento, sempre innato ed emerso fin dalla fanciullezza. La biografia, in sostanza, è un falso storico. Per citarne uno: Giotto in realtà era un usurario e non un povero pastorello scoperto per caso dal maestro Cimabue, mentre disegnava (ad un livello già altissimo, per altro) in un momento qualunque nei prati. L’artista mago, il divino artista che è invidiato dagli dèi per le sue caratteristiche – per l’appunto – sovrumane, sono solo alcune delle figure letterarie prese in esame in questo testo.
Il saggio sottopone alla nostra attenzione le vicende biografiche dei grandi artisti tramandate fino a noi. In maniera scientifica, insomma, vengono smontati tutti i cliché che l’artista storicamente incorpora. Ovvio, nel contemporaneo più nessuno intende l’artista come una divinità o un mago creatore, ma nonostante ciò è interessante andare fino a fondo, dentro la questione. Capire cosa ci affascina realmente della vita degli artisti. E la natura del loro talento. Nell’epoca contemporanea sono nati altri cliché: ad esempio l’artista di brand, curatore di sé stesso e imprenditore, come antitesi all’idea romantica dell’artista dandy e bohémien. Ma rimane una visione presuntuosa, che riduce una figura in realtà complessa a una categorizzazione castrante.
“La mia è una sorta di guerra contro quello che è il destino comune di ogni uomo, è una battaglia quotidiana che mi rassicura dalla discesa dell’ultimo sipario: come ogni artista, sono un guerriero, io mi vedo come Don Chisciotte. Se si potesse piegare un foglio di carta a metà per quarantadue volte si potrebbe arrivare sulla Luna ed io è diverso tempo che provo a fare proprio questo. Le scienze, l’astronomia in particolare, mi hanno sempre incuriosito”(1).
Sentirsi rappresentati e identificarsi con Don Chisciotte. Danilo Sciorilli punta, come artista, a immedesimazioni sempre più stringenti, ironiche e iconiche. Una volta Robert De Niro in Taxi Driver. Un’altra ancora un’Eroe passato alla storia. In tutte è presente un grado di finzione che si mescola con quello reale, spostando gli equilibri della nostra percezione. Anche perché realtà dell’arte e finzione della vita (o viceversa?) sono facce della stessa medaglia. Di conseguenza, i vari panni che l’artista (onnipresente, perché imprescindibile nella ‘narrazione’) assume all’interno delle proprie opere sono simbolo di un flusso continuativo fra questi binari non-paralleli, ma intrinsecamente fusi insieme.
Che assist magnifico per me, insomma. Gino De Dominicis utilizzava la figura di Gilgamesh, eroe metà uomo/metà dio in grado di offrire una strada percorribile dall’uomo ‘comune’ per arrivare all’immortalità corporea. Anche Vettor Pisani compie un’azione simile con il ‘suo’ Edipo, altro personaggio in grado di incarnare vita e morte, re ed esiliato e, soprattutto, in grado di erigersi a figura di riferimento – e sua controfigura – ancora una volta dell’uomo comune.
Penso adesso a un’opera in particolare di Sciorilli, The game of life (2019): “Il “gioco della vita” partirà […] dalla predizione del mestiere che farete da grandi: per esempio il lavavetri (da «l’appeso»), l’attrice (da «l’imperatrice»), la pornostar («il mondo») ecc. A questo punto dovreste lanciare il dado per proseguire lungo quel sentiero tortuoso e scoprire cosa vi riserva, fino alla fine. […] In qualunque caso […], prima o poi, giungerete all’ultima casella: quella nera della «MORTE»”(2).
Ripenso, allora, nuovamente a Vettor Pisani, e alla sua Opera/Opus, l’R.C.Theatrum. ‘Teatro’ utopico – tant’è vero che non può essere realizzato nella realtà fenomenica, ma solo ‘illustrato’ attraverso prove/schizzi/maquettes… – composto su due livelli ed eretto fra le acque preferibilmente di un’isola. Al di là di tutti gli innumerevoli rimandi simbolici che Pisani mette in scena, il Teatro è qui inteso come luogo iniziatico, dove il fruitore/iniziando si incammina verso la Verità. A un primo piano – buio, fangoso, edipico – ne corrisponde un secondo – luminoso, alto, epifanico – suddiviso anch’esso in due stanze colme di opere-rebus che l’iniziando deve decifrare. L’ultima ‘scena’ ha come protagonista Gio Casta, una pornostar che esegue uno striptease. Siamo pronti – dunque iniziati – per vivere in eterno.
