PRIMA DI SVANIRE

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TRE DOMANDE A NICCOLÓ CALMISTRO

Dentro al vuoto, 2019 - carta termica, ferro e vetro, 73 x 103 x 3 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Dentro al vuoto, 2019 – carta termica, ferro e vetro, 73 x 103 x 3 cm – courtesy of the artist

Federico Palumbo: Che cos’è per te il tempo?  

Niccolò Calmistro: Mi piace pensare ad un tempo universale che si sia frantumato in una miriade di tempi propri… ogni cosa ha un suo tempo. Forse un flusso fisico e mentale che accompagna ogni entità dalla nascita alla morte. Il tempo della vita. 

Il nostro tempo collettivo è determinato dalla cristallizzazione di tutte le nostre coscienze: la nostra forma mentis e il progresso a cui siamo giunti lo definiscono. Ma è anche la continua proiezione del nostro passato nel futuro. Io vi posso parlare del mio tempo e della mia percezione del tempo, e questi dipendono dalla scala, dalla misura con cui guardo la realtà che mi circonda. 

Se guardo la realtà che mi circonda in modo dettagliato e sempre più amplificato, attraverso la lente d’ingrandimento del mio sguardo, scopro una dimensione astratta e senza tempo. Se la guardo invece in modo sfocato mi accorgo che forse siamo noi, abitanti del tempo, a percepire e forse anche definire una dimensione temporale. 

Time generator, 2016 - lampada, vetro e carta termica, misure variabili - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Time generator, 2016 – lampada, vetro e carta termica, misure variabili – courtesy of the artist

FP: Che cos’è per te lo spazio? 

NC: Come scultore percepisco lo spazio come entità materica che occupa tutte le dimensioni del reale. Il vuoto non esiste.  

Mi piace pensare che lo spazio sia tutto ciò che non è virtuale, quindi tutto ciò che è soggetto a cambiamenti e a un’evoluzione, tutto ciò che è toccato dal calore e che subisce una trasformazione. Ci sono forse calore e tempo nel mondo virtuale? 

Talvolta ho indagato la materia che definisce lo spazio in modo sempre più amplificato e dettagliato fino a scoprirne un mondo astratto, in cui tutto ciò che vediamo nasce dall’interazione tra una manciata di particelle elementari. Ma dopo essere andato così lontano, come in un viaggio ai confini del cosmo, la dimensione astratta che ho costruito, e che si è riversata nei miei lavori, mi ha dato un senso di freddezza ed ho sentito la necessità di tornare alla nostra dimensione spaziale e a noi: all’uomo.

Una condizione umana che mi è subito apparsa contraddittoria: reale e virtuale, luoghi e non luoghi, essere (individuale) o vivere (collettivo), un uomo dunque, oggi più che mai, potente nella sua immagine ma fragile nella sua identità. 

FP: Che cos’è per te l’arte?  

NC: L’arte è come l’amore: una sorta di amore reso visibile… esternato attraverso tutte le arti. Una passione creatrice che emerge e che viene ascoltata da chi la sa accogliere. Come per l’amore anche l’arte dovrebbe essere slegata e indipendente dal potere, dai soldi, dal mercato, dalla speculazione, dalla violenza.. perché l’arte, come l’amore, non ha nessun altro desiderio che quello di adempiersi.  

Dentro al vuoto, 2019 - carta termica, ferro e vetro, 73 x 103 x 3 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Dentro al vuoto, 2019 – carta termica, ferro e vetro, 73 x 103 x 3 cm – courtesy of the artist

PRIMA DI SVANIRE

(a cura di Federico Palumbo)

“Non parliamo di opere, definiamo ciò che faccio utilizzando il termine corretto: lavoro”. Inizia così l’incontro, ormai avvenuto parecchi mesi fa, tra me e Niccolò Calmistro all’interno del suo studio. Una dichiarazione d’intenti. Un mettere immediatamente le carte in tavola. Rompendo così subito il ghiaccio. 

D’altronde: poetica, opera, sinestesia, sono ormai tutti termini diventati desueti e che il più delle volte allontanano il discorso critico dal raggiungimento di un senso compiuto.  

Il lavoro di Calmistro si pone in bilico su una linea immaginaria (o meglio, invisibile) che separa coppie di opposti: caldo e freddo; tempo e immobilità; origine e fine. Anche Arte e Scienza, terminologie però da prendere con le pinze, poiché alle due ‘discipline’ corrispondono altrettanti valori e concetti diversi. Aree semantiche che ci aiutano a cogliere diverse corrispondenze con il mondo sensibile e con il mondo invisibile. Una ci aiuta meglio a razionalizzare i fenomeni, l’altra ad andare oltre essi, affidandoci all’ispirazione.  

Concetti, anche questi, definitivamente superati. E tale superamento – fondamentale – permette di muoverci un po’ dove ci pare. Ecco perché quando siamo di fronte a una sua installazione, che sia scultorea o che sia grafica, il valore di senso può spostarsi un po’ più a destra o un po’ più a sinistra di quel confine che prima accennavo. 

