MARTA GALBUSERA X VIRGINIA VALLE
Marta Galbusera, giovane artista genovese trasferitasi a Milano, nella sua pratica artista si serve di diversi media per tracciare le sue impressioni del mondo circostante. Le sue opere nascono da incontri casuali e inaspettati di idee e materiali che l’artista filtra e rielabora attingendo da ricordi infantili, presenti immaginari e possibili futuri.
Dal 2016 partecipa a mostre collettive, personali e residenze artistiche e al momento il suo lavoro è visibile nella mostra Rinascita, allo spazio The Dap – Art Park fino al 14 dicembre e verrà inoltre presentato, nella cornice del festival Walk-in-Studio, nella mostra Supporters presso l’atelier di Gaia Coals, in via Palmanova 187.
Virginia Valle: In che modo si è articolato il tuo percorso di studi?
Marta Galbusera: Fin da piccola avevo intuito che il disegno, le immagini, avrebbero fatto parte della mia vita. Da bambina passavo giornate intere a disegnare tutto ciò che vedevo: dalle colline davanti casa, alle cellule osservate al microscopio che mio padre mi mostrava nel suo ambulatorio. Da quando ho memoria, posso dirti che ho sempre amato disegnare. Ritengo che il mio percorso di studi sia stato naturale, fisiologico. Infatti, dopo aver frequentato il liceo artistico a Genova mi sono iscritta all’Accademia di Belle Arti di Brera e qui – com’è ovvio che sia – ci sono stati docenti che più di altri mi hanno segnata.
V.V.: Esserti confrontata con un’istituzione straniera durante l’Erasmus ha influito sulla tua produzione?
M.G.: Assolutamente si. Per l’Erasmus ho scelto la Germania perché volevo mettermi alla prova. Sono partita da sola senza avere mai studiato tedesco, ma questa condizione mi ha dato la possibilità di tornare a quel primo sguardo che spesso si ha da bambini quando in silenzio in un angolo si osserva il mondo. In quella circostanza infatti non ero in grado di discernere le parole dal loro significato. In quel momento tutto non era altro che l’alternarsi di suoni più o meno duri a cadenze ritmiche diverse che mi permettevano piuttosto di immaginare un significato. In terra straniera, ogni cosa è diversa da ciò che nel quotidiano siamo soliti assolvere: tutto, assume una forma diversa. D’altronde, questo è stato il Leitmotiv con cui ho approcciato i corsi seguiti in Germania, soprattutto quello di Grafica dove sono stata sollecitata ad utilizzare e ricercare materiali insoliti per lavorare con la calcografia e la xilografia.
V.V.: Osservando i tuoi lavori si possono riconoscere diversi media e diverse pratiche: pittura, scultura, installazioni…
M.G.: Certo, hai ragione. Tutto ciò che ho fatto è stato necessario per arrivare dove sono ora con il disegno. Quando assembli il portfolio vedi la genealogia del tuo lavoro e di conseguenza, a ben guardare, ti rendi conto in quali opere è più forte la preghiera con cui si invoca il mistero che precede il gesto artistico. Credo che nella pratica artistica ritornino sempre delle assonanze, magari lontane rispetto ai supporti che si utilizzano ma capaci comunque di instaurare una sorta di patto tra i diversi media e i soggetti che ne affiorano.
V.V.: Nelle tue ultime opere (2020-21) hai spesso utilizzato la carta millimetrata come base per la realizzazione di opere pittoriche e grafiche astratte. Si coglie subito la contraddittorietà insita in questi lavori: questa tipologia di carta è solitamente usata per funzioni matematiche o geometriche e disegni architettonici.
