NEUTRO E I SUOI AMICI

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ALESSIO MOITRE

Se c’è un termine che ultimamente si pavoneggia nell’emisfero letterario, quello è neutro, di cui la lingua non ha sempre ritenuto soppesarne i meriti. Lavoratore a progetto, spesso ripagato all’occorrenza in bandi, comunicati e pubblica amministrazione ma sostanzialmente inviso all’intellighenzia letteraria che l’ha sempre sintetizzato come pillacchera su una camicia bianca. Peggio ancora nel dialetto, dove venne rinnegato come collaborazionista dell’incerto. I tempi però si sono a tal punto schiariti, da renderlo  speranzoso. La baldanza esibita di recente gli è pressoché sconosciuta ed anche lui, se ne fa forte anche in contesti improbabili o in trasvolate lessicali a dir poco ardite. Ma c’è, la sua non è più la sortita dell’incursore . Il problema, semmai, ora spetta all’essere umano che di neutro non ha mai posseduto nulla. Il latino ci ha provato salvo assoggettarsi al volgare tramutandosi in un sistema bipartito (tranne per il rumeno). Da lì in poi una tangenziale senza interruzioni lasciandoci all’oggi impelagati nel riequilibrio sociale, nelle interpretazioni di genere, nella volontà d’ inclusione. Complessa e vaporosa gatta da pelare (all’italiana, da tosare, non da farci pellicce, come si supponeva accadesse nel mondo anglosassone) che non si districherà di certo nella simbologia asteriscale o nella schwa che è un attacco di discussione comunque stimolante ma non prendiamola per cosa fatta. Urticante se le premesse le applicassimo all’arte. E possibile mantenere un equidistanza culturale tale da evitarsi sbilanciamenti e offese di genere? Ma soprattutto, davvero lo riterremmo veritiero di un analisi della società corrente? Quanti se ne farebbero scudo imparandone le credenziali per adoperarle a loro piacimento? Concetti che anche solo introdotti portano a sbalconare. Ciò che invece conosciamo sono i colleghi di neutro che sono così stretti da essere da noi definiti sinonimi: imparziale, indifferente, estraneo, intermedio. Sono solo una parte, gli altri compagni definiscono oggetti, comportamenti, qualità. Nessuno, a dir il vero, sennò per sfumature, portano a convincersi dell’applicabilità completa all’uomo se non per passaggi forzati e per una forchetta di accettazione. La verità è che pare che neutro sia matematico, burocratico, amministrativo ma all’umanistico ci si adatti per differenziare gli investimenti. Può essere interessato ad un cubo bianco, ad un luogo espositivo. Essendo noi discepoli dell’italiano all’inglese lo definiremo “white cube”, per non apparir originali e conformarci. Indistinto, amico fraterno di neutro, approva. Con evanescente ha un datato sodalizio che esibiscono andando per esposizioni e musei. Spesso, così mi sussurrano, trovano gradevole l’arte contemporanea, soprattutto italiana, che è poi in fondo di foggia identica a quella di tutte le altre nazioni. Trovano altresì originale il dibattito ingenerato sulle caratteristiche dell’arte nostrana. Ogni tanto la diatriba si riaffaccia su testate specialistiche facendoli sghignazzare di gran gusto. Alle volte mi conservano un lacerto, una glossa, un’ annotazione apportata da loro stessi o da esperti, dove ci si affanna a scorporare il senso artistico dal contesto sociale, culturale e chissà cosa d’altro, per connotarlo come “particolare”. “Chissà cosa ne penserebbe neutro”. Ma lui c’ha da fare, ritrovatosi celebrità in un mondo improvvisamente imparanoiato dalle proprie mancanze che non affronta più per logica ma a sbraiti e rivendicazioni. L’inclusività, se mai in forma umana sia possibile, è il drappo della casata dominante. Includere per davvero, con convinzione alla moda del progresso, impastare ma senza sbordare, magari, perché lo sconfinamento si paga in contestazioni (e sia mai). Tutte le teorie devono essere rappresentate con uguale sensibilità. Mostre inappagate evidenziano le diverse supposizioni al fine d’incorrere nella suggestione dell’imparzialità, ritrattasi dal mondo giuridico ma venuta utile in ben altri ambiti dove si cerca di rimpannucciare il presente su base asettica. Solo supporto umano o anche comprensibile necessità? A sentire neutro, hanno ben donde ad agire secondo abitudine. Sfornare emulatori/ammiratori di Badiucao è un contenzioso politico che in fragranza di incertezza non possiamo permetterci e il fatto stesso di aver adempiuto ad una scintilla di controversia ci suggestiona a riflettere sull’animosità con cui ci anestetizziamo culturalmente (la Cina da par suo ha invece il sestante ben piantato e c’intima di retrocedere dalla nostra scriteriata particolarità). Fa specie che nella coda della Via della Seta l’Italia abbia pensato di “scioccare” i cinesi mandandogli Cattelan, occidentale praticante, delfino degli anni novanta nonché adepto della manciata di ricordi in cui il mondo veniva legiferato dalle paturnie di europei ed americani (e raramente da altri ospiti a chiamata). Neutro è un grande ammiratore dell’Oriente, non fa mistero di rintracciarne un origine e se oso ribattere che non mi aggrada mi rimbrotta facendomi presente che la mia è solo un ostruzione culturale. Un punto di vista dalla parte sbagliata dell’inquadratura. Avete presente il nazi chic giapponese? Cosicché desisto.  Eppure, non da ora, mi canticchia nella scatola cranica un omiciattolo, forse non di aspetto apollineo, che mi da del conformista. Venti anni fa esatti, Gaber, ci aveva provato seppur a suo modo. Poca grazia ed una insicura belluria. A scialbo e ad asettico non piaceva eppure quella indistinta volontà di esser nel circuito, spogliandosi di ogni marcatura, di esser in cimberli per un affermazione mal calibrata per volontà, pare esser assai distanziata dagli sbraitamenti e dalle palpitazioni contemporanee provocate da mancanza di equidistanza. “Siamo in epoca di ridefinizione”, “siamo in un periodo di passaggio”, “la civiltà è un continuo cambiamento”, “la società non è mai statica” sono affermazioni che paiono esser selezionate dal bignamino della neutralità. Zapp Brannigan, capitano donnaiolo ed interstellare della sua scalcagnata navicella, gestita con metodi dittatoriali e da ferace incompetenza, si domandava nella serie “Futurama” che cosa pensasse un neutrale? Comincio a domandarmelo persin io e mentre circumnavigo e circonfondo ogni possibile aspetto del quesito, Neutro, ormai più che persona e degno di lettera maiuscola, mi assiste intenerito perché ben sa che nessun mio sforzo genererà un concetto. Eppure mi ci sono tanto impegnato per apparir meno evidente. Pensare “più allargato”, meno particolareggiato, badare alle sensibilità multiformi, meditare sul senso della nostra società più inclusiva (o del tutto, che è meglio), attenzionare gli amici del nostro per avvicinarmi alle necessità correnti. E poi metto anche qualche asterisco in più in attesa di trovare di meglio (Aristarco di Samotracia caro, tua l’idea e merito ma a me pare ora un errore di battitura)ma le mostre equidistanti e a sensibilità multipla no. Neutro se la piglia a male. Natale si avvicina, affiliamo la scintillante nuova neutrale empatia. Il tempo ci dirà se moriremo indifferenti.