Uno dei suoi primi lavori, Origine (2016) ci permette di capire meglio tutti questi discorsi. Un laser rosso e immateriale si fa fisico, materico, mostrando ciò che al buio era invisibile. D’altronde Giorgio Agamben, dando una definizione alla nozione di contemporaneo, tra le altre cose, si affida proprio al buio, intendendolo non come condizione privativa – mancanza di luce -, ma come aspetto fisico intenzionale, causato dall’attività di alcune cellule presenti all’interno della nostra retina, le cosiddette off-cells. La mano, poi, ribadisce tutto ciò e lo porta a livelli estremi: in un’immobilità eterna ci posizioniamo all’interno del flusso circolare del tempo, riuscendo così finalmente a vedere l’origine del cosmo.  

Origine, 2016 - laser da 750mW e macchina del fumo, misure variabili - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Origine, 2016 – laser da 750mW e macchina del fumo, misure variabili – courtesy of the artist
Origine, 2016 - laser da 750mW e macchina del fumo, misure variabili - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Origine, 2016 – laser da 750mW e macchina del fumo, misure variabili – courtesy of the artist

Lettore di Carlo Rovelli, fisico e filosofo, il Tempo è ciò che affascina maggiormente l’artista. E me. D’altronde, discutiamo spesso insieme di come questa dimensione interagisca direttamente con lo spazio e di come questo, in un loop quasi continuo, influenzi a sua volta la nostra percezione  temporale. Un po’ come succede nei celebri romanzi di Don DeLillo.  

Finché non si riesce a trovare un’apertura, una ‘falla’, bloccando nel momento esatto la realtà per mostrare questo meccanismo spazio-temporale e ribaltarne la visione-percezione.  

In un altro lavoro, Orizzonte degli eventi (2019) ci troviamo di fronte a un buco nero che, grazie alla pratica artistica, non ci risucchia al suo interno. Ne possiamo allora ammirare la potenza fisica, materica, estetica e immaginativa. Siamo finalmente in grado, insomma, di posizionarci fuori dal corso degli eventi. E ovviamente dalla storia. Non subendo direttamente il loro scorrere, interagiamo con esso attivamente a più livelli: mentalmente e fisicamente. 

Orizzonte degli eventi, 2019 - resina, stoffa, ferro e laser, misure variabili - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Orizzonte degli eventi, 2019 – resina, stoffa, ferro e laser, misure variabili – courtesy of the artist

Ed è proprio all’interno di questi confini labili che si muove la ricerca di Calmistro. Una ricerca che indaga le domande che più ci attanagliano, riuscendo così a rompere la barriera che divide le varie aree di ricerca. Arrivando all’unione, che un po’ ricorda quella tanto ricercata dagli alchimisti, intenti a quadrare il cerchio o a erigere l’androgino come simbolo ed emblema della perfezione, poiché in grado di avere al suo interno due poli opposti che, ‘sintetizzati’, portano a un terzo. 2+1. Il 3 in 1 o l’1 in 3.  

Confine, 2017 - laser e congelatore, misure variabili - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Confine, 2017 – laser e congelatore, misure variabili – courtesy of the artist

Ecco che allora l’artista può permettersi di utilizzare come materiali elementi tanto effimeri quanto portanti per il nostro universo e per la nostra vita. Luce, calore, tempo e spazio, come abbiamo già potuto vedere. Ma anche presenza e assenza. Dentro il vuoto (2019) porta infatti al suo interno quest’altra coppia di opposti. Una delle figure all’interno dell’opera, con il passare del tempo, svanirà. Grazie a un’interessante tecnica escogitata da Calmistro, possiamo assistere a una lenta e inesorabile manifestazione (che è poi quella della vita stessa) della vita e della morte. Di una presenza che con il passare del tempo diventerà assenza ma che, grazie al ricordo e al vuoto lasciato all’interno dell’opera (ops, lavoro) non fa che rimandare al passato. Anche qui, la barriera che separa idealmente e concettualmente presenza-assenza si frantuma in mille pezzi: capiamo che i due termini sono qui finalmente trattati come un’unità e che i confini labili che dividono le apparenti dicotomie sono invece pronti a essere travalicati. L’assenza è più presente adesso che, forse, prima. La presenza, a sua volta, rimbalza contro il ricordo della presenza-passata che ora si è fatta assenza, acquisendo maggiore fisicità. 

Speriamo, noi, di essere sempre presenti o, per lo meno, di cogliere il senso dell’universo intero. Di rompere le dicotomie e le nevrosi separatiste. Anche perché, in ogni caso, siamo presenti e assenti allo stesso tempo. E non resta altro che muoverci all’interno di un confine piuttosto che in un altro. 

Prima di svanire

Oltre, 2017 - stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Oltre, 2017 – stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm – courtesy of the artist
Oltre, 2017 - stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Oltre, 2017 – stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm – courtesy of the artist
Oltre, 2017 - stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Oltre, 2017 – stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm – courtesy of the artist
Oltre, 2017 - stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm - Niccolò Calmistro - courtesy of the artist
Oltre, 2017 – stampa su plexiglass, 36 x 50 x 1,5 cm – courtesy of the artist