M.G.: I disegni sulla carta millimetrata sono nati durante il primissimo lockdown nel quale ho avuto momenti di raccoglimento che mi hanno dato la possibilità d’instaurare un soliloquio con la mia pratica. Spesso mi domandavo (e continuo a farlo) che senso avesse continuare a produrre oggi, nel XXI secolo, disegni e immagini. Mi domandavo quale fosse la linea di demarcazione tra finzione e realtà, il grado di veridicità di un’immagine e quale destino condividesse un’immagine rispetto alla realtà. Fortunatamente a questo periodo e a queste domande ero accompagnata dalla stesura della tesi. Una tesi sugli ultimi tre libri dello scrittore di fantascienza Philip K. Dick raccolti nella Trilogia di VALIS. Impazzire talvolta è una reazione appropriata alla realtà. Ebbene, la cosa che più mi colpì leggendo e studiando le pagine di Philip K. Dick, fu un’affermazione nella quale l’autore dichiarava: “La realtà è quella cosa che quando uno smette di crederci non sparisce”. Ecco allora che l’incessante bisogno di continuare a disegnare, depositando cioè quello che vedevo affiorare nella mia mente su quella carta millimetrata, diventava sempre più forte. Infondo, chi può dire che le immagini che le mie mani disegnano sulla carta millimetrata siano “meno vere” rispetto alle funzioni matematiche o geometriche che solitamente occupano e invadono quello spazio della carta ? Infondo il di-segno non è una trascrizione del mondo? Perciò, molto probabilmente è proprio come affermava Philip K. Dick…possiamo raccontarci che le immagini, frutto della nostra immaginazione, siano pura fantasia: possiamo decidere di smettere di credere a quello che vediamo. Ma alla fine se quelle immagini restano, rimangono e resistono è perché partono da qualcosa di reale, hanno cioè a che fare con qualcosa di reale, o meglio: sono reali.
Disegnare sulla carta millimetrata mi ha dato quindi la possibilità di trovare e stabilire nuove regole da imporre a questa scansione ritmica per fondare cioè una nuova gerarchia di segni e immagini.
V.V.: I disegni e le scritte rievocano spesso un primitivismo infantile, quasi si trattasse di quaderni di scuola ricchi di schizzi, forme geometriche, cornicette, frasi in corsivo e disegni. Hanno finalmente trovato spazio le osservazioni della te bambina di cui prima mi raccontavi?
M.G.: Può essere! La vita è fatta di fasi, momenti che poi ritornano assumendo forme nuove. Spesso mi piace pensarla come a un terreno al quale si applica la rotazione delle colture. Un terreno cioè dove i contadini dividono appezzamenti di terre appartenenti a un unico campo al fine di rafforzare il nutrimento del terreno e dei frutti che produrrà. Forse è così anche la pratica artista: c’è un momento in cui lavori e disegni di più, un altro in cui leggi, guardi film o più semplicemente ti dimeni nelle faccende del tuo quotidiano e quindi, la pratica/il fare artistico, viene meno. Tutto questo però è utile e serve. Non esiste un momento che, diciamo così, sia meno vero. Ogni cosa dalla più nobile a quella meno nobile fa parte della vita. Tutto ritorna e va oltre a quello che è la meravigliosa potenza dell’immagine.
V.V.: Nell’ultimo anno hai aggiunto un altro supporto alle tue opere, il gesso. Tavole di gesso ricoperte di stampe su carta millimetrata, me ne parli?
M.G.: Si, mi sono spostata più sul gesso perché volevo ricreare la sensazione che spesso avvertivo stando a casa quando, sempre a causa della pandemia, gli spostamenti erano limitati e passavo diversi momenti della giornata a fissare il muro bianco di casa. In quei momenti però, era come se il muro diventasse lo sfondo, il display, del mio vagheggiare tra l’archivio delle immagini dei miei ricordi. Le immagini dei ricordi che affioravano distendendosi sul muro si confondevano ad altri ricordi, falsandosi reciprocamente ma originando qualcosa di nuovo. C’è da dire però che nel periodo del lockdown arrivava (credo per tutti) anche un momento in cui quei muri domestici diventavano claustrofobici e si aveva solamente voglia di mandarli in frantumi. Così, riflettendo in studio su questo sentimento, sono nati gli ultimi lavori. Poi sul gesso si sono venuti ad applicare i fogli di carta millimetrata del tutto spontaneamente. Io non riesco mai a seguire un progetto predefinito… quando si lavora accadono degli imprevisti che puoi solo subire. È anche la magia di questa pratica.
V.V.: Hai altri lavori in programma o mostre in cui possiamo vedere le tue opere?
M.G.: Sicuramente continuerò a lavorare perché il lavoro artistico è sempre stato parte della mia vita ed è anche il mezzo attraverso cui riesco a interrogarmi su ciò che mi circonda.
Come mostre ne ho una che ha inaugurato il 14 settembre, Rinascita, allo spazio The Dap – Art Park in collaborazione con la UnipolSai, l’Accademia di Brera e l’associazione culturale OverArt che durerà fino al 14 dicembre (martedì/venerdì 12:00-20:30 ; sabato 10:30-19:00). Parteciperò anche a Walk In Studio alla mostra Supporters, su invito di Gaia Coals nel suo atelier in condivisione con altri artisti, in via Palmanova 187 (inaugurazione venerdi 8 ottobre h 14:00-21:00).