MARTA M. ACCIARO
Autore: Tony Godfrey
Titolo: L’arte contemporanea. Un panorama globale
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2020
Prezzo: 40 euro
In Italia il manuale di storia dell’arte più usato nelle scuole e nelle università è sicuramente l’Argan.
Al di là della mia personalissima propensione a Dorfles o Calvesi, dobbiamo concentrarci su Argan per l’impatto che ha sulla maggior parte delle persone che si approcciano per la prima volta alla storia dell’arte. Quella che viene presentata dal famigerato critico (che ricordo essere stato odiato tantissimo dagli artisti della generazione ’60-’70 novecentesca, come si evince da “Autoritratto” di Carla Lonzi) è una scrittura filosofica, complicata ancor più che complessa, certamente non inclusiva e includente e che, proprio per la particolare difficoltà, tende a far rimanere la storia dell’arte una branca della cultura accessibile solo agli addetti ai lavori. Quello che, forse senza accorgersene (ma certamente accortosene) ha fatto Argan è chiedere al lettore un atto di fede che deve credere alle comparazioni, alle illazioni e alle considerazioni da lui proposte. Il lettore si troverà dunque distanziato dalla materia che si offre alla sua lettura, rimanendone esperienzialmente distante. Inoltre, la stesura arganiana del suo manuale è estremamente lineare, nell’univocità della storia occidentale come LA storia, in cui minoranze e donne sono praticamente escluse dal racconto.
Sono passati molti decenni e la critica, fortunatamente, è andata avanti facendo passi da giganti.
Ci ritroviamo oggi con un manuale di arte contemporanea che, di certo, ha dei limiti strutturali nella composizione scritturale (troppi pochi stacchi tra un* autor* e l’altro che rischiano di far confondere chi si appresta alla lettura), ma che è un libro certamente da avere, da studiare, da citare, da sapere.
“L’arte contemporanea. Un panorama globale” di Tony Godfrey cerca di fornire davvero una panoramica globale all’arte contemporanea, proponendo una analisi di tutte opere appartenenti soprattutto a donne e a minoranze etniche che fino agli anni ’70 erano state fortemente escluse da mostre e biennali. Godfrey rivendica questa sua posizione inclusiva e certamente è un punto a suo favore l’aver compreso come sia necessario oggi una plurivocità storica che non segua una linea, ma che si tracci come groviglio intersecante: “[…] il punto fondamentale di questo testo è mostrare come la percezione che l’arte sia frutto esclusivamente di uomini bianchi provenienti dall’america del nord e dall’europa occidentale si sia allargata fino a comprendere che è realizzata da uomini e donne di ogni etnia e di ogni parte del mondo” (p.11).
Interessante è anche il punto di partenza da cui si avvia l’analisi dello storico: gli anni ’80 (“il vero punto di partenza è il 1980, quando il modo in cui l’arte veniva realizzata, esposta e collezionata è parso cambiare del tutto”, p.6), analizzati a fondo dopo brevi capitoli introduttivi del necessario pre (“dopo la guerra”, “gli anni sessanta”, “minimalismo”, “arte concettuale”, “gli anni settanta”). E necessario è il suo approccio globalistico anche all’arte contemporanea tutta, non sottovalutando espressioni quali la pittura, ma anzi cercando sempre una interrogazione che possa portare il lettore a soffermarsi nel pensiero d’esso.
Il libro si pone come, certamente, volume per addetti ai lavori, ma il linguaggio scorrevole, la sintassi chiara, la presentazione di opere spiegate approfonditamente senza lasciare nulla al caso fanno sì che il libro sia assolutamente leggibile anche per chi voglia approcciarsi sia per una prima conoscenza che per un approfondimento della contemporaneità artistica.
Assolutamente innovativo, all’interno di un manuale, sono le citazioni continue delle parole degli artisti. A differenza di manuali come quello di Argan, che approfittava della sua posizione di critico per soppiantare i pensieri degli artisti e delle artiste, facendo suo nel complesso il pensiero delle opere; qui invece Godfrey dà spazio alle voci de* artist*. Questo aspetto ci fornisce un’idea chiara del lavoro di ricerca compiuto dallo storico dell’arte che non si sofferma alla sua speculazione intellettuale sulle opere, ma che nel rispetto del lavoro altrui non se ne appropria, lasciando anzi pieno respiro e spazio all’opera e all* artist*.
Voglio azzardare che il libro si ponga come opera anch’essa.
Nel ribadire costantemente come l’arte contemporanea sia un modo di rispondere ad alcune domande sull’esperienza artistica e su cosa sia l’arte, il libro potrebbe essere preso non come un semplice manuale nozionistico, ma un modo per aiutarci a chiederci, tramite lo studio delle opere proposte, cosa sia oggi l’arte, quale sia la sua funzione, quali esperienze può fornirci, come cambiamo noi in rapporto ad essa e, probabilmente, come tutto questo venga da noi esperito e appreso dalla lettura di un libro che ci chiede di impegnarci nei confronti della storia e a cui noi sarebbe bello rispondessimo: sì.