LE PIROETTE FAN GIRARE LA TESTA

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MARCO SGARBOSSA X FEDERICO PALUMBO

Il malinteso danza beato fra ciò che consideriamo canonico. Questa continua oscillazione, o tale movimento impetuoso, provoca inquietudine. Diventiamo rossi se siamo timidi. Balbettiamo. Oppure, con nonchalance, cerchiamo di andare oltre l’evento carico di incomprensione, volendo cambiare velocemente discorso, cercando di passare quanto più inosservati possibili. 

Il malinteso, l’evento sospeso – nel senso che si posiziona su di un’altra linea rispetto a ciò che ci aspettiamo accada – può portare anche allo stupore, allo scossone. Spesso il tragicomico può mietere vittime, e allo stesso tempo sedurle. Come gli incidenti automobilistici nella corsia di fianco alla nostra. 

Durante i vari confronti con Marco Sgarbossa mi fa notare come: “I lavori nascondono in bella vista componenti o procedimenti non previsti che disattendono le aspettative di una narrazione lineare”, e che gli piace: “lasciare le cose aperte ad interpretazioni e malintesi”.  Un’altra cosa che è venuta fuori parlando insieme all’artista, come se fosse un giochino, è di trovare un possibile significato – o meglio, traduzione – all’espressione (punchline), che in italiano fatica ad emergere. E che può aiutarci nell’analisi per meglio comprendere il lavoro di Sgarbossa. Insomma, qualche parola o termine emblematico che possa fare da cappello per questa scorribanda critica nebulosa. 

Provo a trovarlo: la giravolta; o la piroetta. Il termine ha al suo interno una duplice lettura: il tema del gioco — chi, da bambino non ha mai  giocato fino a perdere l’equilibrio cascando al suolo?; ancora: la perdita dei sensi, il giramento di testa prima dello svenimento o, come in questo caso, della caduta. Le piroette visive che  Sgarbossa mette in scena sono davvero in grado di far reggere l’intero impianto poetico sul quale il lavoro si erge. Tutto funziona proprio perché è presente uno sbilanciamento, ora a destra…  adesso a sinistra.  

Ecco la punchline. Lo spaesamento. La piroetta. Il giro-giro-tondo a mo’ di cantilena. Vedo emergere un altro elemento che può definire la situazione adatta per far sì che la punchline esploda nel suo significato più forte: sentirsi sotto pressione a livello fisico, ma ‘leggeri’ mentalmente. L’essere in questo stato di tensione provoca una reazione immediata, non troppo filtrata dal preconcetto o dallo studio delle probabilità. Via libera alla battuta di spirito tagliente, allo scossone e alla parola nuda e cruda, buttata fuori da una lingua liscia, senza peli o freni di alcun tipo. 

Untitled(grimace), 2020, Inchiostro e Tramadolo su carta, 42,7 x 33 cm – courtesy dell’artista

Il sorriso a trentadue denti, gli occhi felici e chiusi che lasciano intendere un interno con le pupille lucide, la testa inclinata verso l’alto… l’estasi (Untitled (grimace), 2020). Il riferimento iconografico non sarebbe nemmeno da citare: infatti Sgarbossa mi fa notare come “questo tipo di figura sia la più familiare e comprensibile forma di astrazione della figura umana della nostra epoca”. Un personaggio proveniente dall’universo fiabesco, infantile e bambinesco, che si traduce in un ulteriore rimarco – oltre la fisionomia e il linguaggio del corpo – a una sensazione di totale felicità e spensieratezza. Ma ecco la punchline: le varie e quasi impercettibili differenze che compongono i diversi disegni iniziano a insospettire più del dovuto. Una sfumatura più marcata qui; un chiaroscuro meno insistente lì. L’ago della bilancia è il composto utilizzato per la diluizione del  ‘colore’: il Tramadolo. Questo “è un antidolorifico che appartiene alla classe degli oppiacei, agisce sul sistema nervoso centrale e allevia il dolore agendo sulle cellule nervose specifiche del midollo spinale e del cervello. Oltre ad essere usato per stati di dolori acuti oppure cronici, appare farmacologicamente ed è strumentalmente simile ad altri farmaci antidepressivi. La risata sproporzionata della figura fa da contraltare e da facciata alla presenza del Tramadolo. Riverberando uno sull’altra, si influenzano a vicenda. La mimica facciale della figura viene contraddetta dall’interno attraverso l’uso del Tramadolo, che lavora al di là della superficie, a livello chimico ed emotivo”.  

Tramadolo e pigmento per Untitled(ta-da) e Untitled(grimace) – courtesy dell’artista
Delorazepam e pigmento per Untitled(delorazepam) – courtesy dell’artista

Anche l’altra serie di disegni – sempre cinque e sempre raffiguranti un personaggio proveniente dal mondo infantile e quindi da quello dei ricordi nostalgici e idilliaci – si differenzia per il medicinale utilizzato: il Delorazepam. 

