MASSIMILIANO PELLETTI X FRANCESCA VITALE
Massimiliano Pelletti apprende fin da bambino le tecniche di lavorazione del marmo a Pietrasanta, città in cui nasce nel 1975 e lavora.
Dopo aver studiato al Liceo Artistico e aver continuato gli studi in ambito filosofico all’Università di Pisa, esordisce nel 2006 partecipando alla XII Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo.
Il suo lavoro si sviluppa attraverso l’uso di copie antiche fatte direttamente su calchi delle sculture originali. Si amplia poi con la ricerca dei materiali, a partire dalla scelta del blocco di pietra.
Francesca Vitale: Quando ti sei accorto che l’arte sarebbe stata parte essenziale della tua vita ?
Massimiliano Pelletti: Ero un bambino, scendevo di casa e trovavo mio nonno scultore a lavorare nel suo studio; lì dentro sono iniziati i miei giochi, era un destino già scritto.
F.V.: Come ti approcci alla materia per plasmarla e farla diventare opere artistiche?
M.P.: Ogni materiale ha una sua storia geologica; in base alla sua conformazione decido che tipo di approccio avere, non inizio mai un lavoro partendo dal soggetto, ma sempre dalla materia.
F.V.: Le tue opere presentano al pubblico materiali a volte inusuali per una scultura d’ispirazione classica. Come avviene la ricerca di materie prime così particolari?
M.P.: Essendo appassionato di geologia vado alla ricerca di materiali inconsueti un po’ in giro per il mondo e mi affascina sapere come si sono formati. È la storia del mondo, è la nostra storia, ultimamente sto lavorando su una pietra che si è formata in miliardi di anni grazie all’incontro di una stalattite e di una stalagmite che, goccia dopo goccia, si sono cercate e poi unite, dentro ad un materiale. Così è chiaro che è già racchiusa una storia stupenda, quella di un incontro; a me rimane il dovere di trattarla con rispetto e gestire la forma nel migliore dei modi, così da rispettare la sua profonda poetica.
F.V.: Quanto Pietrasanta e l’ambiente in cui sei cresciuto ha influenzato la tua arte?
M.P.: Sicuramente il mio territorio e le mie origini mi hanno tramesso la passione, ma soprattutto la competenza per riuscire a sviluppare questa ricerca.
F.V.: Quali sono le tue più grandi ispirazioni?
M.P.: Musica, letteratura, cinema, gli studi in filosofia, l’arte, la geologia, la storia, l’archeologia, il vissuto e le esperienze che hanno caratterizzato la nostra vita; noi siamo il frutto di tutte queste cose e sono un bagaglio talmente grande che è veramente difficile identificarlo con poche citazioni, l’importante è farsi travolgere.
F.V.: Qual è il ricordo più bello che hai legato all’esposizione delle tue opere? E quale invece la delusione più cocente?
M.P.: Ero un ragazzino, frequentavo il primo anno del liceo artistico e la sera con amici facevano graffiti in giro per la città; mia madre lo scopri e, per placare questa tendenza considerata vandalica, mi disse di farne uno nel muro sotto casa. Un giorno ero in casa; vennero dei clienti da mio nonno per vedere delle sculture che gli avevano commissionato e io sentii lui che, prima di portarli a vedere le sculture, li invitò a venire a vedere il mio murales facendomi molti elogi. Lì fui davvero felice e fiero, capii per la prima volta che, per quanto quella roba sul muro fosse anni luce distante dalla scultura religiosa che mio nonno aveva realizzato, l’arte era sensibilità e quindi unione. Delusioni non ne ho perché non ho mai avuto aspettative: ho pensato solo ad impegnarmi, l’arte nasce come passione e ho sempre pensato che le passioni devono farti star bene.
F.V.: Qual è l’opera al quale ti sei affezionato di più e che hai fatto più fatica a lasciare andare?
M.P.: Di opere a cui sono molto affezionato ce ne sono molte e non le ho mai lasciate andare, le ho con me.
F.V.: Qual è l’opera che ancora non hai fatto ma che sogni di realizzare?
M.P.: Ho molti progetti, il mio lavoro è strutturato a lungo termine. Oggi sto realizzando piani che ho iniziato a pensare quattro anni fa, adesso ne sto pensando altri che magari realizzerò tra quattro anni.