PLEASE DON’T TELL #6

FEDERICA FIUMELLI

PREMESSA METODOLOGICA:

In quello che leggerete in questo spazio avulso non vi è metodo. Siamo immaginatori dell’arte, non vi si arrabbino gli storici o i critici, qua siamo davanti a un drink ghiacciato a parlare con un amico in un bugigattolo di un bar. Siamo intimi, colloquiali, informali, tendenzialmente narcisisti. Immaginiamo, fantastichiamo, sedotti inguaribili di immagini. Lontani dalle nozioni, immaginiamo l’immagine. Ma non ditelo in giro, perché è un segreto. Le opinioni personali non richieste sono un segreto.

ISTRUZIONI PER L’USO

Scegliete un manuale o un libro di storia dell’arte, lasciatelo cadere su un piano. Esso si aprirà come fato vuole. Osservate l’immagine. Ecco ora sedetevi e iniziate a immaginare quello che osservate. Preferibilmente da consumarsi con un drink ghiacciato.


Canditi brillanti e lingue di fuoco.

Tra una natura morta divisionista e un rogo di fiamme futuriste.

È già passato l’ennesimo anno, dopo un anno violento e tenero se vuoi.

Forse era una canzone. Poco importa, siamo qui a festeggiare il tempo che passa, ignari e ignavi, un po’ più furbi, meno ingenui – abbagliati e luccicanti – perché qualcuno ci ha insegnato che sia necessario splendere.

E splendiamo con una coppa di champagne tra le mani lisce e pallide, esili ma calde.

Emilio Longoni, Natura morta con frutta candita e caramelle, studio dal vero, 1887 – dal web

Che poi stiamo posando le nostre labbra sulla perfezione. La coppa di champagne è stata realizzata, con eccellenza, da artigiani francesi del Settecento sulle misure del seno della regina Maria Antonietta e Madame de Pompadour.

E tu mi vorresti diversa forse.

E allora chiamo in causa le donne di Boldini.

Sì proprio il sensibile Giovanni Boldini, decadente, quasi macchiaiolo sicuramente un precedessore incosciente dei futuristi. Un artista speciale, che ha fatto della sua pittura un’eloquente trattato aristocratico e borghese della moda. Ricchezza, finta ricchezza. Che importa? Ad un certo punto siamo alla deriva, e tutto diventa spettacolo. Sì Guy Debord. 

Anche lui, ci accompagna in questa serata tra le bollicine di vino francese.

Nella pittura di Boldini, tutto era movimento, prima del futurismo, lui ha anticipato quell’energia elettrica priva però di odio, inconsapevole, ma con delicato gusto estetico.

Gerardo Dottori, Incendio in città, 1926 – dal web

Un amore smisurato per i dettagli e la moda, i costumi vaporosi ed eterni, iconici e simboli di un fascino ormai perduto, infranto, andato.

Molto musicali, al limite del dramma e della teatralità, le dame Boldiniane sono avvolte da pura elettricità, moda sfuggevole, tessuti vibranti, dotati di una propria vita, impazzano cromaticamente, spezzando ogni limite o contorno.

Una schizofrenia tonale e gestuale, quasi performativa, sessuale, erotica, travolgente e spettacolare. La pittura di Boldini è tutta Es per citare Freud. 

E’ tutta battito e pulsione, la senti scorrere nello sguardo. 

Ed io vorrei incredibilmente impazzire di vita, come un fascio di luce o di grigio pallido e scorrere nel tuo sguardo o adagiarmici per sempre, in una sinfonia diafana come “La Contessa de Rasty Coricata”, vorrei che i miei peli, oggi tema ancora dibattuto al limite dell’esasperazione, fossero liberi e selvaggi, vogliosi, pronti ad accoglierti come quel seno scoperto; un promontorio ricco, d’avorio, avvolto tra fastose trasparenze leggere, come nuvole lontane, cariche di pioggia, pronte a piovere, a esplodere per te.

