Luca Rubegni
«Battagliero/un sepolcro al cimitero/ricoperto di lillà…», qualche giorno fa per caso mi è passata per radio questa canzone ( ascolto radio sovversive ed educate che ci volete fare ) e mai come adesso i CCCP mi risuonano attuali e presenti.
Io sto bene, fortunatamente non ho bisogno di curarmi dai grandi mali della vita che infestano questo secolo XXI, corrodendo e divorando tutto quello che ci ruota attorno. Dovrei parlare di arte ma non lo farò, non c’è molto da dire al riguardo. A New York piovono cubi d’oro massiccio, a Kiev le bombe; il che ben spiega la sanità mentale dell’Estremo Occidente, faro analgesico delle follie umane. L’arte non ci salva dalla guerra, ma di certo aiuta a capirla o forse ad accettarla per quello che è, ovvero un carattere somatico dell’uomo, subconscio sempre attento pronto a risvegliarsi e a mostrare il lato crudele e diabolico della razza umana. La guerra non si può eliminare, deve esserci. Estirparla dagli uomini vorrebbe dire eliminare tutta la specie umana in quanto il carattere bellicoso è eternamente coesistente in noi. Ogni giorno, nel quotidiano di tutti, si scatenano delle piccole guerre; siamo para bellum in qualsiasi azione ed in ogni pensiero che possano andare ad alterare il nostro equilibrio di vita.
L’arte fuoriesce come valvola di sfogo e di rifiuto a questo animalesco richiamo della violenza, seppure anche l’arte stessa sia violenta alle volte o abbia a che fare con la violenza. Diciamo però che dovremmo cercare di addomesticare la guerra o il desiderio verso la guerra, così finalmente da superare il limite dell’uomo moderno ed divenire l’ Übermensch tanto agognato da Nietzsche. Uomo sovra-uomo però, al di là di esso e della sua storia passata; creatura mossa da grazia divina ma al tempo stesso divina, così da sanare le diseguaglianze e le ingiustizie ed raggiungere l’apice massimo dello sviluppo: l’Uno in tutto ed il Tutto in uno.
Mi rendo conto di delirare, di sognare allucinato un’escatologia umana fin troppo perfetta, ma vorrei veramente poter pensare ad una coscienza collettiva che ci dia la possibilità di andare oltre la guerra, oltre la violenza e la morte. Due sere fa ho visto di fila i film dello Studio Ghibli “Howl’s Moving Castle” e “Nausicaä of the Valley of the Wind”, opere di animazione non proprio recenti ma di straordinaria fattura estetica e poetica a mio avviso, che se messo da parte il carattere fantastico e fiabesco si concentrano entrambi sulla ontologica necessità umana di desiderare la guerra. Le eroine e gli eroi di turno che cercano di fermare i bombardamenti, le invasioni, le armi di distruzione, sono la speranza interna a molti di noi di poter veramente fuoriuscire da questo circolo infinito di morte e distruzione. Ma sono solo cartoni, lungometraggi di fantasia, il loro messaggio di speranza non basta a purificare le nostre anime nere, per il momento si rimane ancora sul passo di guerra, soluzione più immediata alle incomprensioni ed alle complessità.
Durante la Prima Guerra Mondiale a Zurigo nasceva Dada, creatura formatasi dalla fusione di esuli, latitanti e fuggiaschi mitteleuropei contrari ad ogni logica capitalistico-borghese, e che nei loro caffè svizzeri si davano all’illogicità, al caricaturale, al folle ed al nonsense, tutti atteggiamenti evoluti della ragione umana, vette elevate da raggiungere, vere e proprie manifestazioni della sublime coscienza umana di poter astenersi dagli istinti violenti e sanguinolenti. Ma erano pochi ed erano poveri e lì sono rimasti, come tutti i veri artisti. L’arte non necessità di troppi riflettori, di troppo trucco; ad essa serve l’ombra e la riservatezza, solo così può emergere alla luce. Ad Odessa suonano le sirene antiaeree, i missili cadono sull’Ucraina, i civili scappano ed i russi invadono. Tutto parte del grande ciclo della storia: cambiano i costumi ed i protagonisti ma le storie sono sempre le stesse.
Ad Aprile del 1922 Stalin veniva eletto Segretario Generale del Partito Comunista, ed il 30
Dicembre dello stesso anno nasceva l’URSS. Buon centenario a tutti!