Il meccanismo percettivo sul quale si reggono i due lavori è identico. La punchline è celata, nascosta. Probabilmente se non si leggessero o scoprissero i componenti utilizzati per la ‘colorazione’, come per i foglietti illustrativi dei medicinali, lo spaesamento rimarrebbe solo latente. Ma una volta individuato, accettato e abbracciato, è impossibile non riconoscergli un ruolo fondamentale. Costruttivo e corrosivo. Tutto ciò viene infatti alimentato da una realizzazione asettica, precisa e che non lascia  intravedere la mano dell’artista. Così come per i francobolli contenenti LSD, i lavori in questione nascondono un segreto: a un disegno iconico e apparentemente giocoso, corrisponde un secondo livello di comprensione acido, che non ti aspetti e che non era probabilmente previsto. Insomma, le varie vibrazioni presenti nelle due serie dei lavori possono realmente liberarsi accettando la punchline, che è – anche in questo caso – a metà fra la battuta di spirito e la presa di coscienza. 

Ciò che si sta evidenziando, insomma, sono i diversi canali che strutturano l’opera di Sgarbossa. Questi canali, o livelli, sono intrinsecamente collegati alla fruizione: a un rapido sguardo deve corrisponderne un altro più approfondito. Si viene catturati dal primo livello, forse più soft e apparentemente e maggiormente familiare, diventando consapevoli della nota che stona. Ecco la giravolta, la ripetizione e sovrapposizione dei primi significati. Il secondo livello ci arriva in faccia ed è pronto a mettere in discussione ciò che per primo aveva portato alla cattura della nostra attenzione. Badate bene: non siamo di fronte ad un annullamento di senso o a un capovolgimento concettuale. L’artista è semplicemente in grado di inscenare collisioni e battutacce. Piroette e  sprofondamenti. Il bello della battuta improvvisata dall’attore al di là del copione. 

Accidents are just a kind of surprise, 2021, exhibition view Auge project for Palazzinacatene, Venice – courtesy dell’artista
Untitled(ta-da), 2021 Inchiostro e Tramadolo su carta “Accidents are just a kind of surprise”, exhibition view, Auge project for Palazzinacatene, Venice – courtesy dell’artista
Untitled(delorazepam), 2021, Acquerello e Delorazepam su carta Accidents are just a kind of surprise, exhibition view Auge project for Palazzinacatene, Venice
ph. Michela Del Longo – courtesy dell’artista

Soft Place, mostra flash tenutasi presso Osservatorio Futura il 2 settembre durante gli eventi che hanno animato il compleanno del progetto, ricalcava proprio tali concetti. L’opera (ed unica) esposta era 3 trained dogs, 2 cameras, 1 stage, no point (soft place) (2020), la quale – forse più di  tutte le altre – si reggeva sull’invisibilità, sulla tensione e sul gioco di opposti evocati in scena. (Ne abbiamo parlato poco dell’invisibilità, per non sovraccaricare troppo il testo e, soprattutto, perché dovrebbe avere una menzione speciale, con un approfondimento che si concentra solo su di esso). Comunque, a emergere è soprattutto l’impercettibilità centrale, evidenziata tramite un escamotage tecnico. Nell’altro livello/canale dell’opera – i frames – l’uomo centralmente sdraiato  viene solo evocato, quel tanto da renderlo impercettibilmente sotto i riflettori. La violenza dei cani che abbaiano in maniera insistente amplificano lo stato nevrotico della scena. La tensione, come si suol dire, si taglia col coltello. Siamo attratti dalla scena nonostante si è consapevolmente rigidi di fronte a una violenza platealmente bloccata, ma aizzata. Ecco la piroetta di cui si è parlato. Ecco lo stordimento, ma pur sempre fascinoso.  

Il Soft Place è allora quel posto che viene a ritagliarsi fra gli spigoli dell’opera, o fra le collisioni dei significati (e significanti). Essendo una punchline, non può che essere soffice per davvero – se contrapposta a una durezza formale e/o concettuale – o irreale – giocando su uno scontro linguistico che crea, così facendo, la punchline stessa.  L’arte, dunque, pare dirci Sgarbossa, è lo scontro formale con il suo referente concettuale, che non miete vittime ma dà solamente scossoni e prese di coscienza.

Trained dogs 2 cameras 1 stage no point (soft place) (2020) Two channel video installation, Full-HD video, color, sound, 2′ 56″, installation view Osservatorio Futura
Trained dogs 2 cameras 1 stage no point (soft place) (2020) Two channel video installation, Full-HD video, color, sound, 2′ 56″, loop Still da video – courtesy dell’artista