GIULIA LANZA X VIRGINIA VALLE
Giulia Lanza, nata a Roma nel 1988, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti nella sua città natale conseguendo il diploma triennale in Decorazione per poi proseguire gli studi al Wimbledon College of Arts-UAL di Londra specializzandosi in Disegno. Attualmente vive e lavora a Tallinn dove porta avanti la sua ricerca che prevede l’utilizzo di materiali naturali per la creazione di superfici squamose, simili a tessuti umani che misurano e si relazionano con lo spazio che li circonda. In questa intervista abbiamo approfondito i focus del suo lavoro e la sua formazione in continuo avanzamento.
Virginia Valle: Uno dei concetti cardine del tuo lavoro è l’ecdisi, ovvero il rinnovamento periodico della pelle o dell’esoscheletro di rettili e artropodi. Una spoliazione che presuppone un rinnovamento, una metamorfosi. Tu hai cambiato spesso città, ti sei trasferita molte volte. È stata questa necessità trasformativa a ispirare i tuoi lavori?
Giulia Lanza: Non definirei la mia necessità di movimento fonte di ispirazione, bensì matrice che mi accompagna nella vita e nella ricerca. Entrambe sono mosse da necessità simili, fra cui il bisogno costante di mutazione e evoluzione.
V.V.: Un altro elemento a cui le tue opere rimandano è il tegmen (o tegumento), termine scientifico usato per descrive un sottile strato di epidermide, una membrana interna che ha una funzione protettiva, da te simulata attraverso strutture in fibra vegetale. Quali sono i processi messi in atto per produrre queste opere?
G.L.: Sono sempre stata affascinata dai concetti di fragilità e leggerezza, ho creato quindi Tegmen con fibre naturali, un materiale in apparenza fragile e senza peso, ma resistente; è quasi un ossimoro. Il processo è inizialmente scultoreo, agisco infatti per sottrazione scavando la fibra. Una volta catalogati i vari pattern vado poi a cucirli insieme, creando un tessuto o un merletto organico.
V.V.: Molti tuoi lavori sono realizzati attraverso tecniche di ricamo. La tessitura è una prassi spesso utilizzata come metafora della vita e nel tuo lavoro l’orditura rimanda significativamente a forme organiche e corporee. Perché la scelta di questo mezzo?
G.L.: Non credo sia una scelta del tutto consapevole. Ricamare mi è stato sempre congeniale e l’amore per il tessuto è nato in tenera età. Sono attratta da tutto ciò che ha una trama, ed il tessuto non è altro che questo, una struttura mobile che ci permette di raccontare un qualcosa. Fra i miei riferimenti alla cultura classica, mi ha sempre affascinato il mito delle Moire; specialmente Cloto, colei che tesse il filo della vita, e che dà il via alla narrazione.
V.V.: Spesso associ i tuoi lavori al corpo, li “indossi” in qualche modo, quasi a simulare delle estensioni, delle superfici che si collocano come un’interfaccia tra te e il mondo. A quale necessità risponde questa pratica?
G.L.: Le opere nascono quasi sempre da una misurazione del mio corpo in relazione allo spazio. Sono dei costumi che hanno una vita propria, dei personaggi che vanno ad abitare il palcoscenico da cui sono generati.
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V.V.: La tua formazione è iniziata all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2013 con un triennio in Decorazione. Hai poi proseguito gli studi con un Master in Disegno presso lo UAL Wimbledon College of Arts di Londra. In che modo questo percorso ha condizionato il tuo linguaggio artistico?
G.L.: Roma e Londra sono state due esperienze altamente formative, fondamentali e molto differenti tra loro. L’Accademia di Roma mi ha dato delle solide basi, storiche ed analitiche, che hanno inciso profondamente nel mio lavoro. Il Wimbledon College mi ha dato lo spazio ed il tempo per lavorare sul mio profilo professionale e consolidare la mia ricerca sul piano teorico e pratico-formale.
V.V.: Da settembre inizierai un Master in Oreficeria e Forgiatura all’Accademia di Belle Arti di Tallinn in Estonia. Perché la scelta di intraprendere questo nuovo percorso e come si coniuga con la tua pratica artistica?
G.L.: Più che un nuovo percorso, è un naturale sviluppo. Ho passato mesi al dipartimento come artista in residenza, trovandolo un ambiente molto fertile. Non sono interessata al gioiello di per sé, quanto al suo forte legame con il corpo e all’eleganza delle tecniche impiegate, che hanno un occhio di riguardo per il dettaglio. Il mio intento è imparare quanto più possibile sul metallo. Ho sempre tratto ispirazione dalle arti applicate, cercando di traslarle nella mia ricerca, privandole della mera connotazione funzionale. Amo le sfide tecniche, progettare non mi basta.
V.V.: Negli ultimi mesi hai partecipato a due residenze online: Home Residency Open Studio curato da Francesca Sassu e Sciame Project curato da Miriam Montani. Eventi creati per rispondere all’emergenza sanitaria. Come vivi l’esposizione virtuale dei tuoi lavori?
G.L.: Instagram è sicuramente un buon mezzo, ma la fruizione dell’arte di persona non può essere sostituita. Sciame project non nasce in risposta all’esigenza sanitaria, ma molto prima. Avevamo dei punti in comune che accomunavano il progetto e la mia ricerca, così è nata la collaborazione prima virtuale, poi sfociata in una collettiva di tutti gli artisti coinvolti presso il museo di Cascia.
V.V.: Hai in previsione qualche progetto per il prossimo futuro? Ci puoi anticipare qualcosa?
G.L.: Progetti molti, ma come ben sai vista la situazione mondiale tutto è stato rimandato al prossimo anno o è in sospeso. Per adesso ho in previsione due personali, varie collettive e una residenza. Sto lavorando molto in Italia, cosa di cui sono molto contenta dopo tanti anni all’estero. Il 2020 nonostante tutto è stato un anno di forte crescita a livello professionale.