LUCA RUBEGNI
Voglio condividere con voi un fatto strano che mi è accaduto recentemente.
Per essere diretti ed entrare nel vivo della storia, vi dico solamente che per la prima volta in vita mia ho avuto una conversazione online con un profilo social, che mi ha contattato autonomamente e ha voluto parlami. Un profilo Instagram, non una persona che ha un profilo su Instagram, ma proprio un’intelligenza artificiale viva, indipendente!
Inizialmente ho pensato si trattasse di un mio amico, visto che sia il nome dell’account che tutte le foto al suo interno erano praticamente identiche al suo profilo, ma nel chiedergli se si celasse lui dietro questa identità virtuale mi ha risposto di no, che questo profilo è comparso da qualche tempo e gli copia tutto, ma non è lui. Il mio amico si chiama Giuseppe Stornello ed esiste veramente, mi ha solo chiesto di indagare per capirci meglio.
Vi rendo partecipi di cosa ne è uscito fuori, perché siamo al limite del reale, dell’irreale direi. Comunque sia, ecco com’è andata.
Un Sabato mattina mi arriva una notifica Instagram da questo profilo, tale @giuseppestornello. Pensavo fosse il mio amico Giuseppe che avesse aperto un nuovo profilo, prassi che mi sembra alquanto diffusa per dividere la finta via lavorativa, professionale, carrieristica, incredibilmente cool e #IrepsectEverySoul, da quella privata dove sostanzialmente si cerca di capire se e come si possa rimorchiare o essere rimorchiati da qualcuno, qualcuna o anche qualcosa, non si sa mai.
Con mio stupore però ho scoperto non trattarsi di lui, ma di una entità indefinita vogliosa di conversare, così ho recitato la parte.
Il messaggio recitava così:
– Ehi KING, come stai? Sto lavorando a della roba nuova che SPACCA! – Pugnetto alzato come emoticons e faccina che strizza l’occhio. Rispondo:
– Ciao caro, tutto bene. Contento di sentirti gasato! Ma sto profilo nuovo?!
– Che profilo nuovo?! Io sono sempre lo stesso.
– Boh, ma hai undicimila followers adesso!
– Sempre avuti, da tempo – mi risponde, al che ho incominciato a chiedermi se fosse ubriaco, ma erano le 11 del mattino.
Gli dico:
– Sarà, mi ricordavo ne avessi molti di meno, ma ci sta che mi sbagli, lo sai che sono mezzo rincoglionito su ‘ste cose. Comunque, di che volevi parlarmi?
– Sono andato in fissa con il rossetto rosa, è fucking cool, ci sto facendo dei quadri nuovi, dei Kiss Paintings.
– E perché proprio con il rossetto rosa? Ma poi, perché con il rossetto?! Non usavi il pongo? – Dici i Pongo Paintings?!, si li faccio ancora, mi piace il pongo, è fico, ci ricopro tutte le cose che voglio. Però ora ho scoperto il rossetto rosa e letssssgo!
– Ok, però il pongo ci stava, era simpatico.
Lui mi risponde:
– Si certo, figa la sensazione tattile del pongo, è morbido come la morte. È come un velluto che copre le cose la morte, ti accarezza.
– Morbido come la morte? Bell’ossimoro! Se ti schianti contro un autobus non penso che la morte sarà poi tanto morbida!
– AHAHAH gross!!! No ovvio, io la intendo in senso più generale e figurativo, le dò un corpo. È un prendere in giro la morte, renderla più colorata, visto che tanto non si scappa mai da essa. – E mi spara una specie di teschio con affianco un fulmine, rebus piuttosto ovvio ma comunque di limpido effetto. – Ma perché tu hai così paura della morte da volerla esorcizzare da vivo?! – Gli rispondo. E lui:
– Sempre! Io ho fottutamente paura della morte, perché mi può cogliere alle spalle in qualsiasi momento, non me ne accorgerei, capisci?! Allora la prendo per il culo ora che sono vivo, cioè fin quando mi permette di esistere.
– Si certo capisco l’attrazione misteriosa per la morte, la sua carica simbolica, l’analogia con il velluto, Blue Velvet ad esempio.
– Bravo, io voglio muovermi nella pelle delle cose, restare in superficie ed accarezzarne il velluto, come il pouf che ho in salotto.
– Ok, ma non capisco questo cosa c’entri con il rossetto rosa? – A questo punto ero molto incuriosito da ciò che stava accadendo, però ero anche molto perplesso.
Arriva la sua risposta:
– Ma perché mi piace, è questione di gusto. Poi è effimero il rossetto, copre, attrae e assume tanti significati. Io poi chiedo a chiunque di baciare le tele con il rossetto, le opere le fanno i miei amici, le persone che conosco a caso. Chiunque. Io non voglio proprio esserci, anzi! Io voglio sparire, distruggere tutto, essere chiamato per una mostra e dire di non avere i lavori perché li ho bruciati magari. Non voglio che la gente si ricordi di me. Io nemmeno voglio mostrarmi.
– Va beh è un po’ il cliché dell’artista, parafrasando Totti “Speravo de morì prima”. Però alla fine comunque mi sembra di vedere che di roba ne fai e ne pubblichi pure, e quindi pure ‘sta roba del non voler comparire ma allo stesso tempo di voler esser visibile è un po’ superata. In un certo senso è velleitario come atteggiamento no?
– Ma si e no. Cioè io mi pento quando faccio le cose, non assicuro mai l’esistenza dell’opera nel futuro. Sono un artista pentito, me ne frego di quello che fa l’arte e mi pento di quello che faccio io. Ed ha continuato:
– Per me l’importante è rimanere nella finzione, nell’illusione costante. “Nell’arte si tratta di saper creare finzioni eterne”, ha detto qualcuno. Ecco io voglio essere una finzione eterna.
– Per me già lo sei visto che non so bene di preciso chi tu sia. Però bella l’eterna indecisione sul da farsi, il riflettere costantemente se ne valga la pena o meno. Forse dovremmo chiedercelo un po’ tutti al giorno d’oggi.
– E certo. Ci siamo complicati troppo la vita con la tecnologia, dobbiamo creare narrazioni eterne, perderci nelle epoche e nel tempo. Passare dal medioevo al contemporaneo e tornare nell’antichità. Dobbiamo essere come il mare.
– Il mare? – gli rispondo io – Perché come il mare?
– Perché è bello il mare, non sai mai quante facce abbia, eppure sta sempre là! Fisso, ma mobile, a guardarti ed essere guardato. Pure Emil Nolde è andato in Sicilia a dipingere i tramonti sul mare. – Vero, ma scusa che c’entra con i rossetti rosa adesso?
– Nulla e tutto, fa parte del gioco.
– Ma io non ho capito tu chi sia perdonami. Perché non sei il mio amico Giuseppe Stornello ma ti fingi esser lui. Cioè, per essere diretto, ma chi cazzo sei?
E lui mi ha risposto:
– E che cazzo ne so?! Io volevo solo sapere se avessi un rossetto rosa da darmi?!