GISELLA CHAUDRY X LIDIA FLAMIA
Gisella Chaudry classe ’89, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, nel 2018 fonda con l’artista Paolo Grassino la piattaforma @newgapalermo per la promozione delle giovani ricerche artistiche. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private. Attualmente vive e lavora a Torino.
Lidia Flamia: Mi avvicinai alla tua ricerca in occasione della mostra collettiva Quattro equilibri palermitani tenutasi nella galleria torinese di Davide Paludetto. Catartica (2018) colpì particolarmente la mia attenzione per la sua essenza ambiziosa. L’opera è una scultura nello spazio che misura i confini della tensione spaziale per incontrarsi e spingersi verso la ricerca utopica dell’equilibrio, che si rivela temporaneo.
Gisella Chaudry: La scultura cinetica ha un ruolo importante nel mio lavoro, se pur apparentemente inutili, queste macchine utopiche sono immagini dell’energia che si sprigiona nel momento in cui l’azione viene innescata dalla mano dell’uomo ed è il movimento a scandire il ritmo del tempo. “Catartica” è un corpo immobile che quando prende vita origina un effetto ipnotico che coinvolge tutto l’ambiente circostante producendo la sensazione di una possibile partenza o di un possibile arrivo.
L.F.: L’opera Talvolta notturna (2019) mette in relazione lo spazio fisico e l’ambiente che la ospita, sembra quasi immergerci in una sineddoche visiva…
G.C.: “Talvolta notturna” è un’architettura che prende vita in modo progressivo e si appropria di volta in volta dell’ambiente che le ospita con la grazia di un oggetto in transito, mai uguale a sé stesso, che si adatta e si espande sin dove è possibile. Un equilibrio che diventa simbolo dell’impermanenza, una soluzione possibile, ma temporanea. E’ un installazione modulare composta da linee e piani che evoca una struttura urbana che dal centro si espande in nuove periferie che rispondono alla necessità di aumentare gli impianti abitativi, moduli di una crescita disordinata, informe ma anche una visione astratta, quasi metafisica della città che rivendica, al contempo, una forte componente fisica di chi queste città le abita.
L.F.: Scultura, architettura e ambiente sono tre dimensioni che caratterizzano le tue visioni – nell’opera 2100 (2019) l’elemento cinetico è protagonista.
G.C.: “(Prototipo) 2100” è un altro tipo di macchina, composta da moduli in polistirolo. L’elemento modulare mi permette di unire la visione architettonica della scultura con la visione cinetica della stessa. Il movimento, sia illusorio di “Talvota Notturna” che reale di “(Prototipo) 2100”, resta il centro fondamentale dell’idea di ogni progetto. Credo che sia importante rendere attivo lo spettatore, che da partecipante passivo diventa un elemento essenziale per completare la vera natura del lavoro.
L.F.: Raccontaci la mostra personale Ascoltami. Residui di sole nell’atmosfera di mezzo.
G.C.: Tutte le atmosfere di mezzo sono diaframmi dai confini non lineari. Luoghi dove leggi di mondi diversi coesistono e si definiscono in un continuo reciproco commercio. Questo scambio rappresenta una mediazione, un’intimità che si trasforma in pensiero pubblico. Il cubo vuoto della stanza diventa un labirinto un po’ “incasinato” protratto verso un’esperienza più complessa e la composizione narra la storia di un rito senza tempo. Un pensiero alchemico che si adatta al contemporaneo: “La regolarità è oggettiva. E’ la pesantezza ad essere illusoria”. Gli oggetti dorati e neri sono dei piccoli frammenti di luce e ombra caduti durante la diffrazione dal contatto con questa nuova atmosfera, strani asteroidi che corrodono l’essenza inerte del modulo grigio. Nelle prime intenzioni la mostra si sarebbe dovuta chiamare Icaro, in omaggio alla nota più dolorosa ma il senso stesso del volo si è palesato. Icaro, altro non è che una parabola dell’ascolto mancato.
L.F.: Qual è l’esperienza espositiva che ha apportato un accrescimento significativo alla tua ricerca?
G.C.: Non ce n’è una in particolare, posso affermare che tutte danno degli spunti per le esposizioni successive. Ogni esperienza offre elementi nuovi, questo è dovuto anche al fatto che tutti gli spazi hanno diverse caratteristiche e necessità eterogenee.
L.F.: Se dovessi pensare utopicamente ad uno spazio in cui vorresti esporre le tue opere, quale sarebbe e perché?
G.C.: Mi piacerebbe molto lavorare sugli spazi delle OGR di Torino. Questo fabbricato industriale ha un fascino particolare e racconta bene cosa era negli anni passati questa città e anche le aspirazioni che ha per il futuro.
L.F.: In qualità di artista, ritieni che Torino sia accogliente nei confronti delle ricerche contemporanee più sperimentali?
G.C.: Torino rispetto ad altre città italiane ha molta più confidenza con le nuove ricerche artistiche perché l’arte povera ha marcato la predisposizione alla sperimentazione e alla conoscenza e curiosità verso nuovi metodi.
L.F.: Con quali artisti vorresti collaborare?
G.C.: Con quelli che offrono spunti per la mia personale ricerca e crescita sia come donna che come artista.
L.F.: Stai lavorando ad un nuovo progetto? Di cosa si tratta?
G.C.: Sì, sto lavorando ad un nuovo progetto per Bassano in Teverina. Si tratta di una scultura in pietra di grandi dimensioni da collocare in un parco pubblico, progetto che penso sarà ultimato entro la fine di quest’anno, se l’emergenza Covid-19 non peggiora nuovamente.