Giovanni Boldini, La contessa De Rasty coricata, 1880 ca. Pastelli su carta, 44,5×116,5 cm Collezione privata Courtesy Massimo Vecchia

Ma mi limito a fare l’ennesimo brindisi, e senza peli, per ora. Che poi sennò il popolo del buoncostume ancora si incazza per non aver fatto la ceretta. Che non sta bene.

Tutti paladini sofisticati del gusto, e della critica.

Ma sul serio pensate ai peli come a qualcosa di osceno?

Io invece vorrei aggrapparmi soltanto a quelle perturbazioni pittoriche, proprio come la de Rasty fa con quelle lenzuola, unico appiglio di piacere, di svago, di svacco, così sfacciato, ma pudico, reso virtuoso e immacolato dalla pittura del nostro sensibile eroe Boldini.

Vorrei essere burro, vorrei essere pastello. Più leggera tra queste alcoliche bollicine.

Vorrei esplodere di lingue infuocate e indossare anche io “La camicetta di voile”, dove la dama esplode assieme a mille piume e organze, in un orgasmo visivo di pennellate esplosive.

Giovanni Boldini, La camicetta di voile, 1906 circa – dal web

È un proto punk addomesticato, audace e classicista quello di Boldini, sa di non sapere, ma quello che conta è questa dolcezza appassionata, latente, sempre sul punto di esplodere ancora più forte. Più forte di così.

I vestiti indossati dalle attrici, dalle ballerine o dalle Contesse, non sono che accenti di voluttuosità, estensioni delle personalità dipinte, cristallizzate nella bidimensionalità della tela.

Ed io forse ho capito che donna voglio essere: irriverente, sensuale ma elegante – dalla pennellata preziosa e raffinata.

Allora dalle dame Boldiniane facciamo un salto temporale e atterriamo ad oggi, ai mondi della giovane artista contemporanea cinese: Shafei Xia.

Da pastello, voglio diventare acquarello e farmi ancora più leggera.

Shafei Xia Danza, 2020 – acquarello su carta di sandalo intelata, 755×60 cm, ph.C.Favero

Le dame di Shafei Xia, sono libere, sospese, alla carta di sandalo, soventi nude e circensi, spettacolari, Felliniane, al limite del sogno, immerse in coppe di champagne rosa.

In “Welcome to my show” la sinfonia, viene diretta e orchestrata da un figura muliebre orgogliosamente di spalle, prosperosa – che ci accoglie come una divinità leggera.

Shafei Xia, Welcome to my show, 2020, acquarello su carta di sandalo intelata, cm.99×145 – dal web

Ed io voglio essere rosso.

E voglio che tutto intorno lo sia.

Un rosso cinematografico, perturbante, egocentrico, Valentino. Imperiale.

E come si sono chiesti in molti: “non è forse l’immortalità a cui ambisce un’opera d’arte?”.

Proprio come ci ha insegnato il celeberrimo couturier con il suo rosso: 

di essere temibili, potenti e bellissime.

Dalla tenda rossa di primo novecento dipinta da Boldini, con una dama intenta a fumare e dialogare con i suoi più profondi pensieri rouge, precipitiamo nella “Danza” teatrale e grottesca di Shafei Xia – dove lo sfondo si infiamma e la pittura diviene lingua viva, pronta a giocare in una fittizia coltre di calze, gonne voluminose, seni scoperti, marionette animali – così cariche di un certo senso grottesco di smaccata matrice avanguardista europea, ma pur sempre fedeli al segno orientale, che si rende eternamente vaporoso.

Perché voglio rinascere dalla mia coppa di champagne e lustrini, e fluttuare nuda con indosso una tigre, graffiante, eterna, calda.

Elettricità.

Shafei Xia, Make warm, 2019, acquarello su carta di sandalo intelata, cm 204×120 – dal web