Danilo Sciorilli si prende forse meno sul serio. Oltre ai collegamenti plausibili tra le due opere e gli elementi che si vanno a combaciare (l’appeso, la pornostar, il mondo e il cammino verso la Verità) il percorso del fruitore è inteso qui come gioco, dettato dal caso – un lancio di dadi – dove noi diventiamo sostanzialmente pedine in preda ad un disegno più grande, che non è controllabile e dove il libero arbitrio – menzogna primordiale – viene espugnato. Ad ogni modo la fine che ci accomuna, inevitabilmente, è sempre la stessa: la morte. Nessuna possibilità di redenzione, insomma; ci arrovelliamo l’esistenza attuando scelte di carriera, sentimentali o palliative che però non portano a nessun cambio di rotta. Ricordati che devi morire, recitava un film di Massimo Troisi. Ecco però che una (vera) soluzione è in grado di offrirla l’arte… e cos’altro sennò. Mica la Scienza che allunga sì le aspettative di vita, ma non riesce a donarci l’immortalità vera, suprema, come invece l’arte può fare.
Sempre rimarcando un gioco sottile ed ironico, ecco allora la mostra itinerante Immortality Super Sale (2020) (qui per poterla vedere su Vimeo), che viaggiava per le strade di Torino in cerca di acquirenti dell’elisir di lunga vita. Il meccanismo era molto semplice: chiamando il numero apposito, si sarebbe potuti diventare immortali. L’artista avrebbe infatti inserito in un’opera da lui realizzata tutti coloro che chiamavano, incuriositi dalla promessa utopica di una vita eterna: “Attorno alla questione della Morte gravita gran parte del mio lavoro. Per me speranza e illusione, riguardo la vita eterna, sono la stessa cosa non potendo di fatto verificare nessun “metodo” con il quale l’uomo cerca di non morire. Con quest’opera, lontana dal voler essere una critica a credenze religiose di qualsiasi tipo, cerco di porre un punto interrogativo su come ognuno di noi tenta in qualche modo di uscire vivo da questa vita”(3).
Ritorniamo per un attimo al saggio di Kris e Kurz: è una delle prime attribuzioni all’arte quella di poter superare la realtà fisica e corporea. Dapprima con ‘copie’ tanto vere da ingannare animali o uomini (si pensi al celebre aneddoto della mosca che cerca di posarsi su di una natura morta dipinta, invogliata dalla realizzazione perfetta della frutta). E, ovviamente, dall’eternità che un’opera d’arte può rappresentare per il soggetto raffigurato. Ecco che quindi, in estrema sintesi, l’opera d’arte può davvero provare a battagliare con la morte; rischiando di vincerla.
Sempre Gino De Dominicis constatava che il raggiungimento dell’immortalità fosse in realtà plausibile: se è lo scorrimento del tempo che provoca in noi invecchiamento e, in ultima istanza, il decadimento fisico che porta alla morte, allora, congelando e immobilizzando il suo fluire, si può raggiungere la vita eterna. Quasi un paradosso se per vita intendiamo la vita come la consideriamo noi. In realtà, l’immortalità è un concetto che ha al suo interno l’immobilità, la soppressione del tempo così come lo percepiamo noi. Ecco svelate tutte le menzogne umane e tecnologiche, palliativi e non soluzioni: la velocità e l’annullamento delle distanze, l’allungamento delle aspettative di vita, la chirurgia, e che più ne ha più ne metta… Il tempo, lo sbaglio, lo spazio, enunciava emblematicamente un’altra celebre opera di De Dominicis.
Ed il tempo effettivamente è un’altra grande tematica onnipresente nel lavoro di Sciorilli. In A Countdown (Fated, Faithful, Fatal) (qui per poterla vederla su Vimeo) e The Big Crunch, progetto realizzato al Museo del Cinema di Torino (2019), l’artista rende tutti questi discorsi palesi. E in qualche modo fonde insieme tutte le considerazioni fatte fin qui. Sciorilli si raffigura all’interno di locandine di vecchi cult, come Taxi driver, che diventa qui Artydriver – riferimento a tutti gli ‘artistuncoli’. Gli spettatori si siedono fra i seggiolini del cinema pronti a fruire il film. Sul maxi schermo è presente un conto alla rovescia. Una volta terminato il (primo) countdown, con conseguente aumento dell’attenzione da parte del pubblico voglioso e curioso dell’inizio della pellicola, eccone subito un altro. Una provocazione che in realtà svela molto di più: la consapevolezza dello spettatore del tempo reale, vitale, pesa adesso come un macigno. Realtà e finzione vengono fritte insieme per dare prova del grande spettacolo della vita, da gustare con i popcorn.
Tempo fa, parlando insieme a Davide Sgambaro del suo lavoro So long, and thank you for the fish (2019), mi venne in mente il film d’avanguardia dell’esponente lettrista Maurice Lemaître, Le film est déjà commencé (1951). In quel caso il fruitore, una volta arrivato in sala cinematografica, si accorgeva che il film era effettivamente già cominciato – come asseriva il titolo dell’opera – e non c’era modo di vederlo in maniera ‘canonica’, sedendosi sulle poltroncine e vivendolo dall’inizio alla fine. Nuovamente, l’opera di Sciorilli mi fa pensare a questo lavoro. In tutti e due i casi, inizio e fine vengono ribaltati, e ciò a cui lo spettatore assiste è in realtà alla sua di percezione e presa di coscienza di fronte al fluire del tempo. Che sia ‘terminato’ – come nel caso lettrista – o al suo ‘inizio’ – in Sciorilli – poco importa; anzi, è la stessa identica cosa.
Ancora, penso alla ‘performance’ del 1981 di Andy Warhol in collegamento (in differita e non in diretta) con il Saturday Night Live: l’artista è ripreso mentre viene truccato e parla della morte. Lo stesso make up così utilizzato è un chiaro rimando ai defunti, i quali, in America, vengono truccati per il proprio funerale. Inoltre – ed è uno ‘stratagemma’ tecnico potentissimo – gradualmente, con il passare dei secondi, la sua immagine va a sgranarsi progressivamente, facendo emergere i pixel sul suo volto, sempre più grossi e invadenti, fino a renderne illeggibile la fisionomia, decretandone la fine.
“L’arte per me è il luogo dove spettacolo e realtà si mischiano, dove la finzione smette di mentire; è dove tutto può accadere e per questo infinite versioni di me si arrovellano, sostanzialmente, per evitare la fine”(4).
“Morire è solo non essere visto”, diceva Fernando Pessoa. Siamo sicuri, allora, che Danilo Sciorilli, e tutta l’arte, non morirà mai. Ed ecco che, per citare l’opera di Danilo Sciorilli che ha realizzato per noi, come copertina del mese di Aprile: Aiutati, che io ti aiuta… e chi altro può offrirti un’aiuto reale, effettivo, se non l’Artista. Mica Dio.
(1) V. Tebala, ARTIST ON THE MOON – SMALL TALK, Anno VIII, N. 29 gennaio/febbraio/marzo 2019, in D. Sciorilli, The Big Crunch, catalogo della mostra presso il Cinema Massimo Torino, 09.04.2019, a cura di Grazia Paganelli, pp. 30-32.
(2) V. Tebala, Danilo Sciorilli. The game of life, in L. Fossati (a cura di), Mostra personale di Vitangelo Moscarda, 30.10-03.11.2019, Torino, p. 13.
(3) G. Di Pietrantonio (a cura di), Immortality Super Sale, mostra personale diffusa, 06-07/11/2020, Torino, p. 6.
(4) V. Tebala, ARTIST ON THE MOON – SMALL TALK, Anno VIII, N. 29 gennaio/febbraio/marzo 2019, in D. Sciorilli, op. cit., p. 30.